Il problema
dell’intervista dei minori
Spessissimo i tribunali, durante una
CTU, o le Procure, dopo un allontanamento del minore dalla propria famiglia con
un'ordinanza o dopo un 403, decidono
l’audizione di minori.
Ma come vengono fatte queste audizioni?
Sono rispettate tutte le procedure, le linee guida per accertare la veridicità
dei fatti? Siamo soprattutto sicuri che questo lavoro venga svolto da coloro
che sono preposti a farlo e che devono possedere tutti i requisiti richiesti e
la capacità di eseguire al meglio simili consulenze?
Il sospetto che ci sia molta
trascuratezza e ignoranza nell’affrontare lavori di così grande responsabilità
è quantomeno reale. Ogni giorno le associazioni per la tutela dei diritti dei
minori e delle famiglie e molti esponenti degli stessi ordini professionali che
annoverano tra i loro associati anche gli stessi professionisti che vanno ad
espletare le perizie nei tribunali, denunciano casi di malagiustizia dovuta a
perizie svolte in dispregio dei minimi canoni della deontologia e della
scientificità del loro lavoro.
La Società
Italiana di Criminologia, la Società Italiana di Medicina legale e delle
Assicurazioni, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e
dell’Adolescenza, la Società Italiana di Neuropsicologia, la Società Italiana
di Psichiatria e quella di Psicologia Giuridica nel luglio
2011 decidono di pubblicare le loro linee
guida nazionali con un documento
intitolato “L’ascolto del minore testimone”.
Nell’introdurre il lavoro lo
psicologo Giovanni Camerini fra l’altro dice:
“Fra le ragioni che hanno condotto [le società sopra
citate. N.d.r. ] ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore testimone vi sono condivise
preoccupazioni per la limitata competenza di operatori che effettuano verifiche
sulla capacità di testimoniare del minore e per il frequente ricorso, in ambito
giudiziario, a metodi e tecniche non adeguate allo scopo.”
[1]
E ancora, in merito al problema del modo di intervistare i
minori, riteniamo importante leggere la traduzione di Giuliana Mazzoni,
professoressa di Psicologia all’Università di Hull, in Inghilterra, del
“Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor
Criminal Proceedings, 1992”
Nel suo lavoro viene messo in evidenza che:
“[…] La ricerca in psicologia giuridica applicata
all'intervista ha esaminato migliaia di interviste condotte sul campo (ossia
nella vita reale, e non in laboratorio) da poliziotti, colloqui 'investigativi'
svolti da psicologi, assistenti sociali, insegnanti, genitori, e altri,
identificando, dopo anni di lavoro, quali siano gli errori tipici nella
conduzione di questi colloqui e quali siano le loro conseguenze.
La modalità con cui il colloquio viene condotto è quindi
ormai indiscutibilmente considerata una delle maggiori fonti di errore nel
resoconto del testimone.
[…] Gail Goodman, docente presso l’Università Davis della
California, ha dimostrato che la memoria
dei bambini è molto accurata, se non vi sono interferenze da parte
dell'intervistatore. Accurata ma povera.
E' per questo motivo che, in particolare con i bambini, si
assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che,
se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche
irreversibili nel resoconto e nel ricordo.
In varie altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni e più dannosi
[…..]”
Sentiamo quindi sempre più l’urgenza che vengano approntati al più presto altri
studi metanalitici e che questi siano recepiti dalle unità multidisciplinari con
la collaborazione di tutte quelle figure che ruotano intorno agli affidamenti
di minori.
In particolare pensiamo debbano essere coinvolti oltre a
studiosi di discipline diverse, anche persone di vario orientamento politico e
culturale come responsabili di associazioni per la tutela dei diritti delle
Famiglie.
Fondamentale prerogativa per l’estensione di queste linee
guida italiane è quindi l’essere state scritte con la collaborazione di persone
che abbiano, sì fatto studi specifici, ma che abbiano anche un’esperienza
pratica sul campo e non siano condizionate da preesistenti interessi o coinvolgimenti
personali, economici, di categoria o altro.
l’Ascoltare e il Sentire.
Primo, essenziale passaggio per capire come deve essere fatta
l’intervista è quello di aver ben presente che il minore, oltre ad essere
“sentito” va assolutamente “ascoltato”. La differenza non è di poco conto ma
fondamentale.
Da: Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” Pag.11 http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/annoXIV,%20n%201/L%27ascolto%20del%20minore%20e%20la%20legge%208%20febbraio%202006%20n%2054%20dalla%20norma%20all%27incontro.pdf
Da: Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” Pag.11 http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/annoXIV,%20n%201/L%27ascolto%20del%20minore%20e%20la%20legge%208%20febbraio%202006%20n%2054%20dalla%20norma%20all%27incontro.pdf
"Per la lingua italiana ascoltare e sentire sono verbi di
significato diverso. Il sentire non richiede un atto di volontà: è un fenomeno
di fisica acustica. L’ ascoltare richiede qualcosa di diverso. Comporta
accettare di entrare in relazione con l’Altro, recepire e comprendere ciò che
vuole esprimere e comunicarci: con le parole, con un’espressione del viso, del
corpo, e perché no, col silenzio. Ascoltare significa disponibilità ad
accogliere l’Altro e a modificare le nostre opinioni, lasciandoci ‘fecondare’
da nuovi contenuti e significati."
La Comunicazione e l’Osservazione
Due importanti aspetti nell’ascolto del minore sono quindi certamente
“La Comunicazione” e “L’Osservazione”. Senza questi due passaggi il tutto si
ridurrebbe ad un “sentire” come fenomeno semplicemente fisico di ciò che dice
l’intervistato e non si stabilirebbe quell’empatia, quel sapersi mettere nei
panni dell’altra persona, quel saper cogliere l’espressione di uno sguardo, di
un gesto, che è alla base di una giusta intervista.
A proposito della Comunicazione dice Campbell (1979) “La
comunicazione è la trasmissione di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da una
persona all’altra”
Noi quindi percepiamo i messaggi che ci vengono trasmessi
principalmente attraverso una comunicazione non verbale (“come”) e solamente
per un 10% con le parole (“che cosa”).
L’intervistatore quindi deve capire che se si vuole
relazionare con un minore deve avere ben presente che la comunicazione ha un valore di processo
interattivo e non unidirezionale.
Per quanto riguarda l’osservazione leggiamo ancora in “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio
2006, n. 54: dalla norma all’incontro”:
“[…] il
significato di ciò che accade e la motivazione per cui accade non sono dati
estrapolabili dall’osservazione del comportamento. Infatti, per accostarci al
significato che l’esperienza assume per il soggetto, all’interno della
relazione, dobbiamo ricorrere “alla modalità conoscitiva propria del
comprendere” attraverso ”l’approccio psicodinamico e fenomenologico” (Fornari,
2008) […]”.
L’interazione tra
l’osservatore e il fenomeno è ovviamente di grado molto diverso, a seconda che
si tratti di osservazione di fenomeni fisici o, viceversa, di osservazione di
esseri viventi, ma diviene di primaria importanza quando l’oggetto di indagine
è un altro essere umano. Qui il principale strumento di indagine è il
ricercatore stesso: “la sua interazione col soggetto fornisce la certezza su
cui si fonderà la spiegazione” (Hutten, cit.). Al tema dell’osservazione come
strumento di conoscenza della persona e della relazione interpersonale la
ricerca psicoanalitica dà il suo contributo ponendo al centro dell’atto
osservativo la relazione soggetto-oggetto. “L’uomo è costituito prettamente di
relazioni; la relazione è pertanto la via migliore per conoscerlo e l’unica
area di indagine veramente osservabile” ( Borgogno, 1978).
“la mente stessa - scrive ancora Aron nel 2004 - è un costrutto relazionale e può essere studiata solo nel contesto
relazionale con altre menti”. [2]
Cosa dice la legge
Dalla entenza di
Cassazione n° 7282/2010
“L’audizione non rappresentando una testimonianza o un altro atto
istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra
soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le
opinioni e i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è
coinvolto, deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del
diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione e, quindi, con
tutte le cautele e le modalità atte a evitare interferenze, turbamenti e
condizionamenti ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i
genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo […]”
Alcune informazioni di base che assolutamente bisogna
conoscere per intervistare correttamente un minore.
- Bisogna sapere se ci sono nel minore
elementi prettamente soggettivi come l’aver già avuto o sta avendo relazioni
con i Servizi Sociali o comunque con i servizi pubblici.
- Bisogna sapere se il minore conosce
tutti gli elementi del fatto oggetto di indagine e quindi della storia che sta
vivendo o che ha vissuto.
- Bisogna capire se i racconti del minore
intervistato siano congrui con l’età del fatto che sta raccontando: se non c’è
questa congruità vuol dire che le informazioni sono di altra epoca. Tipico è il
giudizio morale che il minore non poteva esprimere all’epoca dei fatti.
Sappiamo che solamente intorno ai 10 anni il bambino raggiunge la parità di
comprensione dell’adulto. Il modo di parlare, invece, e i termini che usa,
dipendono molto dalla scuola o dalla famiglia in cui vive.
- Bisogna sapere se, nel caso si voglia
procedere ad un’intervista registrata, quanto valore le si debba dare.
- Bisogna capire se il minore, ove gli
fosse richiesto, sarebbe o meno disponibile ad un controesame.
- Bisogna conoscere bene la
preparazione psicofisica del bambino al fatto e quali informazioni si possono
dare al bambino che sta per essere intervistato, tenendo quindi presenti anche,
e soprattutto, le sue naturali resistenze o voglie o costrizioni nell’accusare
o meno persone che lui potrebbe “amare” o “odiare”.
- Bisogna saper distinguere
l’intervista volta ad una testimonianza da una volta a salvaguardare il
benessere del minore intervistato, tenendo sempre presente, comunque, che
entrambe le interviste devono volgere al benessere del ragazzo nel momento e
nel suo futuro. Se il giudice pensa che la testimonianza del minore sia
importante o addirittura “essenziale” ma che il testimoniare sia nel contempo
molto dannoso per il bambino, può lasciare a lui la possibilità di decidere se
farlo o no. Nel contempo questa volontà deve essere sempre chiaramente messa agli atti insieme alla volontà dei
genitori o del suo tutore in merito alle circostanze processuali così che il
giudice possa in qualsiasi momento richiedere ulteriori accertamenti.
- Bisogna sapere, soprattutto
nell’intervista penale, cosa si deve capire, ma mai farsi influenzare
dall’accusa rivolta alle persone coinvolte nel contenzioso.
- Bisogna sapere che tutte le
informazioni che verranno messe in evidenza nell’intervista si devono
considerare solo come indizi e mai considerate come conferma o meno degli atti
accusatori.
Anche se il compito del
perito intervistatore è quello di cercare di validare o meno le affermazioni
del minore, nel contempo non può assolutamente formulare pareri che tendano a confermare
in maniera scientifica il contenuto di una testimonianza in quanto non esistono
indicatori validi per questa conferma né
psicologici né comportamentali né tantomeno derivati dagli stessi test
somministrati nelle circostanze.
Questa conferma la potrebbe dare solamente il giudice se queste informazioni
fossero adeguatamente supportate da prove inconfutabili.
- Bisogna tener sempre presente nel
corso dell’intervista della psicologia del minore a seconda che sia stato
testimone di un crimine o se ne sia stato la vittima. Nei due casi il sostegno
da dare a lui o ai suoi genitori sarà certamente diverso.
- Bisogna sapere che, se il minore
deve avere contatti con la Polizia Giudiziaria i suoi componenti devono avere
una formazione adatta a trattare con il minore e sicuramente conoscere le linee
guida per la sua l’intervista.
- Bisogna pensare che, soprattutto
nell’intervista di un testimone, sia maschio che femmina, lo scopo principale
sarà sempre quello di riuscire ad avere alla fine una visione più chiara
possibile e fedele dell’accaduto e dei suoi protagonisti.
- Bisogna sapere che, se i minori che devono essere intervistati hanno
più di tre anni, va spiegato lo scopo dell’intervista stessa e il compito degli
intervistatori.
- Bisogna sapere che, in ogni momento
dell’intervista deve essere garantito al minore il suo diritto al rispetto e
alla sua dignità come persona e soprattutto
alla riservatezza di ciò che andrà a deporre.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore deve per prima cosa valutare la capacità di testimoniare del
minore, ad esempio quali sono i suoi limiti oltre l’età, i problemi psicofisici
o altro.
- Bisogna valutare, in particolare, le
capacità del minore di capire senza ombra di dubbio le domande
dell’intervistatore, di avere nella mente ricordi chiari, se è capace di
esprimersi in forma corretta e se dice in sostanza quello che vuole dire. In
questo caso bisogna vedere se ha la capacità di capire la lingua in relazione
alle sue strutture di grammatica e sintassi e se ha la capacità di saper
distinguere nelle parole le differenze seppur minime del loro significato.
- Bisogna valutare ancora se il minore
è capace di distinguere tra i veri e i falsi ricordi e soprattutto se sa
distinguere la fantasia dalla realtà dei fatti vissuti e soprattutto se nel
momento dell’intervista ha voglia di farlo o la sua mente ha voglia di
ricordare solo certi fatti e non altri. Nell’incertezza bisogna, se possibile,
farsi aiutare dai genitori o da persone che lo conoscono bene.
- Bisogna accertarsi se il minore sappia
parlare correttamente la lingua in uso
nell’intervista e se capisce bene quello che gli si dice.
- Bisogna accertarsi che il minore
abbia capacità di interpretare fatti e circostanze.
- Bisogna capire quando e quanto il
bambino può essere stato suggestionato da terze persone e quindi se le sue
risposte sono dettate da paura o altro condizionamento. Quest’aspetto deve, se
si hanno dubbi, essere riportato nella relazione conclusiva all’intervista.
- Bisogna lasciare sempre libero
l’intervistando di rispondere spontaneamente e mai forzarlo direttamente,
indirettamente, inconsciamente o addirittura consciamente ad una risposta che
gratifichi chi intervista. Sempre più spesso purtroppo si tende paradossalmente
a non tenere o a tenere in poco conto l’opinione del minore.
In questa circostanza
bisogna fare molta attenzione.
- Bisogna, come abbiamo già accennato,
avere soprattutto “pazienza”. Non bisogna avere mai fretta di porre loro
domande, ma aspettare e rispettare i tempi del minore. Quindi una domanda per
volta lasciando che prima completi la risposta precedente in tranquillità. Mai
riempire i tempi d’attesa intervenendo in qualsiasi modo, nemmeno facendo
commenti, sia positivi che negativi o addirittura con parole inutili e
irrilevanti. Bisogna saper ascoltare in silenzio facendo però attenzione
affinché questo silenzio non diventi opprimente, non si crei un’atmosfera troppo
pesante.
- Bisogna sempre evitare di fare al
minore domande “chiuse” o “suggestive”; nello specifico:
- Le domande “chiuse”
Sono domande che lasciano al bambino un’alternativa, ma solo
una. “Quella persona aveva una macchina
bianca o rossa?”.
Il grande limite di questo tipo di domanda è che, chi deve
rispondere, specie se è molto piccolo, si rifà ad una delle due alternative e
non amplia la risposta. Oppure, siccome viene chiuso fra due risposte, continua
su una e, per ampliarla, fa ricorso alla sua immaginazione che spesso nei
bambini è molto fertile. Per lasciare un po’ di spazio alla risposta si può chiedere
al bambino di rispondere in alternativa “non ricordo” o “non lo so” “Quella
persona aveva una macchina bianca o non ricordi il colore?”
- Le domande “suggestive”
Da
“Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses
for Criminal Proceedings, 1992”:
“In parole povere, una domanda suggestiva è una domanda che
implica la risposta e che presuppone fatti che è probabile che siano ancora da
accertare. Come per le domande chiuse, una domanda può essere suggestiva non
solo per la natura della domanda stessa, ma anche in base a ciò che il
testimone ha già detto nel corso dell'intervista”.
Quindi le risposte alla domanda suggestiva, nella prassi,
tendono ad essere determinate e in-fluenzate molto dal modo in cui è fatta la
domanda più che dalla volontà e dal ricordo dell’intervistato, quindi possono
essere fuorvianti (Ceci e Bruck, 1995; Bruck, Ceci e Hembrooke, 1998; Poole e
Lamb, 1998; Lamb et al., 1999; Wood e Garven, 2000; Bull, 2000; Mazzoni, 2000;
Gulotta et al., 2000; Stemberg et al., 2001;Lamb et al., 2002; Krahenbuhl e
Blades, 2005; Mazzoni e Ambrosio, 2003;
De Cataldo)
In particolare, se si
ha a che fare con un bambino di circa 10 anni, rispetto ad un bambino di circa
4 anni, diminuisce della metà la percentuale d’errore e di un terzo se paragonata
a quella di un adulto.
In genere, quindi, queste domande devono essere usate solamente
come ultima risorsa e non sono consigliate nel caso di interviste su bambini
perché si forzerebbe troppo facilmente la loro volontà nel rispondere
liberamente.
Nella fase della conoscenza del bambino una domanda
suggestiva potrebbe compromettere dall’inizio il rapporto con l’intervistatore
e le risposte che darebbe sarebbero di scarsa attendibilità perché il bambino
tenderebbe a non rispondere con proprie parole.
- Bisogna ricordare sempre che il
minore, soprattutto se ancora bambino, darà risposte valide e coerenti se le
domande che gli verranno rivolte sono poste da persone di cui si fida e che lo
faranno sentire tranquillo. Quindi, la primissima fase dell’intervista, sarà
sempre volta ad acquisire la sua fiducia. Nella fase finale invece si cercherà
di lasciarlo in una situazione psicologica positiva.
- Bisogna sapere che, non essendo le
tecniche dell’intervista le stesse di una conversazione casuale, esse dovranno
essere frutto di uno specifico studio e di una sperimentazione preventiva. Da
qui va da sé che l’intervistatore deve avere una preparazione tecnica specifica
e una formazione continua.
- Bisogna sapere che, essendo la
memoria del minore molto accurata ma povera e facilmente malleabile, non ci
devono essere interferenze da parte di chi fa le domande. Ciò potrebbe portare
ad errori anche irreversibili nell’esporre e nel ricordare il fatto.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve forzare il bambino facendo un nome in particolare.
- Bisogna sapere che l’intervistatore
deve accettare la risposta negativa alla sua aspettativa e avere la pazienza di
aspettare l’articolato del minore.
- Bisogna sapere che l’intervistatore
deve accettare anche risposte incerte come “non so” o “non mi ricordo”
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve “consigliare” un nome particolare al minore, ad
esempio quello della persona che pensi
essere il maggior indiziato o
immettendo in un ricordo quello di una persona in particolare. “Se ci fosse
stata la tale persona come ti saresti comportato?”
- Bisogna sapere che l’intervistatore
non deve ripetere una domanda molte volte per costringere il bambino a
rispondere facendo capire che le risposte date in precedenza non erano di suo
gradimento o insoddisfacenti. Infatti
il ripetere molte volte la domanda è sicuramente un fattore di rischio e
distorsione delle sue risposte e quindi dei suoi ricordi, dando così
sicuramente adito ad errori che, essendo incorporati nello stesso sforzo del
“ricordare continuo”, diventeranno alla fine parte del ricordo stesso e
percepiti come verità.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve fare commenti
(feedback) su una risposta sia positiva che negativa in modo da
sollecitarne un’altra che si crede sia quella giusta dando soddisfazione al
bambino, magari gratificandolo con un “bravo, bene, giusto….”
- Bisogna sapere che l’intervistatore
non deve contraddire l’intervistato cercando di fargli dire il contrario di
quello che pensa. portando altre testimonianze contrarie, ad esempio di un suo
amico o di un genitore o comunque di una
persona che stima o che ama.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve far credere all’intervistando che chi fa le domande
sappia già le risposte in modo da fargli dire quello che l’adulto pensa a
priori.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve usare l’articolo determinativo anziché quello
indeterminativo. “Hai visto l’uomo fare una cosa…” anziché “hai visto un uomo
fare una cosa….”
Da Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings,
“E' per questo motivo che, in particolare con bambini, si
assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che,
se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche
irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi ho fornito un elenco
degli errori più comuni [...] l'implicare che l'intervistatore già conosce i
fatti, e il testimone deve solo confermare quello che l'intervistatore già sa.
A questi errori grossolani molti altri se ne aggiungono, sia grossolani che
sottili, quali ad esempio l'uso dell'articolo determinativo anziché
indeterminativo; il suggerire al testimone fatti prima che sia il testimone stesso
a parlarne spontaneamente”
- Bisogna sapere che l’intervistatore
non deve suggerire neppure fatti, circostanze, luoghi ecc. prima che
l’intervistando li faccia spontaneamente. Bisogna infatti tenere sempre
presente che tutti i bambini (e anche in parte gli adulti) possono cambiare
idea e quindi versione in base ad eventuali suggerimenti imposti consciamente o
inconsciamente dagli intervistatori ed è noto che il grado di influenzabilità
del minore è inversamente proporzionale alla sua età. Ciò non significa che il
bambino non sia in grado di testimoniare ma certamente, se l’intervistatore non
è molto attento, potrebbe rischiare in qualsiasi momento di condizionare le sue
risposte. Se le domande sono poste correttamente, le risposte saranno
coerenti. L’intervistatore deve anche stare molto attento ad “aiutare” il
bambino a selezionare i suoi ricordi e ad organizzarglieli in quanto questi
potrebbero anche venire modificati e deformarti senza che il minore se ne
accorga.
- Bisogna sapere che l’intervistatore o
gli intervistatori del bambino devono evitare di parlare del fatto che si vuole
accertare nei suoi particolari aspetti dettagliandoli, né pensare di farlo fare
al bambino, perché nel corso dell’intervista questi potrebbe aver acquisito
informazioni particolari che fino ad allora non aveva, cominciando di sua
iniziativa ad inventare per rendere il racconto ancora più credibile anche se
in realtà tutto ciò sarebbe solo frutto di una sua fantasia estrapolata dai
fatti stessi in quanto questi ultimi annoverano sia quelli originari che quelli
appresi successivamente da altri e anche dall’intervistatore stesso. È
importante quindi che, se il bambino inizia a dettagliare troppo i racconti, fermarlo
con cautela. Bisogna in definitiva
evitare il più possibile azioni induttive: al riguardo si deve tener presente
che, se prima dei 6 anni la paura del bambino che mente è quella di essere punito,
solo dopo sviluppa in sé l’importanza che “non lo si deve fare” e comincia ad
avere i cosiddetti “sentimenti morali”, il senso di colpa e di vergogna.
- Bisogna sapere che tutto ciò che
si vuole sapere dovrà comunque essere accertato senza fretta, per gradi, magari
in sessioni di ascolto prolungate e comunque quante ne servono, per non stressare
ulteriormente il bambino. Uno stress eccessivo infatti può incidere
notevolmente sulla qualità delle risposte, sulla sua percezione e sul suo
ricordo.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve pensare di aver capito prima che l’intervistando
abbia finito di parlare, magari anche interrompendolo mentre parla, creando
così diversivi che possano suggerirgli una sua linea di condotta.
- Bisogna sapere che l’intervistatore
non deve interpretare quello che dice l’intervistando in modo personale per
affermare una propria aspettativa.
- Bisogna sapere che l’intervistatore
non deve interpretare in modo parziale o esteso quello che il testimonio
afferma, ma attendere la fine della testimonianza per capire e relazionare.
- L’intervistatore deve tener presente
che questi errori vengono fatti frequentemente per due motivi:
- Perché queste modalità di intervista e quindi questi
elementi d’errore sono onnipresenti e assai frequenti nel colloquio di
ogni giorno, quindi anche nel parlare corrente. In pratica bisogna saper
ascoltare, parlare il meno possibile e lasciare l’intervistando libero di
esprimersi come meglio vuole e sa fare.
- Perché fanno parte del modo tipico di ragionare degli
uomini.
Sappiamo che il nostro ragionamento si basa su due processi
tipici: uno deduttivo e uno induttivo per cui nel primo caso la nostra mente
parte da principi generali per arrivare ad una risposta particolare e nel
secondo caso partiamo da singoli ragionamenti per arrivare a generalizzare.
Per scendere nel concreto: la tendenza dell'uomo è di
iniziare con delle ipotesi, e poi utilizzare i dati per confermare queste
ipotesi.
- Bisogna sapere che
l’intervistatore deve avere una formazione continua e specifica e maestri molto
preparati nella materia per ridurre il
più possibile il rischio di errori grossolani, continuati ed evitabili se si
seguissero le linee guida esistenti.
- Bisogna fare molta attenzione alla
scelta dei test da somministrare ai bambini. “L’indagine psicologica - leggiamo
su Psicologia e Diritto- potrà avvalersi di test (di personalità, neuropsicologici
e proiettivi) basati su performance del soggetti (performance based) o sulla
capacità di auto-descriversi (self report) […]”
- Bisogna sapere che agli occhi
del bambino la figura
dell’intervistatore riveste quasi sempre un ruolo autoritario. Se quest’ultimo,
quindi, cattura il suo sguardo potrebbe direttamente o indirettamente fornire
già una risposta alle domande poste e i bambini tenderanno ad avallarla e a
farla propria mettendo a rischio la validità dell’intervista. Quindi è
necessario che l’intervistatore non esageri mai in questo suo modo di reggere
lo sguardo del bambino.
Vogliamo infine sottolineare due importanti passaggi
nell’intervista di un minore, passaggi spessissimo ignorati e recanti ogni vota
problematiche su e per l’intervista stessa.
Intendiamo parlare del
momento dell’accoglienza e di quello della chiusura dell’intervista.
La fase dell’accoglienza
Il rapporto intervistatore/intervistato si può creare
incominciando con una chiacchierata informale, magari con argomenti non
attinenti al fatto specifico della futura intervista o anche introducendone
altri che lo divertono e lo interessano, oppure
facendolo interessare agli strumenti di ripresa, videocamere o luci o ad
altro. Parlando lo si deve sempre rassicurare dicendogli, ad esempio, che lui è
lì non perché abbia fatto qualcosa di male.
Altra cosa che si deve fare prima della vera e propria
intervista è la preparazione del minore allo specifico momento successivo,
tenendo comunque sempre presente la sua età: è bene dargli un minimo di
spiegazioni su cosa andrà a fare e come l’andrà a fare, le persone che saranno
con lui nell’occasione, i tempi, i luoghi e quindi la presentazione al minore
delle persone che sono in stanza chiamandole per nome.
Bisogna quindi raccontare fin da subito al bambino cosa sta
succedendo ovviamente parlandogli nella lingua che comprende meglio e nella
maniera più consona alle sue caratteristiche psicofisiche.
Se c’è un agente di polizia, cosa comunque in genere
sconsigliata, deve essere senza divisa e l’intervistatore ne spiegherà il suo
ruolo chiarendo al bambino, che per la sua presenza potrebbe pensare di aver
fatto qualcosa di male, che non è così e che non deve assolutamente essere in apprensione.
Al bambino più piccolo si chiarirà che ci sono altre persone
che vorrebbero sapere cosa dirà per aiutarlo se ne avesse bisogno, e che la
videoregistrazione servirà a semplificare il tutto senza bisogno di ripetere
l’intervista più volte.
Con cautela lo si deve informare che comunque ci sono delle
regole di base che si devono rispettare affinché tutti siano soddisfatti
dell’intervista, cercando quindi di farlo partecipare, magari anche con enfasi,
senza mai, comunque, caricarlo di responsabilità per la buona riuscita
dell’incontro. In questa fase sarebbe bene capire anche se il minore sa
distinguere il vero dal falso e quale è la sua conoscenza cognitiva ed
emozionale e la capacità di stare insieme ad altri.
La chiusura dell’intervista
La chiusura dell’intervista deve avvenire -sia nel caso
in cui sia definitivamente finita, sia se si decida di interromperla rendendosi
conto che gli accertamenti cominciano a causare nel minore disagi evidenti
perché in e che le sue risposte saranno comunque condizionate dal suo stato
psicofisico- seguendo alcune fasi:
Prima fase:
- se c’è un secondo intervistatore bisogna che i due si
confrontino su ciò che è avvenuto.
I due intervistatori, dopo essersi consultati e confrontati
si dovranno chiedere se ci sono altre domande da fare al bambino e se è tutto
chiaro.
- I due si dovranno anche chiedere se hanno compreso a
pieno le risposte del bambino e quindi se questi abbia fatto un racconto
significativo ed esauriente ai fini della ricerca che si voleva
effettuare.
Seconda fase:
- bisogna fare un riassunto
di tutta l’intervista
La relazione va fatta usando le stesse parole del bambino
e non altre, come quelle dei “grandi” che potrebbero condurre a significati
particolari, magari estrapolandoli dalle parole del minore. Non ci devono
essere comunque nell’intervista parole che non si riescano ad interpretare a
pieno, quindi, in fase di intervista bisognerà fare attenzione a chiedere al
bambino il significato delle parole che non sono più che comprensibili da coloro
che lo stanno interrogando. Infine non bisogna assolutamente dare l’impressione
al minore di non aver fatto tutto il suo dovere anche se dall’intervista non è
emerso alcunché di utile all’inchiesta in corso.
Terza fase:
- bisogna gratificare il bambino per il suo intervento
ringraziandolo, rassicurarlo cercando di non farlo sentire in colpa per
quello che ha detto.
- Non congedarlo immediatamente e, come per l’accoglienza,
non avere fretta nel salutarlo soprattutto se è l’intervistato ad avere
urgenza personale di andare via.
- dopo aver ringraziato l’intervistato per la sua collaborazione
i due intervistatori dovranno chiedergli se ha domande da rivolgere loro.
- In genere i bambini s’informano di cosa succederà dopo
l’intervista. Tutte le risposte devono essere perfettamente comprensibili
al minore e rassicuranti. Nello stesso tempo bisogna fare molta attenzione
che nell’enfasi dei saluti non si facciano promesse che non siano realizzabili.
- Prima di congedarsi sarebbe anche opportuno lasciare ai
suoi accompagnatori il numero di telefono di rifermento che servirà
soprattutto per essere ricontattati se il bambino ricorderà altri fatti
che non ha esposto fino ad allora.
Per concludere ci
chiediamo quanti Assistenti Sociali, Psicologi, Psichiatri e anche Giudici e Periti
di parte che ci assistono nei contenziosi giudiziari, così come gli stessi
Periti del tribunale che devono relazionare e gli Avvocati stessi e in genere
tutti professionisti coinvolti siano in grado di accorgersi se l’intervista su
un minore sia stata/non sia stata effettuata correttamente e, in questo ultimo
caso, se sia completamente irregolare: l’irregolarità in questi casi porta sempre
a conseguenze disastrose per intere famiglie che si vedono allontanare i loro
figli con relazioni basate su errori madornali che invece si potrebbero evitare
se questi professionisti si aggiornassero e fossero obbligati seriamente ad una
formazione continua e seria.
Per quanto mi riguarda
porterò all’attenzione dei Parlamentari il problema, ma come al solito rilevo,
non ho dati recenti su quale sia la reale situazione in merito agli affidamenti
in Italia, informazione che il Ministero ci dovrebbe dare.
Nell’ultimo mio
intervento in audizione in Commissione Infanzia ho parlato proprio di questa assenza
di informazione e delle conseguenze che derivano da questa mancanza (vedasi nel
mio Blog Giuridico e Sociale all’indirizzo: http://affidamentiminorili.blogspot.it/search?updated-min=2015-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2016-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=3
)
Non avendo questa informazione
non ci è permesso di trovare soluzioni se non enunciando, come abbiamo fatto,
almeno una giusta prassi per intervistare i minori nelle circostanze degli affidamenti
e degli abusi che potrebbero aver subito o che al contrario non hanno subito e,
in questo caso, la realtà dei fatti si strumentalizza attraverso relazioni che
non hanno attendibilità.
Tutto ciò che abbiamo
in merito sono i “Quaderni” editi fino al dicembre 2012 che riportano una sorta
di statistiche che, a detta del Ministero stesso, sono anche di dubbia
attendibilità in quanto non tutte le informazioni richieste sono arrivate a chi
ha stilato le relazioni e -mi permetto di aggiungere- non trovo affatto
soddisfacente il modo con cui le stesse informazioni sono state reperite per
redigere i quaderni stessi.
Ciò nonostante siamo
certi, per esperienza oramai decennale sul campo, che sono moltissime le Famiglie
italiane che ogni giorno subiscono soprusi a causa dell’ignoranza di molti professionisti
che lavorano in deroga al loro obbligo di informazione e formazione continua a
cui dovrebbero sottoporsi.
Naturalmente con questo
non si vuole certamente generalizzare questa situazione: in questi anni ho
conosciuto tanti professionisti competenti che svolgono il loro lavoro dignitosamente.
Mi rivolgo unicamente a
coloro che non onorano la professione e che criminalmente offendono ogni giorno
la dignità, l’onorabilità e la genitorialità di molti Italiani.
Nota:
Nota dell'Autore: Si declina ogni responsabilità per eventuali errori e/o omissioni e/o inesattezze nonché modificazioni intervenute dopo la pubblicazione della presente, non essendo una fonte ufficiale.
[1] “L’ascolto del minore testimone Psichiatria”,
Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma
6.11.10 a cura della Società Italiana di Criminologia Società Italiana di
Medicina legale e delle Assicurazioni - Società Italiana di Neuropsichiatria
dell’Infanzia e dell’Adolescenza - Società Italiana di Neuropsicologia -
Società Italiana di Psichiatria - Società di Psicologia Giuridica – in
[2]Fondazione Guglielmo Gulotta di
Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa –
Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna
Balabio; Pag.15
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