martedì 3 gennaio 2017

Il problema dell’intervista dei minori



          Spessissimo i tribunali, durante una CTU, o le Procure, dopo un allontanamento del minore dalla propria famiglia con un'ordinanza o dopo  un 403, decidono l’audizione di minori. 
          Ma come vengono fatte queste audizioni? Sono rispettate tutte le procedure, le linee guida per accertare la veridicità dei fatti? Siamo soprattutto sicuri che questo lavoro venga svolto da coloro che sono preposti a farlo e che devono possedere tutti i requisiti richiesti e la capacità di eseguire al meglio simili consulenze?
          Il sospetto che ci sia molta trascuratezza e ignoranza nell’affrontare lavori di così grande responsabilità è quantomeno reale. Ogni giorno le associazioni per la tutela dei diritti dei minori e delle famiglie e molti esponenti degli stessi ordini professionali che annoverano tra i loro associati anche gli stessi professionisti che vanno ad espletare le perizie nei tribunali, denunciano casi di malagiustizia dovuta a perizie svolte in dispregio dei minimi canoni della deontologia e della scientificità del loro lavoro.
          La Società Italiana di Criminologia, la Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Società Italiana di Neuropsicologia, la Società Italiana di Psichiatria e quella di Psicologia Giuridica nel luglio 2011 decidono di pubblicare le loro linee guida nazionali con un documento intitolato L’ascolto del minore testimone”.
Nell’introdurre il lavoro lo psicologo Giovanni Camerini fra l’altro dice:
“Fra le ragioni che hanno condotto [le società sopra citate. N.d.r. ] ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore testimone vi sono condivise preoccupazioni per la limitata competenza di operatori che effettuano verifiche sulla capacità di testimoniare del minore e per il frequente ricorso, in ambito giudiziario, a metodi e tecniche non adeguate allo scopo.” [1]
E ancora, in merito al problema del modo di intervistare i minori, riteniamo importante leggere la traduzione di Giuliana Mazzoni, professoressa di Psicologia all’Università di Hull, in Inghilterra, del “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”
Nel suo lavoro viene messo in evidenza che:
“[…] La ricerca in psicologia giuridica applicata all'intervista ha esaminato migliaia di interviste condotte sul campo (ossia nella vita reale, e non in laboratorio) da poliziotti, colloqui 'investigativi' svolti da psicologi, assistenti sociali, insegnanti, genitori, e altri, identificando, dopo anni di lavoro, quali siano gli errori tipici nella conduzione di questi colloqui e quali siano le loro conseguenze.
La modalità con cui il colloquio viene condotto è quindi ormai indiscutibilmente considerata una delle maggiori fonti di errore nel resoconto del testimone.
[…] Gail Goodman, docente presso l’Università Davis della California,  ha dimostrato che la memoria dei bambini è molto accurata, se non vi sono interferenze da parte dell'intervistatore. Accurata ma povera.
E' per questo motivo che, in particolare con i bambini, si assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che, se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni e più dannosi […..]”
Sentiamo quindi sempre più l’urgenza  che vengano approntati al più presto altri studi metanalitici e che questi siano recepiti dalle unità multidisciplinari con la collaborazione di tutte quelle figure che ruotano intorno agli affidamenti di minori.
In particolare pensiamo debbano essere coinvolti oltre a studiosi di discipline diverse, anche persone di vario orientamento politico e culturale come responsabili di associazioni per la tutela dei diritti delle Famiglie.
Fondamentale prerogativa per l’estensione di queste linee guida italiane è quindi l’essere state scritte con la collaborazione di persone che abbiano, sì fatto studi specifici, ma che abbiano anche un’esperienza pratica sul campo e non siano condizionate da preesistenti interessi o coinvolgimenti personali, economici, di categoria o altro.

l’Ascoltare e il Sentire.

Primo, essenziale passaggio per capire come deve essere fatta l’intervista è quello di aver ben presente che il minore, oltre ad essere “sentito” va assolutamente “ascoltato”. La differenza non è di poco conto ma fondamentale.
Da: Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” Pag.11 http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/annoXIV,%20n%201/L%27ascolto%20del%20minore%20e%20la%20legge%208%20febbraio%202006%20n%2054%20dalla%20norma%20all%27incontro.pdf 
"Per la lingua italiana ascoltare e sentire sono verbi di significato diverso. Il sentire non richiede un atto di volontà: è un fenomeno di fisica acustica. L’ ascoltare richiede qualcosa di diverso. Comporta accettare di entrare in relazione con l’Altro, recepire e comprendere ciò che vuole esprimere e comunicarci: con le parole, con un’espressione del viso, del corpo, e perché no, col silenzio. Ascoltare significa disponibilità ad accogliere l’Altro e a modificare le nostre opinioni, lasciandoci ‘fecondare’ da nuovi contenuti e significati."

La Comunicazione e l’Osservazione

Due importanti aspetti nell’ascolto del minore sono quindi certamente “La Comunicazione” e “L’Osservazione”. Senza questi due passaggi il tutto si ridurrebbe ad un “sentire” come fenomeno semplicemente fisico di ciò che dice l’intervistato e non si stabilirebbe quell’empatia, quel sapersi mettere nei panni dell’altra persona, quel saper cogliere l’espressione di uno sguardo, di un gesto, che è alla base di una giusta intervista.
A proposito della Comunicazione dice Campbell (1979) “La comunicazione è la trasmissione di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da una persona all’altra
Noi quindi percepiamo i messaggi che ci vengono trasmessi principalmente attraverso una comunicazione non verbale (“come”) e solamente per un 10% con le parole (“che cosa”).
L’intervistatore quindi deve capire che se si vuole relazionare con un minore deve avere ben presente che  la comunicazione ha un valore di processo interattivo e non unidirezionale.
Per quanto riguarda l’osservazione leggiamo ancora in “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro”:
“[…] il significato di ciò che accade e la motivazione per cui accade non sono dati estrapolabili dall’osservazione del comportamento. Infatti, per accostarci al significato che l’esperienza assume per il soggetto, all’interno della relazione, dobbiamo ricorrere “alla modalità conoscitiva propria del comprendere” attraverso ”l’approccio psicodinamico e fenomenologico” (Fornari, 2008) […]”.
L’interazione tra l’osservatore e il fenomeno è ovviamente di grado molto diverso, a seconda che si tratti di osservazione di fenomeni fisici o, viceversa, di osservazione di esseri viventi, ma diviene di primaria importanza quando l’oggetto di indagine è un altro essere umano. Qui il principale strumento di indagine è il ricercatore stesso: “la sua interazione col soggetto fornisce la certezza su cui si fonderà la spiegazione” (Hutten, cit.). Al tema dell’osservazione come strumento di conoscenza della persona e della relazione interpersonale la ricerca psicoanalitica dà il suo contributo ponendo al centro dell’atto osservativo la relazione soggetto-oggetto. “L’uomo è costituito prettamente di relazioni; la relazione è pertanto la via migliore per conoscerlo e l’unica area di indagine veramente osservabile” ( Borgogno, 1978).
“la mente stessa - scrive ancora Aron nel 2004 - è un costrutto relazionale e può essere studiata solo nel contesto relazionale con altre menti”. [2]

Cosa dice la legge

Dalla entenza di Cassazione  n° 7282/2010  
“L’audizione non rappresentando una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni e i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione e, quindi, con tutte le cautele e le modalità atte a evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo […]”

Alcune informazioni di base che assolutamente bisogna conoscere per intervistare correttamente un minore.

-           Bisogna sapere se ci sono nel minore elementi prettamente soggettivi come l’aver già avuto o sta avendo relazioni con i Servizi Sociali o comunque con i servizi pubblici.    
-           Bisogna sapere se il minore conosce tutti gli elementi del fatto oggetto di indagine e quindi della storia che sta vivendo o che ha vissuto.
-           Bisogna capire se i racconti del minore intervistato siano congrui con l’età del fatto che sta raccontando: se non c’è questa congruità vuol dire che le informazioni sono di altra epoca. Tipico è il giudizio morale che il minore non poteva esprimere all’epoca dei fatti. Sappiamo che solamente intorno ai 10 anni il bambino raggiunge la parità di comprensione dell’adulto. Il modo di parlare, invece, e i termini che usa, dipendono molto dalla scuola o dalla famiglia in cui vive.
-           Bisogna sapere se, nel caso si voglia procedere ad un’intervista registrata, quanto valore le si debba dare.
-           Bisogna capire se il minore, ove gli fosse richiesto, sarebbe o meno disponibile ad un controesame.

-           Bisogna conoscere bene la preparazione psicofisica del bambino al fatto e quali informazioni si possono dare al bambino che sta per essere intervistato, tenendo quindi presenti anche, e soprattutto, le sue naturali resistenze o voglie o costrizioni nell’accusare o meno persone che lui potrebbe “amare” o “odiare”.
-           Bisogna saper distinguere l’intervista volta ad una testimonianza da una volta a salvaguardare il benessere del minore intervistato, tenendo sempre presente, comunque, che entrambe le interviste devono volgere al benessere del ragazzo nel momento e nel suo futuro. Se il giudice pensa che la testimonianza del minore sia importante o addirittura “essenziale” ma che il testimoniare sia nel contempo molto dannoso per il bambino, può lasciare a lui la possibilità di decidere se farlo o no. Nel contempo questa volontà deve essere sempre chiaramente  messa agli atti insieme alla volontà dei genitori o del suo tutore in merito alle circostanze processuali così che il giudice possa in qualsiasi momento richiedere ulteriori accertamenti.
-           Bisogna sapere, soprattutto nell’intervista penale, cosa si deve capire, ma mai farsi influenzare dall’accusa rivolta alle persone coinvolte nel contenzioso.
-           Bisogna sapere che tutte le informazioni che verranno messe in evidenza nell’intervista si devono considerare solo come indizi e mai considerate come conferma o meno degli atti accusatori.
Anche se il compito del perito intervistatore è quello di cercare di validare o meno le affermazioni del minore, nel contempo non può assolutamente formulare pareri che tendano a confermare in maniera scientifica il contenuto di una testimonianza in quanto non esistono indicatori validi  per questa conferma né psicologici né comportamentali né tantomeno derivati dagli stessi test somministrati nelle circostanze. Questa conferma la potrebbe dare solamente il giudice se queste informazioni fossero adeguatamente supportate da prove inconfutabili.
-           Bisogna tener sempre presente nel corso dell’intervista della psicologia del minore a seconda che sia stato testimone di un crimine o se ne sia stato la vittima. Nei due casi il sostegno da dare a lui o ai suoi genitori sarà certamente diverso.
-           Bisogna sapere che, se il minore deve avere contatti con la Polizia Giudiziaria i suoi componenti devono avere una formazione adatta a trattare con il minore e sicuramente conoscere le linee guida per la sua l’intervista.
-           Bisogna pensare che, soprattutto nell’intervista di un testimone, sia maschio che femmina, lo scopo principale sarà sempre quello di riuscire ad avere alla fine una visione più chiara possibile e fedele dell’accaduto e dei suoi protagonisti.
-           Bisogna sapere che, se i  minori che devono essere intervistati hanno più di tre anni, va spiegato lo scopo dell’intervista stessa e il compito degli intervistatori. 
-           Bisogna sapere che, in ogni momento dell’intervista deve essere garantito al minore il suo diritto al rispetto e alla sua dignità come persona e soprattutto  alla riservatezza di ciò che andrà a deporre.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve per prima cosa valutare la capacità di testimoniare del minore, ad esempio quali sono i suoi limiti oltre l’età, i problemi psicofisici o altro.
-           Bisogna valutare, in particolare, le capacità del minore di capire senza ombra di dubbio le domande dell’intervistatore, di avere nella mente ricordi chiari, se è capace di esprimersi in forma corretta e se dice in sostanza quello che vuole dire. In questo caso bisogna vedere se ha la capacità di capire la lingua in relazione alle sue strutture di grammatica e sintassi e se ha la capacità di saper distinguere nelle parole le differenze seppur minime del loro significato.
-           Bisogna valutare ancora se il minore è capace di distinguere tra i veri e i falsi ricordi e soprattutto se sa distinguere la fantasia dalla realtà dei fatti vissuti e soprattutto se nel momento dell’intervista ha voglia di farlo o la sua mente ha voglia di ricordare solo certi fatti e non altri. Nell’incertezza bisogna, se possibile, farsi aiutare dai genitori o da persone che lo conoscono bene. 
-           Bisogna accertarsi se il minore sappia parlare correttamente  la lingua in uso nell’intervista e se capisce bene quello che gli si dice.
-           Bisogna accertarsi che il minore abbia capacità di interpretare fatti e circostanze.
-           Bisogna capire quando e quanto il bambino può essere stato suggestionato da terze persone e quindi se le sue risposte sono dettate da paura o altro condizionamento. Quest’aspetto deve, se si hanno dubbi, essere riportato nella relazione conclusiva all’intervista. 
-           Bisogna lasciare sempre libero l’intervistando di rispondere spontaneamente e mai forzarlo direttamente, indirettamente, inconsciamente o addirittura consciamente ad una risposta che gratifichi chi intervista. Sempre più spesso purtroppo si tende paradossalmente a non tenere o a tenere in poco conto l’opinione del minore.
In questa circostanza bisogna fare molta attenzione.
-           Bisogna, come abbiamo già accennato, avere soprattutto “pazienza”. Non bisogna avere mai fretta di porre loro domande, ma aspettare e rispettare i tempi del minore. Quindi una domanda per volta lasciando che prima completi la risposta precedente in tranquillità. Mai riempire i tempi d’attesa intervenendo in qualsiasi modo, nemmeno facendo commenti, sia positivi che negativi o addirittura con parole inutili e irrilevanti. Bisogna saper ascoltare in silenzio facendo però attenzione affinché questo silenzio non diventi opprimente, non si crei un’atmosfera troppo pesante.
-           Bisogna sempre evitare di fare al minore domande “chiuse” o “suggestive”; nello specifico:

  • Le domande “chiuse”
Sono domande che lasciano al bambino un’alternativa, ma solo una. “Quella persona aveva una macchina bianca o rossa?”.
Il grande limite di questo tipo di domanda è che, chi deve rispondere, specie se è molto piccolo, si rifà ad una delle due alternative e non amplia la risposta. Oppure, siccome viene chiuso fra due risposte, continua su una e, per ampliarla, fa ricorso alla sua immaginazione che spesso nei bambini è molto fertile. Per lasciare un po’ di spazio alla risposta si può chiedere al bambino di rispondere in alternativa “non ricordo” o “non lo so” “Quella persona aveva una macchina bianca o non ricordi il colore?”

  • Le domande “suggestive”
Da “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992”:
“In parole povere, una domanda suggestiva è una domanda che implica la risposta e che presuppone fatti che è probabile che siano ancora da accertare. Come per le domande chiuse, una domanda può essere suggestiva non solo per la natura della domanda stessa, ma anche in base a ciò che il testimone ha già detto nel corso dell'intervista”.
Quindi le risposte alla domanda suggestiva, nella prassi, tendono ad essere determinate e in-fluenzate molto dal modo in cui è fatta la domanda più che dalla volontà e dal ricordo dell’intervistato, quindi possono essere fuorvianti (Ceci e Bruck, 1995; Bruck, Ceci e Hembrooke, 1998; Poole e Lamb, 1998; Lamb et al., 1999; Wood e Garven, 2000; Bull, 2000; Mazzoni, 2000; Gulotta et al., 2000; Stemberg et al., 2001;Lamb et al., 2002; Krahenbuhl e Blades, 2005;  Mazzoni e Ambrosio, 2003; De Cataldo)
In particolare, se si ha a che fare con un bambino di circa 10 anni, rispetto ad un bambino di circa 4 anni, diminuisce della metà la percentuale d’errore e di un terzo se paragonata a quella di un adulto
In genere, quindi, queste domande devono essere usate solamente come ultima risorsa e non sono consigliate nel caso di interviste su bambini perché si forzerebbe troppo facilmente la loro volontà nel rispondere liberamente.
Nella fase della conoscenza del bambino una domanda suggestiva potrebbe compromettere dall’inizio il rapporto con l’intervistatore e le risposte che darebbe sarebbero di scarsa attendibilità perché il bambino tenderebbe a non rispondere con proprie parole.
-           Bisogna ricordare sempre che il minore, soprattutto se ancora bambino, darà risposte valide e coerenti se le domande che gli verranno rivolte sono poste da persone di cui si fida e che lo faranno sentire tranquillo. Quindi, la primissima fase dell’intervista, sarà sempre volta ad acquisire la sua fiducia. Nella fase finale invece si cercherà di lasciarlo in una situazione psicologica positiva.
-           Bisogna sapere che, non essendo le tecniche dell’intervista le stesse di una conversazione casuale, esse dovranno essere frutto di uno specifico studio e di una sperimentazione preventiva. Da qui va da sé che l’intervistatore deve avere una preparazione tecnica specifica e una formazione continua.
-           Bisogna sapere che, essendo la memoria del minore molto accurata ma povera e facilmente malleabile, non ci devono essere interferenze da parte di chi fa le domande. Ciò potrebbe portare ad errori anche irreversibili nell’esporre e nel ricordare il fatto.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve forzare il bambino facendo un nome in particolare.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve accettare la risposta negativa alla sua aspettativa e avere la pazienza di aspettare l’articolato del minore.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve accettare anche risposte incerte come “non so” o “non mi ricordo”
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve “consigliare” un nome particolare al minore, ad esempio quello della persona che pensi  essere il maggior indiziato  o immettendo in un ricordo quello di una persona in particolare. “Se ci fosse stata la tale persona come ti saresti comportato?”
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve ripetere una domanda molte volte per costringere il bambino a rispondere facendo capire che le risposte date in precedenza non erano di suo gradimento o insoddisfacenti.   Infatti il ripetere molte volte la domanda è sicuramente un fattore di rischio e distorsione delle sue risposte e quindi dei suoi ricordi, dando così sicuramente adito ad errori che, essendo incorporati nello stesso sforzo del “ricordare continuo”, diventeranno alla fine parte del ricordo stesso e percepiti come verità.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve fare commenti  (feedback) su una risposta sia positiva che negativa in modo da sollecitarne un’altra che si crede sia quella giusta dando soddisfazione al bambino, magari gratificandolo con un “bravo, bene, giusto….”
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve contraddire l’intervistato cercando di fargli dire il contrario di quello che pensa. portando altre testimonianze contrarie, ad esempio di un suo amico o di un genitore o comunque di  una persona che stima o che ama.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve far credere all’intervistando che chi fa le domande sappia già le risposte in modo da fargli dire quello che l’adulto pensa a priori.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve usare l’articolo determinativo anziché quello indeterminativo. “Hai visto l’uomo fare una cosa…” anziché “hai visto un uomo fare una cosa….”
Da Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 
“E' per questo motivo che, in particolare con bambini, si assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che, se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni [...] l'implicare che l'intervistatore già conosce i fatti, e il testimone deve solo confermare quello che l'intervistatore già sa. A questi errori grossolani molti altri se ne aggiungono, sia grossolani che sottili, quali ad esempio l'uso dell'articolo determinativo anziché indeterminativo; il suggerire al testimone fatti prima che sia il testimone stesso a parlarne spontaneamente”
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve suggerire neppure fatti, circostanze, luoghi ecc. prima che l’intervistando li faccia spontaneamente. Bisogna infatti tenere sempre presente che tutti i bambini (e anche in parte gli adulti) possono cambiare idea e quindi versione in base ad eventuali suggerimenti imposti consciamente o inconsciamente dagli intervistatori ed è noto che il grado di influenzabilità del minore è inversamente proporzionale alla sua età. Ciò non significa che il bambino non sia in grado di testimoniare ma certamente, se l’intervistatore non è molto attento, potrebbe rischiare in qualsiasi momento di condizionare le sue risposte. Se le domande sono poste correttamente, le risposte saranno coerenti. L’intervistatore deve anche stare molto attento ad “aiutare” il bambino a selezionare i suoi ricordi e ad organizzarglieli in quanto questi potrebbero anche venire modificati e deformarti senza che il minore se ne accorga.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore o gli intervistatori del bambino devono evitare di parlare del fatto che si vuole accertare nei suoi particolari aspetti dettagliandoli, né pensare di farlo fare al bambino, perché nel corso dell’intervista questi potrebbe aver acquisito informazioni particolari che fino ad allora non aveva, cominciando di sua iniziativa ad inventare per rendere il racconto ancora più credibile anche se in realtà tutto ciò sarebbe solo frutto di una sua fantasia estrapolata dai fatti stessi in quanto questi ultimi annoverano sia quelli originari che quelli appresi successivamente da altri e anche dall’intervistatore stesso. È importante quindi che, se il bambino inizia a dettagliare troppo i racconti, fermarlo con cautela.  Bisogna in definitiva evitare il più possibile azioni induttive: al riguardo si deve tener presente che, se prima dei 6 anni la paura del bambino che mente è quella di essere punito, solo dopo sviluppa in sé l’importanza che “non lo si deve fare” e comincia ad avere i cosiddetti “sentimenti morali”,  il senso di colpa e di vergogna. 
-           Bisogna sapere che tutto ciò che si vuole sapere dovrà comunque essere accertato senza fretta, per gradi, magari in sessioni di ascolto prolungate e comunque quante ne servono, per non stressare ulteriormente il bambino. Uno stress eccessivo infatti può incidere notevolmente sulla qualità delle risposte, sulla sua percezione e sul suo ricordo.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve pensare di aver capito prima che l’intervistando abbia finito di parlare, magari anche interrompendolo mentre parla, creando così diversivi che possano suggerirgli una sua linea di condotta.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve interpretare quello che dice l’intervistando in modo personale per affermare una propria aspettativa.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve interpretare in modo parziale o esteso quello che il testimonio afferma, ma attendere la fine della testimonianza per capire e relazionare.
-           L’intervistatore deve tener presente che questi errori vengono fatti frequentemente per due motivi:
  • Perché queste modalità di intervista e quindi questi elementi d’errore sono onnipresenti e assai frequenti nel colloquio di ogni giorno, quindi anche nel parlare corrente. In pratica bisogna saper ascoltare, parlare il meno possibile e lasciare l’intervistando libero di esprimersi come meglio vuole e sa fare.
  • Perché fanno parte del modo tipico di ragionare degli uomini.
Sappiamo che il nostro ragionamento si basa su due processi tipici: uno deduttivo e uno induttivo per cui nel primo caso la nostra mente parte da principi generali per arrivare ad una risposta particolare e nel secondo caso partiamo da singoli ragionamenti per arrivare a generalizzare. 
Per scendere nel concreto: la tendenza dell'uomo è di iniziare con delle ipotesi, e poi utilizzare i dati per confermare queste ipotesi.
-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve avere una formazione continua e specifica e maestri molto preparati  nella materia per ridurre il più possibile il rischio di errori grossolani, continuati ed evitabili se si seguissero le linee guida esistenti.
-           Bisogna fare molta attenzione alla scelta dei test da somministrare ai bambini. “L’indagine psicologica - leggiamo su Psicologia e Diritto- potrà avvalersi di test (di personalità, neuropsicologici e proiettivi) basati su performance del soggetti (performance based) o sulla capacità di auto-descriversi (self report) […]”
-           Bisogna sapere che agli occhi del  bambino la figura dell’intervistatore riveste quasi sempre un ruolo autoritario. Se quest’ultimo, quindi, cattura il suo sguardo potrebbe direttamente o indirettamente fornire già una risposta alle domande poste e i bambini tenderanno ad avallarla e a farla propria mettendo a rischio la validità dell’intervista. Quindi è necessario che l’intervistatore non esageri mai in questo suo modo di reggere lo sguardo del bambino.  

Vogliamo infine sottolineare due importanti passaggi nell’intervista di un minore, passaggi spessissimo ignorati e recanti ogni vota problematiche su e per l’intervista stessa.
Intendiamo parlare del momento dell’accoglienza e di quello della chiusura dell’intervista.

La fase dell’accoglienza
Il rapporto intervistatore/intervistato si può creare incominciando con una chiacchierata informale, magari con argomenti non attinenti al fatto specifico della futura intervista o anche introducendone altri che lo divertono e lo interessano, oppure  facendolo interessare agli strumenti di ripresa, videocamere o luci o ad altro. Parlando lo si deve sempre rassicurare dicendogli, ad esempio, che lui è lì non perché abbia fatto qualcosa di male.
Altra cosa che si deve fare prima della vera e propria intervista è la preparazione del minore allo specifico momento successivo, tenendo comunque sempre presente la sua età: è bene dargli un minimo di spiegazioni su cosa andrà a fare e come l’andrà a fare, le persone che saranno con lui nell’occasione, i tempi, i luoghi e quindi la presentazione al minore delle persone che sono in stanza chiamandole per nome.
Bisogna quindi raccontare fin da subito al bambino cosa sta succedendo ovviamente parlandogli nella lingua che comprende meglio e nella maniera più consona alle sue caratteristiche psicofisiche.
Se c’è un agente di polizia, cosa comunque in genere sconsigliata, deve essere senza divisa e l’intervistatore ne spiegherà il suo ruolo chiarendo al bambino, che per la sua presenza potrebbe pensare di aver fatto qualcosa di male, che non è così e che non deve assolutamente essere in apprensione.
Al bambino più piccolo si chiarirà che ci sono altre persone che vorrebbero sapere cosa dirà per aiutarlo se ne avesse bisogno, e che la videoregistrazione servirà a semplificare il tutto senza bisogno di ripetere l’intervista più volte.
Con cautela lo si deve informare che comunque ci sono delle regole di base che si devono rispettare affinché tutti siano soddisfatti dell’intervista, cercando quindi di farlo partecipare, magari anche con enfasi, senza mai, comunque, caricarlo di responsabilità per la buona riuscita dell’incontro. In questa fase sarebbe bene capire anche se il minore sa distinguere il vero dal falso e quale è la sua conoscenza cognitiva ed emozionale e la capacità di stare insieme ad altri.
           
La chiusura dell’intervista
            La chiusura dell’intervista deve avvenire -sia nel caso in cui sia definitivamente finita, sia se si decida di interromperla rendendosi conto che gli accertamenti cominciano a causare nel minore disagi evidenti perché in e che le sue risposte saranno comunque condizionate dal suo stato psicofisico- seguendo alcune fasi:
Prima fase:
  • se c’è un secondo intervistatore bisogna che i due si confrontino su ciò che è avvenuto. 
I due intervistatori, dopo essersi consultati e confrontati si dovranno chiedere se ci sono altre domande da fare al bambino e se è tutto chiaro.
  • I due si dovranno anche chiedere se hanno compreso a pieno le risposte del bambino e quindi se questi abbia fatto un racconto significativo ed esauriente ai fini della ricerca che si voleva effettuare. 
Seconda fase:
  • bisogna fare un  riassunto di tutta l’intervista
La relazione va fatta usando le stesse parole del bambino e non altre, come quelle dei “grandi” che potrebbero condurre a significati particolari, magari estrapolandoli dalle parole del minore. Non ci devono essere comunque nell’intervista parole che non si riescano ad interpretare a pieno, quindi, in fase di intervista bisognerà fare attenzione a chiedere al bambino il significato delle parole che non sono più che comprensibili da coloro che lo stanno interrogando. Infine non bisogna assolutamente dare l’impressione al minore di non aver fatto tutto il suo dovere anche se dall’intervista non è emerso alcunché di utile all’inchiesta in corso.
Terza fase:
  • bisogna gratificare il bambino per il suo intervento ringraziandolo, rassicurarlo cercando di non farlo sentire in colpa per quello che ha detto.
  • Non congedarlo immediatamente e, come per l’accoglienza, non avere fretta nel salutarlo soprattutto se è l’intervistato ad avere urgenza personale di andare via.
  • dopo aver ringraziato l’intervistato per la sua collaborazione i due intervistatori dovranno chiedergli se ha domande da rivolgere loro.
  • In genere i bambini s’informano di cosa succederà dopo l’intervista. Tutte le risposte devono essere perfettamente comprensibili al minore e rassicuranti. Nello stesso tempo bisogna fare molta attenzione che nell’enfasi dei saluti non si facciano promesse che non siano realizzabili.
  • Prima di congedarsi sarebbe anche opportuno lasciare ai suoi accompagnatori il numero di telefono di rifermento che servirà soprattutto per essere ricontattati se il bambino ricorderà altri fatti che non ha esposto fino ad allora.

Per concludere ci chiediamo quanti Assistenti Sociali, Psicologi, Psichiatri e anche Giudici e Periti di parte che ci assistono nei contenziosi giudiziari, così come gli stessi Periti del tribunale che devono relazionare e gli Avvocati stessi e in genere tutti professionisti coinvolti siano in grado di accorgersi se l’intervista su un minore sia stata/non sia stata effettuata correttamente e, in questo ultimo caso, se sia completamente irregolare: l’irregolarità in questi casi porta sempre a conseguenze disastrose per intere famiglie che si vedono allontanare i loro figli con relazioni basate su errori madornali che invece si potrebbero evitare se questi professionisti si aggiornassero e fossero obbligati seriamente ad una formazione continua e seria.
Per quanto mi riguarda porterò all’attenzione dei Parlamentari il problema, ma come al solito rilevo, non ho dati recenti su quale sia la reale situazione in merito agli affidamenti in Italia, informazione che il Ministero ci dovrebbe dare.
Nell’ultimo mio intervento in audizione in Commissione Infanzia ho parlato proprio di questa assenza di informazione e delle conseguenze che derivano da questa mancanza (vedasi nel mio Blog Giuridico e Sociale all’indirizzo: http://affidamentiminorili.blogspot.it/search?updated-min=2015-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2016-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=3 )
Non avendo questa informazione non ci è permesso di trovare soluzioni se non enunciando, come abbiamo fatto, almeno una giusta prassi per intervistare i minori nelle circostanze degli affidamenti e degli abusi che potrebbero aver subito o che al contrario non hanno subito e, in questo caso, la realtà dei fatti si strumentalizza attraverso relazioni che non hanno attendibilità.  
Tutto ciò che abbiamo in merito sono i “Quaderni” editi fino al dicembre 2012 che riportano una sorta di statistiche che, a detta del Ministero stesso, sono anche di dubbia attendibilità in quanto non tutte le informazioni richieste sono arrivate a chi ha stilato le relazioni e -mi permetto di aggiungere- non trovo affatto soddisfacente il modo con cui le stesse informazioni sono state reperite per redigere i quaderni stessi.
Ciò nonostante siamo certi, per esperienza oramai decennale sul campo, che sono moltissime le Famiglie italiane che ogni giorno subiscono soprusi a causa dell’ignoranza di molti professionisti che lavorano in deroga al loro obbligo di informazione e formazione continua a cui dovrebbero sottoporsi.
Naturalmente con questo non si vuole certamente generalizzare questa situazione: in questi anni ho conosciuto tanti professionisti competenti che svolgono il loro lavoro dignitosamente.
Mi rivolgo unicamente a coloro che non onorano la professione e che criminalmente offendono ogni giorno la dignità, l’onorabilità e la genitorialità di molti Italiani.



Nota:
Nota dell'Autore: Si declina ogni responsabilità per eventuali errori e/o omissioni e/o inesattezze nonché modificazioni intervenute dopo la pubblicazione della presente, non essendo una fonte ufficiale.


[1]L’ascolto del minore testimone Psichiatria”, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 a cura della Società Italiana di Criminologia Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni - Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza - Società Italiana di Neuropsicologia - Società Italiana di Psichiatria - Società di Psicologia Giuridica – in
[2]Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; Pag.15

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