mercoledì 4 settembre 2019



Il convegno di Mentana 
Galleria Borghese
14/09/2019
Ore 10,00-13,00


Nota esplicativa della delibera sugli affidamenti di minori.

         La Delibera sugli Affidamenti Familiari che è stata presentata in Consiglio e approvata all’unanimità, intende promuovere, anche alla luce della raccomandazione 223.2 delle “Linee nazionali di indirizzo sull’affidamento familiare” la realizzazione di progetti finalizzati a diffondere sul territorio una politica positiva sul tema dell'affidamento familiare quale modalità prioritaria ed alternativa all'inserimento in struttura dei bambini.
         Il Comune di Mentana intende quindi incoraggiare in via prioritaria tutte le attività finalizzate a prevenire gli allontanamenti attraverso la sensibilizzazione, la formazione e il sostegno di tutte le professionalità che collaboreranno all’oggetto della Delibera. 
         Lo scopo della Delibera che è stata sottoposta al Consiglio Comunale è un lavoro riparativo sulle famiglie bisognose di assistenza, individuando nel contempo, le modalità, le responsabilità, le funzioni e i compiti soprattutto del nostro Servizio Sociale che dovrà basare il suo intervento sulle Linee di indirizzo del Ministero del Lavoro recepite dalla Regione Lazio con DGR n°148 del 02/03/2018, sui successivi Regolamenti del 2 Marzo 2018 e nel rispetto della Legge 184 del 04/05/1983 e segg., “Diritto del bambino alla propria famiglia”.
Per un produttivo lavoro del servizio sociale e quindi degli assistenti sociali si proporrà un Regolamento che garantisca alle famiglie e ai minori coinvolti tutti i loro diritti e soprattutto la possibilità che i bambini non vengano allontanati dai loro genitori se non in casi gravissimi e adeguatamente documentati.
         La delibera promuoverà altresì la programmazione delle “risorse accoglienti”, intendendo con questo termine tutte quelle forme di accoglienza legate alla “vicinanza solidale” che si affiancano alle famiglie vulnerabili e che si caratterizzano per la dimensione relazionale e la temporaneità.
         L’affidamento familiare sarà inteso come una forma di intervento ampia e duttile che consisterà nell’aiutare e sostenere una famiglia che attraversa un periodo di difficoltà contingente nel recupero delle sue capacità genitoriali, garantendo nel contempo al loro figlio, attraverso varie forme di assistenza affetti e cure necessarie per un suo più sano e ampio sviluppo.
         L’Affidamento Familiare sarà realizzato con la creazione di un “Albo delle Famiglie Affidatarie.
         Nel caso di affidamento familiare sarà comunque sempre prioritario l’intento di conservare i vincoli affettivi tra bambino e famiglia d’origine che verranno mantenuti e sollecitati, poiché, deve essere chiaro, che il fine dell’affidamento è il ricongiungimento familiare. Tale mantenimento sarà garantito prioritariamente da un intervento multidisciplinare che tutelerà sia il bambino che la famiglia naturale.         L’affidamento familiare, nell’intenzione della presente delibera, intenderà essere sia strumento preventivo degli stati di cronico disagio familiare, sia un intervento evolutivo in situazioni di crisi, rappresentando in entrambi i casi l’opzione da privilegiare rispetto al collocamento del bambino presso le strutture residenziali. 
         L’affidamento familiare si articolerà in una pluralità di tipologie d’intervento per fornire risposte adeguate ed appropriate ai differenti bisogni del bambino e della sua famiglia e tutte faranno riferimento alla stessa finalità della ricomposizione delle relazioni familiari del bambino con la sua famiglia naturale.
         Qualora il rientro nella famiglia d’origine non sarà possibile, l’affidamento accompagnerà il ragazzo nel percorso verso l’autonomia personale e socio-economica, assicurandogli comunque la rielaborazione della propria esperienza familiare, mantenendo contatti e favorendo incontri periodici con i suoi familiari, i suoi amici e con quanti lo hanno accompagnato nel suo percorso, secondo modalità definite dal Tribunale nel migliore interesse del bambino, così come stabilito dalla legge n°173/2015.
         Nell’intento della presente delibera saranno tenuti presente i diritti  del bambino ad essere adeguatamente preparato ed ascoltato ai fini della predisposizione del “Progetto Quadro” e dell’eventuale “Progetto di Affidamento” che lo riguardano, quindi avrà le informazioni necessarie alla comprensione del progetto stesso, manterrà, come abbiamo già detto,  i rapporti con la propria famiglia d’origine ove non vi sia controindicazione da parte dell’Autorità Giudiziaria e nelle modalità da questa indicate. Infine, nel maggior interesse del bambino, si farà in modo che  mantenga sempre anche i rapporti con la famiglia nella quale è andato in affidamento, anche a conclusione del progetto stesso.
         La famiglia naturale del bambino avrà sempre il diritto di conoscere le finalità generali dell’affidamento ed avere comunicazione tempestiva e consultazione circa le decisioni in merito al figlio/a e all’intervento di affidamento stesso, comprese le informazioni sulla famiglia affidataria.
         Il Servizio Sociale avrà come priorità di mantenere il rapporto significativo del bambino con la famiglia naturale e di favorire i rapporti con la famiglia affidataria tenendo ogni volta presente che nelle relazioni all’Autorità Giudiziaria verrà privilegiata la proposta per un possibile recupero della famiglia originaria attraverso tutte le possibilità di assistenza e aiuto che si potrà e si dovrà darle. Nel caso d’impossibilità di un recupero immediato della famiglia e quindi di un successivo affidamento del bambino presso un’altra famiglia il servizio sociale si adopererà comunque per un suo ritorno a casa massimo entro 24 mesi, così come recita l’art.4 comma 4 della legge 184/1983 e segg.
         Come da disposizioni del DGR della Regione Lazio 148 del 2 marzo 2018 i servizi sociali, attraverso il monitoraggio delle situazioni di bambini ospiti nelle strutture residenziali, si attiveranno anche, ove sia possibile e opportuno, a dimissionare gli stessi per un loro ritorno presso i genitori naturali, o a redigere un progetto di aiuto semi-residenziale (doposcuola ecc.) o in ultima analisi un’accoglienza presso una famiglia affidataria.
         I genitori naturali del bambino, sempre negli intenti della presente Delibera, parteciperanno alla messa a punto del “Progetto Quadro” e del “Progetto di Affidamento”, e usufruiranno del sostegno e degli interventi non solo dei Servizi Sociali istituzionalmente competenti ma anche di altri servizi specialistici. Parteciperanno, fra l’altro, alla scelta, ascoltato il bambino, dell’indirizzo scolastico, e saranno sempre informati sull’andamento didattico del loro figlio, così come della sua salute e parteciperanno alle decisioni di eventuali trattamenti chirurgico-sanitari.
         La famiglia affidataria sarà considerata una risorsa in ogni progetto di affido e rappresenterà una “famiglia in più” che non si sostituisce e non si pone in alternativa alla famiglia d’origine del bambino. Gli affidatari che si renderanno disponibili per l’affidamento saranno scelti fra le famiglie che abbiano ricevuto una formazione specifica sull’Affidamento Familiare e disposte a partecipare, attraverso un valido rapporto educativo ed affettivo, ad un sano sviluppo psico-fisico del bambino, assicurando il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e la cura delle relazioni affettive, provvedendo alle necessità di prevenzione e tutela della sua salute e soprattutto alla disponibilità a mantenere un continuo rapporto con la famiglia di origine ed a favorire il rientro del bambino presso i suoi genitori naturali secondo gli obiettivi definiti nel “Progetto Quadro”, impegnandosi a mantenere, se positive, le relazioni affettive maturate durante l’affidamento.
         La famiglia affidataria sarà informata circa la situazione del bambino che viene proposto per l’accoglienza e sul progetto elaborato chiedendo nel contempo anche un coinvolgimento dei loro figli conviventi.
         I servizi sociali si adopereranno affinché questa famiglia possa usufruire, se lo richiede e se lo necessita, della collaborazione dell’associazionismo familiare del Terzo Settore anche nei rapporti ordinari con l’istituzione scolastica e sanitaria, usufruendo, se opportuno, del supporto delle procedure istituzionali e/o burocratiche dei servizi competenti.
         La famiglia affidataria dovrà anche essere tutelata nella propria sfera di riservatezza, così come lei dovrà garantire la stessa riservatezza circa la situazione del bambino in affidamento; dovrà altresì collaborare con le istituzioni competenti, come il Tutore e il Tribunale per i Minorenni in tutte le decisioni che riguardano il bambino loro affidato potendo anche presentare al riguardo memorie scritte (art. 4 comma 5 bis e seguenti della legge n° 184 del 1983 come modificata dalla legge n°173 del 2015).
         Il comune di Mentana, nell’ambito dell’intento della Delibera in discussione si adopererà a valorizzare un preciso spazio di collaborazione distrettuale con il privato sociale, il Terzo Settore, le reti di associazioni familiari, e i gruppi di famiglie volontarie aggregate attraverso specifici protocolli d’intesa per le attività di informazione, sensibilizzazione e promozione dell’affidamento familiare sul territorio.
         Il servizio sociale, attraverso il confronto con i cittadini provvederà al mantenimento della motivazione dei progetti sull’affidamento familiare sul territorio, ad accompagnare ed a sostenere gli operatori e le famiglie coinvolte, promuovendo soprattutto tutte le attività finalizzate a prevenire gli allontanamenti dei bambini dalla loro famiglia.
         Ai fini dell’adozione dei provvedimenti che si riterranno necessari per la predisposizione ed attuazione del “Progetto Quadro” e del “Progetto di Affidamento” sarà assicurata  l’interazione della nostra amministrazione competente con il Servizio Distrettuale nelle forme più adeguate, da concordarsi con appositi protocolli. La stessa interazione sarà assicurata con il Giudice Tutelare, il Tribunale per i Minorenni e il Tribunale Ordinario, nell’ambito dei procedimenti di rispettiva competenza.
         In particolare i nostri servizi sociali in collaborazione con il personale dei componenti servizi della ASL avranno il compito di:
- individuare le situazioni di crisi familiare, che pongono esigenze di cura alternative alla permanenza in famiglia dei figli di minore età, eventualmente affrontabili attraverso l’affido;
- effettuare la valutazione delle competenze genitoriali della famiglia di origine, del contesto familiare e della situazione del bambino;
- predisporre  il “Progetto Quadro” relativo alla famiglia del bambino e il “Progetto di Affido” con la definizione delle motivazioni, dei tempi degli interventi e degli obiettivi realisticamente perseguibili per la modifica delle situazioni critiche all’interno delle famiglie d’origine ritenuti necessari per il raggiungimento degli obiettivi di benessere del bambino/ragazzo e del recupero della famiglia naturale;
- attivare e curare, in coordinamento funzionale con il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare, le comunicazioni con l’Autorità Giudiziaria competente;
- inviare, d’intesa con il Servizio Distrettuale, la comunicazione di avvio dell’affidamento familiare all’Autorità Giudiziaria che lo ha disposto;
- attivare il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare per l’individuazione della famiglia affidataria più idonea per quello specifico bambino/ragazzo tenendo conto dell’ambito culturale e sociale d’origine del bambino stesso (religione, abitudini, amicizie ecc.);
- stipulare l’accordo con la famiglia affidataria sull’affidamento del bambino;
- attuare gli interventi a sostegno del bambino, della famiglia d’origine, della famiglia affidataria stabiliti nel “Progetto Quadro” e nel “Progetto di Affidamento”;
- assicurare il mantenimento dei rapporti del bambino con la famiglia d’origine;
- fornire al Servizio Distrettuale una relazione semestrale sull’andamento dell’affidamento del bambino, anche per i fini di aggiornamento della Banca dati;
- affiancare il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare nell’elaborazione delle scelte strategiche e nel recepimento dei dati ad esso necessari per la programmazione;
- collaborare con il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare alla realizzazione delle attività da esso indicate;
         Nell’attuazione della presente Delibera si proporrà che il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare, dopo aver predisposto il relativo Piano di Attuazione, abbia  il compito di fornire un proficuo raccordo funzionale con l’Associazionismo Familiare, il Terzo Settore e altri attori del territorio per la realizzazione delle diverse attività a supporto dell’affidamento familiare e, con le Equipe territoriali, di  attuare  l’organizzazione e l’erogazione, anche di forme di supporto individuali e collettive alle famiglie affidatarie (es. gruppi di mutuo aiuto, formazione, ecc.), di sostenere la cultura dell’affidamento familiare, il reclutamento delle famiglie affidatarie, l’organizzazione di percorsi di conoscenza e formazione per le famiglie affidatarie,  di essere il riferimento delle comunicazioni con l’Autorità Giudiziaria.
         Il Comune di Mentana proporrà altresì l’attuazione di una Banca Dati Distrettuale, allo scopo di fornire tutte le informazioni necessarie per la gestione dell’affidamento familiare e della fornitura di tutta la documentazione statistica/finanziaria necessaria alla programmazione distrettuale e regionale nonché il monitoraggio e la valutazione delle attività svolte e da svolgere.
         L’attuazione della presente Delibera prevederà anche in conformità alla Legge 184/1983 e segg. e al Regolamento della Regione Lazio 2 del 4 marzo 2019 le seguenti modalità di intervento:
a) l’aiuto preliminare alla famiglia in difficoltà per evitare l’allontanamento del bambino
b) l’affidamento diurno: quando il bambino trascorre parte della giornata con gli affidatari e la sera ritorna nella sua famiglia d’origine;
c) l’affidamento parziale: quando il bambino trascorre solo un periodo di tempo dell’anno (es. fine settimana, i mesi estivi) definito con gli affidatari;
d) l’affidamento di emergenza/ponte: quando il bambino viene collocato in via d’urgenza in una famiglia affidataria per il tempo necessario a predisporre un progetto individualizzato da parte dell’Equipe territoriale istituzionalmente competente. Si tratta di affidamenti di durata breve: poche settimane nel caso degli affidamenti di emergenza, alcuni mesi, massimo un anno per gli affidi ponte;
e) l’affidamento di minori con particolari complessità: quando il bambino, a causa di speciali bisogni di accudimento/educativi (a titolo esemplificativo MSNA, adolescenti, bambini con disabilità) deve essere collocato in un nucleo familiare a cui vengono richieste particolari competenze educative e di tempo;
f) l’affidamento residenziale: quando il bambino risiede o è collocato stabilmente con gli affidatari in attesa dell’attuazione di un progetto per farlo ritornare presso i suoi genitori naturali;
         Gli interventi di cui abbiamo parlato saranno sempre, tranne nei casi già stabiliti dall’Autorità Giudiziaria, preceduti da un “Progetto Quadro” e, se sarà opportuno, da un “Progetto di Affidamento”.
         Il “Progetto Quadro”, così come descritto dagli stessi regolamenti regionali sarà elaborato dall’Equipe territoriale in forma condivisa, riguarderà l’insieme coordinato ed integrato degli interventi sociali, sanitari ed educativi finalizzati a promuovere il benessere del bambino e a rimuovere la situazione di rischio o di pregiudizio in cui questi si trova. Tali interventi saranno rivolti direttamente al bambino e alla sua famiglia naturale, all’ambito sociale e alle relazioni in essere o da sviluppare fra famiglia, bambino e comunità locale.
         Il “Progetto Quadro” comprenderà una parte descrittiva delle valutazioni diagnostiche e prognostiche riguardo la famiglia del bambino, una di definizione degli obiettivi, una di descrizione delle azioni che andranno intraprese, una dei soggetti, una delle responsabilità e una dei tempi.
         Nelle situazioni in cui è prevista l’attivazione dell’affidamento familiare il “Progetto Quadro” includerà uno specifico “Progetto di Affidamento familiare” che conterrà gli obiettivi socio-educativi legati all’esperienza dell’affidamento familiare, alla permanenza del bambino nella famiglia affidataria, ai rapporti fra la famiglia affidataria e la famiglia d’origine e con i servizi; vengono inoltre definiti con chiarezza i tempi e le responsabilità di ciascuno di questi soggetti e vengono descritte le specifiche attività rivolte a rinsaldare il legame tra il bambino e la famiglia d’origine.
         Il “Progetto di Affidamento Familiare” conterrà i dispositivi di supporto al bambino, alla famiglia d’origine e al nucleo affidatario quali:
- il servizio di educativa domiciliare;
- la partecipazione/attivazione di un gruppo di mutuo aiuto di genitori;
- l’attivazione di una famiglia d’appoggio;
- la realizzazione di percorsi di cura e di sostegno individuali e di gruppo con operatori rivolti sia ai genitori che ai bambini/ragazzi;
- le forme di collaborazione con le istituzioni scolastiche, finalizzata all’inclusione e al benessere del bambino/ragazzo a scuola;
- supporto al percorso di autonomia per ragazzi quasi/neo-maggiorenni;
- il sostegno e la facilitazione alla partecipazione ad attività sociali, culturali, sportive, artistiche, ecc.;
- l’organizzazione e predisposizione di attività/incontri per la continuità degli affetti;
- l’attivazione di altre misure sociali di sostegno alla famiglia d’origine quali il Reddito di Inclusione;
         Il “Progetto Quadro” e il “Progetto di Affidamento” in esso contenuto sarà condiviso e sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti quali il Servizio Distrettuale per l’affidamento familiare, la famiglia d’origine, la famiglia affidataria, gli organismi del Terzo Settore, e tutti gli altri servizi o associazioni eventualmente citati nel progetto che sarà anche monitorato a cadenza trimestrale.

         Il Comune di Mentana, con la presente Delega, si farà anche promotore e portavoce presso gli altri comuni del Distretto di tutti gli aspetti pratici e organizzativi per l’attuazione dell’Affidamento Familiare  e  la sua definizione.

Dr. Massimo Rosselli del Turco
Delegato del Sindaco per la Tutele dei Diritti dei Minori

martedì 23 luglio 2019


7
 Una disfunzione del sistema giuridico

Il Tribunale dei Minorenni dopo la sentenza primo grado decide quasi sempre di sospendere le visite genitori-figli senza aspettare la conclusione dei tre gradi di giudizio..



Tempo fa ho conosciuto dei genitori a cui avevano tolto i figli. Lo stesso tribunale solo sette mesi prima dell’allontanamento aveva decretato che i bambini dovessero vivere con La madre e che il padre potesse continuare a vederli.
Il padre è un dipendente del Ministero della Difesa, una persona stimata e perbene; il suo colonnello comandante diceva di lui con un attestato di rendimento di servizio:“ Il sig.[…] durante il periodo di servizio presso questo comando, ha sempre svolto la propria attività lavorativa con regolarità, impegno, eseguendo quanto richiestogli nei tempi e nelle modalità indicate. Ha dimostrato inoltre, di essere un corretto collaboratore, pacato nei modi, educato e disponibile nei confronti dei colleghi”.
Ho conosciuto anche la casa dove abitano ancora, che è dignitosa, pulita e in ordine ed ho letto tutti gli incartamenti giudiziari e, a mio parere, niente poteva far pensare ad un allontanamento dei loro bambini che avevano, peraltro, più volte chiesto di tornare dai genitori. Che io sappia, sono ancora rinchiusi in una comunità senza poterli riportare a casa
Questa la sentenza:
[n.d.r. il Tribunale] P.Q.M.
“Dichiara [I genitori] decaduti dalla responsabilità genitoriale [e] lo stato di adottabilità dei minori predetti, con l’interruzione, graduale, dei rapporti tra gli stessi, i genitori, ed i rispettivi nuclei familiari […]”
Qualche giorno dopo i Servizi Sociali scrivono:
“Questo ufficio sociale in accordo con la casa famiglia […] stabilisce che a decorrere da martedì 13 dicembre p.v. i minori […] possono incontrare il padre [n.d.r. solo il padre e non la madre] nei seguenti giorni in vista dell’interruzione dei rapporti: Martedì 14 dicembre p.v. dalle ore 16,30 alle ore 17,30 e mercoledì 28 dicembre p.v. dalle 16.00 alle 17.00.”
Immaginate l’ultimo incontro?
Potete pensare di vedere i vostri figli un’ultima volta quel giorno e poi mai più?
Potete immaginare degli orfani con i genitori ancora in vita?
Tutto questo accade dopo la sentenza di primo grado, prima che sia finito il giudizio che potrebbe durare altri anni fino alla sentenza definitiva di Cassazione.
Allora il paradosso quindi ci dice che:
I bambini, dopo anni che non vedono la famiglia, in teoria, potrebbe ritornare a casa e il tribunale potrebbe dire che non dovevano essere allontanati!?
Ovviamente questo non succede quasi mai perché a questo punto la Cassazione di solito decide di allontanare definitivamente i bambini dalla famiglia e  mandarli in adozione….questo ovviamente nel "maggiore interesse dei minori!"
Questa la motivazione più usata: “Dopo anni, come si può togliere un bambino da un ambiente in cui vive da cosi tanto tempo! Oramai la sua famiglia è quella dove vive ora!”
Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro. Così infatti è stato tante volte e sarà.


domenica 21 luglio 2019


6
 Una disfunzione del sistema giuridico

Il Tribunale dei Minorenni decide la decadenza della responsabilità genitoriale e allontana una bambina dalla mamma e dal papà. La Procura non rimanda nemmeno a giudizio i genitori e dice che vogliono molto bene alla figlia che ora però è incredibilmente in adozione.



Il Tribunale dei Minorenni allontana una bambina con una sentenza mettendo in dubbio la loro genitorialità e aggiunge che non possono tenere con loro la piccola figlia di nove anni che finisce in una comunità.
Dopo la sentenza arriva anche la Procura, perché, se è stata allontanata una bambina, i genitori potrebbero essere anche maltrattanti?
Mesi di indagini anche della Procura e alla fine i due non vengono nemmeno rimandati a giudizio con queste parole:
gli elementi in atti [sono] insufficienti, e comunque ampiamente inidonei a sostenere l’accusa in giudizio […] Va ricordato che le indagini hanno escluso qualsiasi maltrattamento fisico (percosse abituali) dei genitori nei confronti della figlia, ed è anzi emerso un profondo attaccamento degli stessi (soprattutto della madre) a […]. Non sono state riscontrate in alcun modo neanche vessazioni di carattere psichico (ingiurie e minacce)”.

sabato 20 luglio 2019


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Una disfunzione del sistema giuridico

Il Tribunale dei Minorenni sa di essere incompetente e lo dice in sentenza solamente quasi un anno dopo.



Due bambini vengono allontanati dalla propria mamma con una denuncia fatta da una parente del padre separato e in contenzioso giudiziale (separazione) con la moglie.
I Servizi Sociali, dopo aver attivato un allontanamento ex art.403 c.c., relazionano al Pubblico Ministero del Tribunale dei Minorenni.
Le parti fanno presente che il tribunale è incompetente perché è in corso un contenzioso per la separazione dei coniugi nel tribunale civile (ex Art. 38 delle Disposizioni Attuative c.c.), ma lui continua a lavorare parallelamente al tribunale competente con una duplice spesa per l’erario. Dopo quasi un anno il Tribunale dei Minorenni con la firma dello stesso giudice istruttore che aveva firmato il decreto provvisorio, emette finalmente una sentenza in cui si proclama incompetente.
 “Sono di competenza del Tribunale per i Minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del Tribunale per i Minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario.[…]” [1]
In tutto questo periodo:
I due tribunali, quello dei minorenni e quello civile, che conoscono l’incompetenza perché erano stati avvisati circa due mesi dopo dagli avvocati delle parti, mandano avanti l’istruttoria e non si parlano.

Le considerazioni:
I bambini sono stati allontanati in maniera irregolare con un art.403 c.c. che ha convalidato un tribunale incompetente. Il Tribunale Civile competente prende una posizione in merito con una sentenza che verrà quasi due anni dopo! 
Intanto, continuando l’iter giudiziario, i minori sono ancora lontani dalla mamma in mano ad una parente del padre che era la stessa persona che ha denunciato alla procura la donna per maltrattamenti, ancora da provare in primo grado. I bambini vedono invece regolarmente l’altro genitore condannato in via definitiva per aver malmenato la loro mamma.
        Anche il Comune di competenza dei Servizi Sociali, a nostro avviso, subisce un danno erariale: hanno lavorato per il Tribunale dei Minorenni psicologi, assistenti sociali, Educatori, giudici, ecc.
        Infine viene fatta una denuncia all'Ordine Regionale degli Assistenti Sociali, ai apre una relativa istruttoria che si conclude dopo più di un anno con un’archiviazione.





venerdì 19 luglio 2019


4
Una disfunzione del sistema giuridico

Spesso il Tribunale dei Minorenni ammonisce i genitori avvertendo loro di ubbidire ai Servizi Sociali minacciando in caso contrario che provvederà “ad una diversa collocazione” dei loro figli.




Spesso i Tribunali dei Minorenni ordinano erroneamente ai Servizi Sociali di prendere autonomamente decisioni sugli affidamenti dei bambini ammonendo i genitori che, se non ubbidiranno a ciò che dispone il Servizio, verrà valutata “[…] l’opportunità di procedere ad una diversa collocazione dei minori, nonché a provvedimenti più incisivamente limitativi della responsabilità genitoriale.”
L'Art.13 della Costituzione Italiana consente unicamente ad un tribunale di limitare la libertà delle persone, quindi, se il Servizio Sociale o ancor peggio un Assistente Sociale decidesse di prendere autonomamente iniziative, ottemperando anche ad un ordine sbagliato del Tribunale, potrebbe, come succede spesso, limitare la libertà delle persone e, cosa ancor più grave, quella dei minori, che invece dovrebbero tutelare.
L’Art.9 del Codice Deontologico degli Assistenti Sociali ci ricorda poi che:
“Nell’esercizio delle proprie funzioni l’assistente sociale, consapevole delle proprie convinzioni e appartenenze personali, non esprime giudizi di valore sulle persone in base ai loro comportamenti.”
In buona sostanza i Servizi Sociali non possono prendere decisioni autonome perché, come abbiamo visto, non “possono esprimere giudizi sugli utenti”. Devono invece, se richiesti, fare indagini, riportando ciò che vedono e sentono o allegando alle loro relaziono giudizi di professionisti esperti nella materia da trattare.
Se non si attenessero alla legge e al loro codice deontologico, tra l’altro, si metterebbero in conflitto con gli utenti e quindi dovrebbero dimettersi, (vedi Art.19). “[…] per gravi motivi venga meno il rapporto fiduciario, […] egli stesso si attiva per trasferire, con consenso informato e con procedimento motivato, il caso ad altro collega, fornendo ogni elemento utile alla continuità del processo di aiuto.”
Va considerato anche che se i Servizi Sociali, svolgessero un lavoro che è prerogativa dei tribunali e non di loro competenza, come abbiamo già visto, ad esempio, la "calendarizzazione" degli incontri genitori/figli, creerebbero automaticamente anche un danno erariale al Comune che li paga.
Sarebbe bene, quindi, che il Tribunale dei Minorenni, invece di ammonire i genitori ad ubbidire a disposizioni sbagliate, ammonisca i Servizi Sociali facendo chiaramente capire loro, al contrario, che non possono disporre di discrezionalità, soprattutto su questioni di affidamenti di minori.
E tutto ciò è bene segnalarlo al Parlamento affinché i Tribunali che non lo fanno, si attengano per primi e sempre alle disposizioni di Legge, per la tranquillità delle famiglie in difficoltà, per rispetto della Legge stessa, ed anche per valutare il lavoro dei Servizi Sociali che, se lavorano bene, possono fornire un grande contributo alla soluzione di tutti i contenziosi che affliggono moltissime famiglie italiane.

giovedì 18 luglio 2019


3
Una disfunzione del sistema giuridico

Una bambina viene allontanata dalla madre dopo due ore di colloquio con una psichiatra. 





Durante una perizia del Tribunale Civile una madre viene mandata a fare una perizia psichiatrica preso uno studio privato senza alcuna motivazione. La psichiatra, scelta dalla CTU, dopo solo due ore di colloquio informale, senza aver effettuato alcun test, dichiara:
L’esame ha evidenziato elementi psicopatologici nella signora […], che è apparsa solo a livello superficiale, in stato di disequilibrio emozionale, con alterazione dell’esame di realtà entro un’organizzazione psichica di tipo paranoide, ove sono attivi meccanismi di scissione, proiezione e identificazione proiettiva.
Lo stato di grave angoscia depressiva sottostante la espone a rischio di scompensi e agiti.”
La CTU, relaziona subito al Giudice chiedendo l’allontanamento della bambina con provvedimento d’urgenza. Il giudice, senza nemmeno sentire la registrazione dell’intervento della psichiatra, peraltro mai consegnata alle parti, decreta l’allontanamento della minore con effetto immediato e “inaudita altera parte” basandosi solamente sulla richiesta della CTU e una relazione basata su due ore d’incontro!
La psichiatra stessa, sei mesi dopo, in un convegno smentisce se stessa affermando l'impossibilità di poter diagnosticare una patologia certa dopo poche ore di colloquio con il paziente.
Nonostante che tutte le relazioni dei vari professionisti escludono patologie in atto o pericoli per i contatti della madre con la bambina il tribunale ha confermato l‘allontanamento tenendo conto solamente della relazione della CTU e sorvolando completamente sulle controdeduzioni della CTP di parte senza motivare il perché le ha completamente disattese.  
La bambina è lontana dalla mamma ormai da quasi tre anni. In questi tre anni la madre è andata in Appello che è stato fissato ben due anni dopo la sentenza di primo grado. Nel frattempo la madre ha continuato a sostenere esami psichiatrici, psicologici, sono state consegnate altre relazioni dagli educatori e dai servizi sociali che confermano sempre la non pericolosità di questa madre e che anzi dicono esattamente il contrario parlando di grande empatia e amore reciproca con la figlia. Nonostante tutto ciò la bambina è ancora lontana dalla mamma che la può vedere e la vedrà ancora per un anno, fino alla sentenza dell'Appello con incontri bisettimanali. 
Ad oggi, quindi, rimane solo la speranza che questo secondo giudizio, se pur tardivo anche lui, faccia giustizia e riunisca finalmente la bambina alla mamma.

Cosa dice La Legge:
Il ricorso [al procedimento cautelare] deve contenere, oltre i requisiti ex art. 125 c.p.c., anche l’indicazione dei mezzi di prova attestanti la sussistenza dei presupposti del fumus boni iuris e del pericolum in mora, il tipo di provvedimento richiesto e gli elementi soggettivi ed oggettivi della domanda di merito […] Il procedimento si conclude con un ordinanza, che può avere contenuto positivo o negativo (per incompetenza, difetto di giurisdizione, difetto dei requisiti di rito o difetto dei presupposti del fumus e del periculum).
In alcune ipotesi, quando vi è urgenza, il giudice se ritiene di poter accogliere il ricorso, pronuncia inaudita altera parte un decreto motivato, con il quale concede in via provvisoria il provvedimento cautelare e fissa l’udienza di comparizione delle parti. A tale udienza, il giudice (in contraddittorio delle parti) può con ordinanza pronunciare un provvedimento negativo o positivo.”[2]
Citiamo quindi in proposito l’autorevole studio “L’ascolto del minore” Coordinato dalla Prof.ssa M. Malagoli Togliatti, Membri: Prof. P. Capri, Avv. P. Rossi, Dr.ssa A. Lubrano Lavadera, Dr. M. Crescenzi [3] in cui si dice tra l’altro:
La cosiddetta “valutazione della genitorialità” è una complessa attività di diagnosi, che deve tener conto di diversi parametri, maturata in un’area di ricerca multidisciplinare che valorizza i contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia della famiglia, della psicologia sociale e giuridica e della psichiatria forense.
Definire dei criteri oggettivi per la valutazione delle capacità genitoriali è un lavoro complesso, dato il coinvolgimento di aspetti individuali (riguardanti singolarmente i due focus di interesse: i genitori e i figli) e relazionali (l’interscambio e l’influenza reciproca tra i due)”[4]
Si fa presente che la psichiatra non fa riferimento ad alcun tipo di agito in particolare quindi sarebbe come dire che un paziente è malato senza dire di quale malattia è affetto!




mercoledì 17 luglio 2019

2
Una disfunzione del sistema giuridico

Il Tribunale dei Minorenni emana un’ordinanza di allontanamento senza aspettare che i Servizi Sociali gli relazionino dopo aver conosciuto la famiglia.


Il Tribunale dei Minorenni emette un’ordinanza di allontanamento di una bambina senza sapere alcunché della famiglia basandosi solamente sulle parole di un vicino di casa che, fra l’altro, smentirà per iscritto gran parte di quello che aveva relazionato l’assistente sociale stessa.
L’Assistente Sociale, peraltro non competente per territorio, aveva già allontanato la piccola con un provvedimento d’urgenza (ex Art.403 c.c.), mai visto agli atti, quindi non si sa nemmeno se a da chi è stato firmato ne con quale motivazione.
Il PM che riceve la relazione dell'assistente sociale virgoletta questa relazione e la inoltra al tribunale dei Minori.
Sappiamo che ’ordine dell’Ente locale che allontana il minore con l’Art.403 c.c. è un atto amministrativo e quindi doveva essere formalizzato per iscritto e firmato dal sindaco. Tutto questo, nel caso specifico, non è stato fatto.
Se sono principalmente i Servizi Sociali del territorio, a relazionare al PM e quindi a far capire al tribunale quale sia la situazione reale da esaminare, la relazione del SS è fondamentale, anche se non dovrebbe essere l’unica.
La bambina è ora stata adottata.
Certamente non è possibile emettere una sentenza soddisfacente alla verità se non si conosce la famiglia che si va giudicare!
Cosa dice La Legge:
Da Procura della Repubblica presso il TM di Milano:
A seguito della legge 149/01, è cambiata l'impostazione di lavoro dei servizi, il cui referente immediato ed iniziale è proprio il Pubblico Ministero minorile, destinatario unico di tutte le segnalazioni riguardanti minorenni. Lo strumento della segnalazione diventa così il momento fondamentale della tutela dei diritti dei minori. Si è detto che il servizio sociale è titolare di competenze proprie in materia di tutela e assistenza dei minori. Attraverso la segnalazione, il servizio porta a conoscenza dell'autorità giudiziaria una situazione di pregiudizio, ossia una situazione in cui la potestà genitoriale è esercitata male (o, in casi estremi, non è esercitata affatto), con la conseguenza che il minore in questione possa subirne un danno, ovvero risulti in stato di abbandono.”
Quindi il PM è destinatario della segnalazione del SS, sarà poi lui a svolgere l’attività “deputata a promuovere e stimolare l'attività di quella giudicante e "veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia" (art. 73, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).”[1]