Sugli affidamenti è in arrivo una proposta di Legge
rivoluzionaria. Secondo Massimo Rosselli Del Turco, delegato alla Tutela dei
diritti dei minori per il comune di Mentana, «mai più un bambino dovrà andare
in comunità da solo».
Rosselli Del Turco, qual è la situazione
su questo tema nel nostro Paese?
La situazione è critica perché sui minori si fa
molta confusione. Fatto sta che dal 2012 non si ha più alcuna informazione
istituzionale sugli affidamenti in Italia. Io lo fece già presente nel novembre
2015 in commissione Infanzia, perché sono uno che si batte da più di un
decennio sulle tematiche legate all’affidamento e alle adozioni, soprattutto
per i casi di Roma e provincia. Sono anche il portavoce parlamentare di
trentuno associazioni.
Ora cosa sta studiando?
La mia è una proposta innovativa che necessita,
però, ancora di un Piano economico di fattibilità che ad agosto verrà redatto
dal sottoscritto e poi presentato al deputato di riferimento. Comunque sto
redigendo, insieme allo psicoterapeuta Stefano Boschi di Bologna, un progetto
di Legge rivoluzionario, per cambiare completamente l’impianto della Legge
184/1983. Prevediamo di non mandare mai più i bambini nelle comunità senza i
genitori, perché molte di queste nuove strutture sono molto simili ai vecchi
orfanotrofi, un po’ cambiati. Ovviamente non vogliamo chiuderle, al contrario
desideriamo valorizzarle per metterle al servizio della famiglia. A mio avviso,
mai più un bimbo dovrà essere mandato in una comunità da solo. Nel senso che se
una famiglia dovesse avere dei problemi sarà la comunità stessa ad aiutarla.
Ci illustri qualche dato sull’argomento.
In Italia il 52% dei bambini in affidamento va in
quelle strutture, mentre il 48% in famiglia. Eppure la Legge afferma che in
primis bisogna aiutare la famiglia d’origine, poi se il bambino dovesse andare
in affidamento la prima opzione è quella di vedere se c’è un parente fino al
quarto grado che lo vuole ospitare, poi ancora bisogna trovargli una famiglia
affidataria e solamente in ultima ipotesi dovrebbe esserci la comunità.
Il Ministero delle Politiche sociali
afferma che un bambino affidato ad una comunità costa ad un Comune sei volte di
più di una famiglia.
Sì. Secondo questi dati, che però sono fermi al
2012, un bambino affidato ad una famiglia costa di media circa 500 euro al
mese, mentre in comunità costa di media ben 100 euro al giorno.
Secondo lei, quali sono le vere
anomalie?
La Legge 184 parla di affidamenti e adozioni, ma gli
affidamenti occupano solo cinque pagine su quarantasei. La Legge 149 del 2001
che ha emendato la 184, all’articolo 40 prevede una banca dati sulle adozioni
che non credo sia stata mai realizzata. Mi chiedo perché in una Legge dove si
parla di affidamenti e di adozioni non sia stata prevista una banca dati per
entrambi gli ambiti? Il problema della “184”, inoltre, è che non viene nemmeno
rispettata. Si pensi che secondo l’articolo 4 il Tribunale deve mettere in
sentenza la calendarizzazione degli incontri tra i bambini in affidamento e la
famiglia d’origine. Quasi nessun Tribunale dei minori mette questa
calendarizzazione in sentenza. Tale lavoro viene sempre delegato ai Servizi
Sociali, che si trovano, quindi, a svolgere un compito che a loro non dovrebbe
competere e nessuno lo dice. Passando alle interviste, spesso i bambini vengono
interpellati per conoscere la loro opinione. Esistono delle linee guida ben
precise che indicano il modo in cui queste domande devono essere condotte.
Prima di tutto deve crearsi un rapporto di empatia tra il bambino e colui che
lo interroga, altrimenti il minore non parlerà mai. Le domande non devono
essere chiuse, dove la risposta è già nella domanda, e così via dicendo, anche
la chiusura dell’intervista è importante, altrimenti il piccolo potrà
sviluppare dei sensi di colpa. Spesso in occasione delle interrogazioni presso
i Tribunali dei minorenni c’è solo il giudice onorario e il bambino e quindi
non è prevista alcuna possibilità di difesa per i genitori. Insomma, sono tante
le cose da rivedere. Un problema riportato dagli stessi psicologi riguarda,
poi, la professionalità dei periti dei Tribunali, che spesso non conoscono la
Legge mentre dovrebbero essere dei periti forensi. Il problema segnalato dallo
psicoterapeuta con cui collaboro, Stefano Boschi, è che frequentemente le
relazioni tecniche d’ufficio disposte dal giudice, le “Ctu”, presentano carenze
proprio sul piano tecnico-scientifico. Chiamate spesso a pronunciarsi sulle
capacità dei genitori non fanno riferimento esplicito ad alcun sistema teorico,
come se la definizione di genitorialità fosse scontata, mentre non lo è
affatto. E si basano, quindi, su valutazioni soggettive, piuttosto che
oggettive, sul ricollocamento del minore in ambito extrafamiliare.
Un elemento è chiaro: il problema non è
nelle adozioni, ma negli affidamenti.
Certo. Le comunità, invece, di accogliere i bambini
devono aiutare le famiglie ad essere migliori. Oggi molte famiglie sono povere,
tanto che il 25% degli affidamenti sono volontari: gli stessi genitori portano
i bambini agli assistenti sociali perché non possono più mantenerli. Dobbiamo
creare impieghi per loro. Qui a Mentana sto proponendo di creare delle
Cooperative di lavoro formate da famiglie povere. In questo contesto le
comunità dovranno diventare operative per aiutare le famiglie. In questo modo
il lavoro delle comunità potrebbe essere valorizzato e arricchito
dall’intervento di una figura in grado di riparare il tessuto relazionale
lacerato e, allo stesso tempo, coordinare un’équipe multidisciplinare con
psicologi, psichiatri e avvocati. Saranno le comunità ad organizzare l’aiuto
alle famiglie e l’intervento dovrà essere mirato ad un unico obiettivo: far
tornare il bambino a casa.
Cosa pensa del caso di Valentina, la
bambina tolta ai suoi genitori alcuni anni fa in un paese della nostra regione?
Si tratta di uno dei principali casi che ho seguito
personalmente e che ho portato all’attenzione dei media e del Parlamento. E’ un
caso anomalo frutto, tra l’altro di dicerie di paese, di contraddittorie
versioni rilasciate da vicini di casa. Fatto sta che siamo di fronte a due
sentenze opposte: un Tribunale che sul penale dà ragione ai legittimi genitori,
mentre il civile li definisce inadeguati. Sta di fatto che la bambina è ora in
adozione