martedì 1 agosto 2017







Sugli affidamenti è in arrivo una proposta di Legge rivoluzionaria. Secondo Massimo Rosselli Del Turco, delegato alla Tutela dei diritti dei minori per il comune di Mentana, «mai più un bambino dovrà andare in comunità da solo».
Rosselli Del Turco, qual è la situazione su questo tema nel nostro Paese?
La situazione è critica perché sui minori si fa molta confusione. Fatto sta che dal 2012 non si ha più alcuna informazione istituzionale sugli affidamenti in Italia. Io lo fece già presente nel novembre 2015 in commissione Infanzia, perché sono uno che si batte da più di un decennio sulle tematiche legate all’affidamento e alle adozioni, soprattutto per i casi di Roma e provincia. Sono anche il portavoce parlamentare di trentuno associazioni.
Ora cosa sta studiando?
La mia è una proposta innovativa che necessita, però, ancora di un Piano economico di fattibilità che ad agosto verrà redatto dal sottoscritto e poi presentato al deputato di riferimento. Comunque sto redigendo, insieme allo psicoterapeuta Stefano Boschi di Bologna, un progetto di Legge rivoluzionario, per cambiare completamente l’impianto della Legge 184/1983. Prevediamo di non mandare mai più i bambini nelle comunità senza i genitori, perché molte di queste nuove strutture sono molto simili ai vecchi orfanotrofi, un po’ cambiati. Ovviamente non vogliamo chiuderle, al contrario desideriamo valorizzarle per metterle al servizio della famiglia. A mio avviso, mai più un bimbo dovrà essere mandato in una comunità da solo. Nel senso che se una famiglia dovesse avere dei problemi sarà la comunità stessa ad aiutarla.
Ci illustri qualche dato sull’argomento.
In Italia il 52% dei bambini in affidamento va in quelle strutture, mentre il 48% in famiglia. Eppure la Legge afferma che in primis bisogna aiutare la famiglia d’origine, poi se il bambino dovesse andare in affidamento la prima opzione è quella di vedere se c’è un parente fino al quarto grado che lo vuole ospitare, poi ancora bisogna trovargli una famiglia affidataria e solamente in ultima ipotesi dovrebbe esserci la comunità.
Il Ministero delle Politiche sociali afferma che un bambino affidato ad una comunità costa ad un Comune sei volte di più di una famiglia.
Sì. Secondo questi dati, che però sono fermi al 2012, un bambino affidato ad una famiglia costa di media circa 500 euro al mese, mentre in comunità costa di media ben 100 euro al giorno.
Secondo lei, quali sono le vere anomalie?
La Legge 184 parla di affidamenti e adozioni, ma gli affidamenti occupano solo cinque pagine su quarantasei. La Legge 149 del 2001 che ha emendato la 184, all’articolo 40 prevede una banca dati sulle adozioni che non credo sia stata mai realizzata. Mi chiedo perché in una Legge dove si parla di affidamenti e di adozioni non sia stata prevista una banca dati per entrambi gli ambiti? Il problema della “184”, inoltre, è che non viene nemmeno rispettata. Si pensi che secondo l’articolo 4 il Tribunale deve mettere in sentenza la calendarizzazione degli incontri tra i bambini in affidamento e la famiglia d’origine. Quasi nessun Tribunale dei minori mette questa calendarizzazione in sentenza. Tale lavoro viene sempre delegato ai Servizi Sociali, che si trovano, quindi, a svolgere un compito che a loro non dovrebbe competere e nessuno lo dice. Passando alle interviste, spesso i bambini vengono interpellati per conoscere la loro opinione. Esistono delle linee guida ben precise che indicano il modo in cui queste domande devono essere condotte. Prima di tutto deve crearsi un rapporto di empatia tra il bambino e colui che lo interroga, altrimenti il minore non parlerà mai. Le domande non devono essere chiuse, dove la risposta è già nella domanda, e così via dicendo, anche la chiusura dell’intervista è importante, altrimenti il piccolo potrà sviluppare dei sensi di colpa. Spesso in occasione delle interrogazioni presso i Tribunali dei minorenni c’è solo il giudice onorario e il bambino e quindi non è prevista alcuna possibilità di difesa per i genitori. Insomma, sono tante le cose da rivedere. Un problema riportato dagli stessi psicologi riguarda, poi, la professionalità dei periti dei Tribunali, che spesso non conoscono la Legge mentre dovrebbero essere dei periti forensi. Il problema segnalato dallo psicoterapeuta con cui collaboro, Stefano Boschi, è che frequentemente le relazioni tecniche d’ufficio disposte dal giudice, le “Ctu”, presentano carenze proprio sul piano tecnico-scientifico. Chiamate spesso a pronunciarsi sulle capacità dei genitori non fanno riferimento esplicito ad alcun sistema teorico, come se la definizione di genitorialità fosse scontata, mentre non lo è affatto. E si basano, quindi, su valutazioni soggettive, piuttosto che oggettive, sul ricollocamento del minore in ambito extrafamiliare.
Un elemento è chiaro: il problema non è nelle adozioni, ma negli affidamenti.
Certo. Le comunità, invece, di accogliere i bambini devono aiutare le famiglie ad essere migliori. Oggi molte famiglie sono povere, tanto che il 25% degli affidamenti sono volontari: gli stessi genitori portano i bambini agli assistenti sociali perché non possono più mantenerli. Dobbiamo creare impieghi per loro. Qui a Mentana sto proponendo di creare delle Cooperative di lavoro formate da famiglie povere. In questo contesto le comunità dovranno diventare operative per aiutare le famiglie. In questo modo il lavoro delle comunità potrebbe essere valorizzato e arricchito dall’intervento di una figura in grado di riparare il tessuto relazionale lacerato e, allo stesso tempo, coordinare un’équipe multidisciplinare con psicologi, psichiatri e avvocati. Saranno le comunità ad organizzare l’aiuto alle famiglie e l’intervento dovrà essere mirato ad un unico obiettivo: far tornare il bambino a casa.
Cosa pensa del caso di Valentina, la bambina tolta ai suoi genitori alcuni anni fa in un paese della nostra regione?
Si tratta di uno dei principali casi che ho seguito personalmente e che ho portato all’attenzione dei media e del Parlamento. E’ un caso anomalo frutto, tra l’altro di dicerie di paese, di contraddittorie versioni rilasciate da vicini di casa. Fatto sta che siamo di fronte a due sentenze opposte: un Tribunale che sul penale dà ragione ai legittimi genitori, mentre il civile li definisce inadeguati. Sta di fatto che la bambina è ora in adozione