giovedì 13 ottobre 2016

Il progetto “La famiglia: con noi e dopo di noi”  



Qualche anno fa, quando ero vicepresidente di un’associazione di volontariato ospedaliero che lavorava con il sostegno del Policlinico Umberto I di Roma, con la  psicologa dott. Antonella Bruno, parlammo di un progetto volto ad aiutare le famiglie che alloggiano disabili per evitare il più possibile eventuali crisi familiari e il conseguente allontanamento di persone  bisognose di cure dalle loro abitazioni.
Questo progetto vorrei facesse parte del nutrito programma di assistenza sociale che sto preventivando nel mio nuovo impegno come delegato per la tutela dei diritti dei minori della mia città per aiutare i cittadini che si trovano in difficoltà e le famiglie in cui vivono.
L’intento è quello di riportare  la “Famiglia” al centro della vita pubblica delle città e come luogo  di aggregazione e motore portante del nostro futuro sistema politico.

La disabilità
Quando parliamo di disabilità possiamo riferirci a:
•          qualsiasi perdita o limitazione nella capacità di eseguire in attività nel modo o nei limiti considerati normali per un essere umano (WHO, ICIDH 80);
•          una incapacità o limitazione nello svolgere attività socialmente definite e ruoli attesi per gli individui di un dato contesto fisico e sociale (Disability in America, IOM 1991, Nag);
•          un termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni della partecipazione, espressione dell’interazione tra individuo e fattori contestuali (WHO; ICF 2001).
In particolare nel contesto italiano, i diversi concetti e le diverse definizioni di “invalidità”, disabilità” e “persona diversamente abile“ che convivono nel linguaggio comune, ma anche sul piano normativo e amministrativo hanno determinato differenti criteri di classificazione e di valutazione legate a cause e tipologie di disabilità.
Per semplificazione ci riferiamo a:
•          disabilità fisica (difficoltà nel movimento),
•          disabilità psichica (cognitiva e affettiva),
•          disabilità sensoriale (udito, vista, parola),
•          disabilità plurima.

I dati statistici dell’ Istat (Anni 2004-2005) confermano che, grazie ai cambiamenti socio – culturali e alle politiche di deistituzionalizzazione operate nel nostro Paese, si è ormai generalizzata la permanenza delle persone disabili nei luoghi normali della vita.
La presenza di persone disabili o anziani non autosufficienti nei presidi socio-assistenziali è in progressiva diminuzione e si attesta ormai a meno di duecentomila unità (165.538). Un dato fondamentale è quindi costituito dal fatto che la larghissima maggioranza delle persone disabili, comprese quelle in età adulta e in situazione di gravità, oggi vive in famiglia. Le famiglie con almeno un componente con disabilità sono circa 2.600.000, circa il 12% del totale, e pari al 4,8 per cento della popolazione italiana. In 246 mila famiglie vive più di un disabile.

Servizi attualmente offerti
La normativa attuale (ad es. legge 104/92, legge 162/98, legge 328/2000) prevede una serie di interventi di carattere fiscale e socio assistenziale  a livello territoriale,  una rete diffusa di servizi territoriali cui la persona disabile e la sua famiglia possano accedere nei diversi momenti di vita in relazione all’evoluzione delle situazioni di bisogno:
a) servizi di tipo domiciliare;
b) servizi territoriali;
c) servizi diurni;
d) servizi residenziali.
È la famiglia, quindi, il primo contesto di riferimento per le persone disabili, dove crescono manifestando le prime esigenze specifiche e “diverse”, dove si affannano le risposte delle persone che ci convivono e si concentrano quelle dei servizi presenti sul territorio.
Le famiglie, spesso, manifestano difficoltà a sostenere situazioni che richiedono notevoli carichi assistenziali per le cure da prestare ai loro familiari con conseguenze non solo di carattere economico, ma anche di disagio sociale e di minori opportunità di integrazione rispetto ad altre.
Le politiche per le persone disabili, pertanto, non possono essere separate e disgiunte da quelle sulla famiglia in generale e devono integrarsi pienamente con queste, se pur con le dovute specificità. La famiglia è chiamata sempre più ad un’assunzione di responsabilità e a svolgere un ruolo insostituibile di aiuto alle persone con disabilità, ma occorre che sia messa nelle condizioni di conoscere cosa e come fare e di essere sostenuta.

Obiettivo generale 
(La famiglia al centro della terapia)
L’obiettivo del Progetto “La Famiglia: con noi e dopo di noi” è quello di integrare le misure di sostegno attualmente applicate con interventi centrati su tutto il nucleo familiare (consulenza psicologica, psicoterapia,...) e mirati alle effettive esigenze di quella specifica famiglia, in quello specifico contesto; nonché coinvolgere l’intero sistema professionale che orbita attorno alla famiglia (pediatra, neuropsichiatra, psicologo, psicomotricista, logopedista, insegnanti, insegnanti di sostegno, educatori) attraverso incontri di supervisione.
Questo alla luce del fatto che spesso gli interventi di sostegno e assistenza psicologica sono fortemente centrati sull’individuo, con il rischio di ripercorrere le vecchie strade dell’assistenzialismo che ha relegato spesso le persone disabili e le famiglie al ruolo passivo di fruitori di politiche limitando il loro protagonismo di cittadini a pieno titolo e l’autogestione delle loro scelte.

Obiettivi specifici
Ogni famiglia ha un proprio script rispetto alla malattia cronica e all’invalidità che dice cosa si deve fare quando qualcuno si ammala o nasce con una disabilità.  In tutti i casi di perdita possono succedere molte cose diverse, tra cui la negazione della gravità della malattia e/o delle implicazioni della perdita della funzionalità che la malattia o l’invalidità comportano. Questo è il caso di una mancata elaborazione del lutto, quale può essere la nascita di un figlio disabile rispetto all’aspettativa di un figlio sano. Inoltre non si può non pensare alle difficoltà incontrate da parenti e amici a relazionarsi con le problematiche in questione e al continuo rischio di burn-out degli operatori socio-sanitari che si prendono carico non solo della persona con disabilità, ma anche di tutte le problematiche relazionali familiari connesse.
Da qui l’idea di:  
•          Realizzare la mappatura dei servizi socio-sanitari coinvolti  (A.S.L., associazioni,
cooperative, centri di riabilitazione per disabilità fisiche e psichiche, scuole, usl…) a cui proporre il progetto;
•          Realizzare una campagna sensibilizzazione sul problema (scuole, cooperative,….)

In particolare per le famiglie:
•          attivare uno sportello di consulenza psicologica per famiglie con disabilità;
•          progettare un piano terapeutico individualizzato che accompagni la famiglia a partire
dalla diagnosi di disabilità e che includa:
1.         Psicoterapia individuale (anche in sedute domiciliari);
2.         Psicoterapia di coppia genitoriale (anche in sedute domiciliari);
3.         Psicoterapia familiare (anche in sedute domiciliari);
4.         Gruppi di sostegno alla genitorialità;
5.         Gruppi di sostegno a parenti e amici;

In particolare per insegnanti ed operatori socio-sanitari:
6.         Attivare uno sportello di consulenza per insegnanti;
7.         Sostegno al gruppo-classe;
8.         Gruppi di sostegno ai Carer;
9.         Riunioni di supervisione per operatori sociali che lavorano con la famiglia.

Metodologia
Colloqui di consulenza psicologica; sedute di psicoterapia anche in sede domiciliare; gruppi di sostegno e gruppi di supervisione.

Questo è uno dei progetti che intendo mettere  in programma per proteggere e valorizzare La Famiglia oramai sempre più spesso abbandonata a se stessa, che subisce traumi irreversibili e coinvolgendo minori bisognosi di cure e protezione. 
Siamo ancora in tempo per trovare rimedi e soprattutto per salvare le famiglie sane e supportare quelle che stanno nascendo.

Ricordo agli amministratori dei comuni italiani che saranno direttamente chiamati in causa da simili progetti che  gli enti locali, e non solo, hanno l’obbligo (Legge 328/2000 e successive leggi regionali)  di aiutare tutte le persone in difficoltà ed in particolare quelle più deboli facendoli rimanere nella loro casa e vicino ai loro affetti e all’interno della loro famiglia.