Il progetto “La
famiglia: con noi e dopo di noi”
Qualche anno fa,
quando ero vicepresidente di un’associazione di volontariato ospedaliero che
lavorava con il sostegno del Policlinico Umberto I di Roma, con la psicologa dott. Antonella Bruno, parlammo di
un progetto volto ad aiutare le famiglie che alloggiano disabili per evitare il più
possibile eventuali crisi familiari e il conseguente allontanamento di
persone bisognose di cure dalle loro
abitazioni.
Questo progetto vorrei facesse parte del nutrito programma di assistenza sociale che sto preventivando nel
mio nuovo impegno come delegato per la tutela dei diritti dei minori della mia
città per aiutare i cittadini che si trovano in difficoltà e le famiglie in cui
vivono.
L’intento è quello di
riportare la “Famiglia” al centro della vita pubblica delle città e come luogo di aggregazione e motore portante del nostro
futuro sistema politico.
La disabilità
Quando parliamo di disabilità possiamo riferirci a:
• qualsiasi
perdita o limitazione nella capacità di eseguire in attività nel modo o nei
limiti considerati normali per un essere umano (WHO, ICIDH 80);
• una
incapacità o limitazione nello svolgere attività socialmente definite e ruoli
attesi per gli individui di un dato contesto fisico e sociale (Disability in
America, IOM 1991, Nag);
• un
termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni della
partecipazione, espressione dell’interazione tra individuo e fattori
contestuali (WHO; ICF 2001).
In particolare nel
contesto italiano, i diversi concetti e le diverse definizioni di “invalidità”,
disabilità” e “persona diversamente abile“ che convivono nel linguaggio comune,
ma anche sul piano normativo e amministrativo hanno determinato differenti
criteri di classificazione e di valutazione legate a cause e tipologie di
disabilità.
Per semplificazione ci riferiamo a:
• disabilità fisica
(difficoltà nel movimento),
• disabilità psichica
(cognitiva e affettiva),
• disabilità sensoriale
(udito, vista, parola),
• disabilità plurima.
I dati statistici dell’ Istat (Anni
2004-2005) confermano che, grazie ai cambiamenti socio – culturali e alle
politiche di deistituzionalizzazione operate nel nostro Paese, si è ormai
generalizzata la permanenza delle persone disabili nei luoghi normali della
vita.
La presenza di
persone disabili o anziani non autosufficienti nei presidi socio-assistenziali
è in progressiva diminuzione e si attesta ormai a meno di duecentomila unità
(165.538). Un dato fondamentale è quindi costituito dal fatto che la
larghissima maggioranza delle persone disabili, comprese quelle in età adulta e
in situazione di gravità, oggi vive in famiglia. Le famiglie con almeno un
componente con disabilità sono circa 2.600.000, circa il 12% del totale, e pari
al 4,8 per cento della popolazione italiana. In 246 mila famiglie vive più di
un disabile.
Servizi attualmente
offerti
La normativa attuale (ad es. legge
104/92, legge 162/98, legge 328/2000) prevede una serie di interventi di
carattere fiscale e socio assistenziale
a livello territoriale, una rete
diffusa di servizi territoriali cui la persona disabile e la sua famiglia
possano accedere nei diversi momenti di vita in relazione all’evoluzione delle
situazioni di bisogno:
a) servizi di tipo domiciliare;
b) servizi territoriali;
c) servizi diurni;
d) servizi residenziali.
È la famiglia,
quindi, il primo contesto di riferimento per le persone disabili, dove crescono
manifestando le prime esigenze specifiche e “diverse”, dove si affannano le
risposte delle persone che ci convivono e si concentrano quelle dei servizi
presenti sul territorio.
Le famiglie, spesso,
manifestano difficoltà a sostenere situazioni che richiedono notevoli carichi
assistenziali per le cure da prestare ai loro familiari con conseguenze non
solo di carattere economico, ma anche di disagio sociale e di minori
opportunità di integrazione rispetto ad altre.
Le politiche per le
persone disabili, pertanto, non possono essere separate e disgiunte da quelle
sulla famiglia in generale e devono integrarsi pienamente con queste, se pur
con le dovute specificità. La famiglia è chiamata sempre più ad un’assunzione
di responsabilità e a svolgere un ruolo insostituibile di aiuto alle persone
con disabilità, ma occorre che sia messa nelle condizioni di conoscere cosa e
come fare e di essere sostenuta.
Obiettivo
generale
(La famiglia al centro della terapia)
L’obiettivo del
Progetto “La Famiglia: con noi e dopo di noi” è quello di integrare le misure
di sostegno attualmente applicate con interventi centrati su tutto il nucleo
familiare (consulenza psicologica, psicoterapia,...) e mirati alle effettive
esigenze di quella specifica famiglia, in quello specifico contesto; nonché
coinvolgere l’intero sistema professionale che orbita attorno alla famiglia
(pediatra, neuropsichiatra, psicologo, psicomotricista, logopedista,
insegnanti, insegnanti di sostegno, educatori) attraverso incontri di
supervisione.
Questo alla luce del
fatto che spesso gli interventi di sostegno e assistenza psicologica sono fortemente
centrati sull’individuo, con il rischio di ripercorrere le vecchie strade
dell’assistenzialismo che ha relegato spesso le persone disabili e le famiglie
al ruolo passivo di fruitori di politiche limitando il loro protagonismo di
cittadini a pieno titolo e l’autogestione delle loro scelte.
Obiettivi specifici
Ogni famiglia ha un proprio script
rispetto alla malattia cronica e all’invalidità che dice cosa si deve fare
quando qualcuno si ammala o nasce con una disabilità. In tutti i casi di perdita possono succedere
molte cose diverse, tra cui la negazione della gravità della malattia e/o delle
implicazioni della perdita della funzionalità che la malattia o l’invalidità
comportano. Questo è il caso di una mancata elaborazione del lutto, quale può essere
la nascita di un figlio disabile rispetto all’aspettativa di un figlio sano.
Inoltre non si può non pensare alle difficoltà incontrate da parenti e amici a
relazionarsi con le problematiche in questione e al continuo rischio di
burn-out degli operatori socio-sanitari che si prendono carico non solo della
persona con disabilità, ma anche di tutte le problematiche relazionali
familiari connesse.
Da qui l’idea di:
• Realizzare
la mappatura dei servizi socio-sanitari coinvolti (A.S.L., associazioni,
cooperative, centri di riabilitazione
per disabilità fisiche e psichiche, scuole, usl…) a cui proporre il progetto;
• Realizzare una campagna
sensibilizzazione sul problema (scuole, cooperative,….)
In particolare per le famiglie:
• attivare uno sportello
di consulenza psicologica per famiglie con disabilità;
• progettare un piano terapeutico
individualizzato che accompagni la famiglia a partire
dalla diagnosi di
disabilità e che includa:
1. Psicoterapia individuale
(anche in sedute domiciliari);
2. Psicoterapia di coppia
genitoriale (anche in sedute domiciliari);
3. Psicoterapia familiare
(anche in sedute domiciliari);
4. Gruppi di sostegno alla
genitorialità;
5. Gruppi di sostegno a
parenti e amici;
In particolare per insegnanti ed operatori socio-sanitari:
6. Attivare uno sportello
di consulenza per insegnanti;
7. Sostegno al
gruppo-classe;
8. Gruppi di sostegno ai
Carer;
9. Riunioni di supervisione
per operatori sociali che lavorano con la famiglia.
Metodologia
Colloqui di consulenza psicologica; sedute di psicoterapia anche in sede
domiciliare; gruppi di sostegno e gruppi di supervisione.
Questo è uno dei progetti che intendo mettere in programma per proteggere e valorizzare La Famiglia
oramai sempre più spesso abbandonata a se stessa, che subisce traumi irreversibili
e coinvolgendo minori bisognosi di cure e protezione.
Siamo ancora in tempo per trovare rimedi e soprattutto per salvare le
famiglie sane e supportare quelle che stanno nascendo.
Ricordo agli amministratori dei comuni italiani che saranno direttamente
chiamati in causa da simili progetti che gli enti locali, e non solo, hanno l’obbligo
(Legge 328/2000 e successive leggi regionali)
di aiutare tutte le persone in difficoltà ed in particolare quelle più deboli
facendoli rimanere nella loro casa e vicino ai loro affetti e all’interno della
loro famiglia.