martedì 26 marzo 2019





DA MENTANA IN PARLAMENTO


Riproposta emendata del Progetto di Legge “Mai più un bambino solo in Comunità”

Dopo la delibera sugli affidamenti dei minori che ho presentato nella mia città di Mentana e di cui avete letto, la mia intenzione è di presentare un progetto sugli affidamenti in Italia anche in parlamento sulla falsa riga di quello da me e dal prof. Stefano Boschi già presentato circa due anni fa che è rimasto fermo per la fine della legislatura. Sono intenzionato a riproporlo con alcune integrazioni.

La voce del Papa
Da: “Familiaris Consortio”
Il diritto-dovere educativo dei genitori, - leggiamo nell’Esortazione Apostolica di Sua Santità Giovanni Paolo II all'episcopato, al clero ed ai fedeli di tutta la Chiesa Cattolica circa il compito della famiglia cristiana nel mondo di oggi - si qualifica come essenziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato.

Criticità dell’affidamento minorile in Italia
  1. Dal 2016 non c’è informazione e soprattutto non c’è informazione in tempo reale.
  2. Non sono state trasmesse al Parlamento relazioni ogni tre anni sull’andamento della legge sugli affidamenti di minori come reciterebbe la legge stessa. A me risultano solamente un paio e a mio parere deludenti.
  3. I dati rilevati per conoscere la situazione dei bambini fuori-famiglia nelle statistiche e nel Rapporto dei Ministeri di Giustizia e delle Politiche Sociali sono tardivi e si riferiscono sempre a dati troppo vecchi
  4. Non si è dato seguito a soluzioni delle criticità rilevate. Infatti dai quaderni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si deducono fatti sconcertanti che nessuno, dopo le rilevazioni si è premunito di andare a giustificare e a porre rimedio.
  5. Non c’è omogeneità nell’informazione rilevata annualmente e quindi spesso queste informazioni non sono confrontabili. Manca una griglia comune di ricerca
  6. Non si sanno ad oggi quante siano le Comunità.
  7. Non si sa ad oggi quanti siano i bambini in Comunità, Case Famiglia ecc.
  8. I dati forniti sugli allontanamenti sono spesso generici nella definizione (Es. quando si parla di “inadeguatezza genitoriale”) e quindi non si ha la vera informazione e quindi il dato non dice niente.
  9. Non tutti i Tribunali per i Minorenni hanno risposto alle interviste richieste dando scarso rilievo alle informazioni.
  10. Le Procure stesse sono preoccupate ad esempio quando ci dicono che gli assistenti sociali spesso non mandano informazioni come dovrebbero ogni sei mesi.
  11. Fra i motivi di ispezioni delle Procure non si chiarisce quali sono state le carenze e le criticità rilevate (es. quali e quanti tipi di violenza)
  12. Le Procure ci informano che incontrano delle difficoltà a fare le ispezioni nelle comunità, e se le incontrano loro figuriamoci altri. E intanto chi tutela la vita di tanti bambini rinchiusi in queste residenze?
  13. Le statistiche non hanno mai rilevato se i minori che scompaiono dalle strutture ne hanno fatto ritorno.
  14. Il Governo, il Parlamento, il Garante e l’Osservatorio non hanno mai rilevato e fatto alcunché per queste scomparse tanto è vero che nel gennaio 2015 è stata fatta un’interpellanza parlamentare dall’on. Marisa Nicchi in proposito e sempre nel 2015 io stesso in audizione in Commissione Infanzia ho fatto una denuncia dettagliata sulla scomparsa di molti bambini stranieri giunti senza accompagnamento in Italia e queste scomparse continuano tranquillamente e nell’indifferenza di tutti ad esserci, tanto che nel febbraio di quest’anno il ministero delle Politiche Sociali ci dice che sono introvabili ancora 4.324 bambini.
  15. Non sono mai state rilevate quante interviste di minori sono state fatte per abuso nelle strutture e se in quanti casi il tribunale ha seguito le indicazioni dell’intervistatore.
  16. Non è stato mai rilevato il dato di quanti interventi integrati e se sono stati fatti per ogni allontanamento per il ritorno dei minori presso la famiglia d’origine. E se non sono stati rilevati il perché non lo sono stati.

Perché, quindi, questa proposta di legge
Oltre a superare le criticità sopracitate, il Progetto di Legge che voglio presentare in Parlamento tramite alcuni Deputati di riferimento si propone di interpretare, oltre alla volontà del Papa, la voce disperata e accorata di tantissime famiglie a cui le Istituzioni italiane hanno portato via i loro figli e li hanno rinchiusi nelle Comunità Alloggio dette anche “Case Famiglia” che però spesso di famiglia hanno ben poco.
Non potendo semplicemente chiedere di chiudere queste Comunità in quanto il progetto non sarebbe attuabile e non passerebbe mai all’approvazione del Parlamento, considerando che il giro d’affari potrebbe essere stimato in milioni di euro l’anno, e anche perché queste comunità danno da lavorare a tantissime persone, abbiamo pensato di cambiare la loro attività e trasformarle da “Comunità alloggio” in “Comunità di aiuti alle famiglie”, valorizzando la loro funzione che oggi sembra gravemente compromessa dal punto di vista etico e morale.
La situazione a cui oggi siamo di fronte in materia di affidamenti - si legge nel preambolo introduttivo del Progetto - è analoga a quella del medico che, di fronte al paziente il quale lamenta un dolore al braccio, ne prescrive l’amputazione senza aver prima tentato altre forme di terapia.
Se in ambito medico non si ragiona né si agisce in questo modo per quale motivo lo si dovrebbe fare nel caso dei disturbi della relazione che caratterizzano la famiglia o il rapporto genitore-figlio disfunzionali?
Di fronte alla disfunzionalità della famiglia il giudice, di regola consigliato dai Servizi sociali e supportato dalle consulenze tecniche, spesso decide di frantumare la famiglia, come se questa fosse una soluzione o, appunto, una terapia.
In ambito istituzionale oggi le problematiche familiari sono trattate, di fatto, come veri e propri reati piuttosto che per quello che sono, ossia forme di patologia della relazione, qualcosa quindi di cui le istituzioni dovrebbero prendersi cura come fa il Sistema Sanitario Nazionale nel caso delle malattie del corpo e dei disturbi della mente.
Sarebbe alquanto strano se una persona traumatizzata o in preda ad una crisi psicotica fosse condotta davanti al giudice piuttosto che all’ospedale!
A rendere ancor più paradossale la situazione attuale va poi annotato il fatto che, anche nei casi in cui non si osservino comportamenti ascrivibili ad un qualche reato, le problematiche familiari sono spesso “sanzionate” come se fossero tali.
Si raggiunge poi il culmine dell’assurdità se pensiamo che i provvedimento vanno nella direzione della “reclusione” del minore all’interno delle Comunità che nella realtà dei fatti spesso sono istituti all’interno dei quali si attua un vero e proprio “regime carcerario”.

I punti di forza di tale progetto
  1. Integrazione armonica tra giurisprudenza e psicologia finalizzata alla tutela del minore
  2. Azione riparativa nei confronti della famiglia disfunzionale, della genitorialità, delle condizioni del minore con particolare riguardo al piano relazionale
  3. Trasformazione del malcontento sempre più diffuso nella popolazione dei genitori in soddisfazione nei confronti delle istituzioni che si occupano dei loro figli
  4. Riqualificazione delle comunità di accoglienza minorile da “comunità di tipo familiare” a “comunità di consulenza per la famiglia”, il che si accompagnerebbe ad un incremento delle entrate nel momento in cui la comunità viene utilizzata per gli interventi sulla famiglia e sulla genitorialità piuttosto che esclusivamente o prevalentemente nelle situazioni estreme di grande disfunzionalità.
  5. Riqualificazione degli psicologi che attualmente lavorano all’interno delle comunità e opportunità di impiego altri (in Italia abbiamo circa un terzo degli psicologi di tutta Europa, di cui gran parte si trovano senza impiego)
  6. Diminuzione drastica dei futuri costi sociali legati a questioni di salute pubblica e al disadattamento sociale, le cui basi (stando ad un’ampia letteratura scientifica) sono create dai problematiche infantili di natura relazionale
  7. Risparmio economico sui costi dell’accoglienza, come sta facendo la città di Mentana di cui vi ho accennato ieri e dove sono il delegato per la Tutela dei Diritti dei Minori.
    La Spesa Sociale del nostro paese dal 2009 è passata da 6.987.759.161 di euro a 5.492.483.600 nel 2012 in percentuale dal 7,42% allo 0,2 %, quindi questi dati sono la dimostrazione che i finanziamenti sono veramente pochi. Mai come oggi, quindi, si sente i bisogno di ottimizzare le spese sociali ed in particolare gli affidamenti dei minori allontanati dai loro genitori per seri motivi di salvaguardia della loro salute psicofisica. Secondo il progetto presentato, i bambini non saranno più domiciliati presso strutture ma solamente presso famiglie sia quelle naturali che affidatarie che hanno un costo sei volte più basso - Si pensi che i contributi medi nel 2010 erogati alle famiglie affidatarie hanno variato da un minimo di 304 euro ad un massimo di 532 euro al mese, quelli per le Comunità da 71 a 99 euro al giorno! Se si moltiplicano i contributi giornalieri per 30 giorni si va da 2130 euro a 2970 euro mensili per le Comunità. E’ ovvio quindi che sarebbe il caso quindi di spingere sempre più l’affidamento presso le famiglie mentre le statistiche oggi dicono il contrario. Si pensi che nel 2014 in un comune preso a campione il costo dell’affidamento in Comunità è stato di più di 360.000 euro e il costo in affidamento presso le famiglie è stato pari a “0 euro”! E quello per la prevenzione è stato di soli 10.000 euro! Quanto danaro pubblico si potrebbe risparmiare se fosse già passato il Progetto?
  8. Opportunità di ristrutturare l’intero settore sociale riguardante la tutela del minore, vista la centralità del ruolo delle comunità minorili nel panorama istituzionale globale della presa in carico del minore stesso.

Conclusioni
La soluzione che appare la più congrua - leggiamo anche nelle conclusioni della proposta di legge - è ristrutturare la funzione della comunità rendendola il luogo dove la famiglia o quel che ne rimane possono ricevere la cura necessaria al ripristino dei rapporti di cui il minore ha disperato bisogno, dato che il suo sviluppo psichico, emotivo, cognitivo di quelli si nutre.
Questa soluzione può mettere tutti d’accordo: sgrava i tribunali ordinari da un compito che non compete loro, ossia decidere come ripristinare le sorti della famiglia disfunzionale, rende superflui i tribunali minorili, solleva i Servizi Sociali da una funzione alla quale non sono preposti, rivaluta infine le comunità come luogo virtuoso con la possibilità che vedano addirittura aumentare il loro giro d’affari; in ultimo, soddisfa realmente il bisogno dei minori e delle loro famiglie.
La comunità possono, inoltre, diventare il luogo di promozione della cultura della famiglia, in cui si fa informazione, si favorisce la crescita personale sul piano della genitorialità e della bigenitorialità, si formano operatori e, in prima battuta, il luogo in cui si lavora fattivamente per risolvere le problematiche familiari, un virtuoso esempio per il resto d’Europa.”

Tutto ciò comunque, soprattutto nel primario interesse e nel diritto alla felicità dei nostri figli più sfortunati.

Massimo Rosselli del Turco