Collana Giuridica e Sociale
Quaderno n.ro 14
Proposte
di Linee Guida
per
l’intervista dei minori
in
sospetto di abuso
a cura di
Massimo Rosselli Del Turco
Anno
2014
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Indice
Introduzione pag.3
l’Ascoltare
e il Sentire pag.5
La
Comunicazione e l’Osservazione pag.5
Cosa dice la
Giurisprudenza:
L’ascolto del minore non è un mezzo
istruttori pag.7
2-L’audizione
del minore, pena la nullità del procedimento rilevabile
d’ufficio,
costituisce elemento necessario nei giudizi che lo riguardano pag.8
L’utilizzo
di linee guida pag.9
La programmazione dell’intervista pag.9
La visita medica
pag.11
Informazioni che
bisogna sapere per fare una corretta intervista:
criteri di
massima da seguire sempre pag.12
Per iniziare
bene pag.19
I Tempi dell’intervista pag.19
L’Accoglienza pag.20
La preparazione
del minore all’intervista pag.22
L’intervistatore
dice di cosa si parlerà pag.22
Per impedire che il bambino dia risposte compiacenti pag.23
Per impedire che il bambino dia risposte false pag.22
Per mettere il
bambino a suo agio pag.24
Il racconto del
bambino pag.25
Le
domande dell’intervistatore pag.26
Alcune
regole per riconoscere un abuso pag.29
Altre tecniche
di intervista pag.31
La
videoregistrazione pag.33
Le
attrezzature e i locali dove si svolge l’Intervista pag.35
La
fine dell’intervista pag.36
Eventuali
altre interviste pag.38
Introduzione
Spessissimo
i tribunali, durante una CTU o le Procure, dopo un allontanamento del minore
dalla propria famiglia con un'ordinanza o dopo
un 403, decidono l’audizione di minori.
Ma come vengono fatte queste audizioni, sono rispettate tutte le
procedure, le linee guida per accertare la veridictà dei fatti? Siamo sicuri che
questo lavoro venga fatto con scrupolo e soprattutto coloro che sono preposti a
farlo hanno tutti i requisiti richiesti e la capacità di eseguire al meglio
simili consulenze?
Il
sospetto che ci sia molta trascuratezza e ignoranza nell’affrontare lavori di
così grande responsabilità è quantomeno reale. Ogni giorno le associazioni per
la tutela dei diritti dei minori e delle famiglie e molti esponenti degli
stessi ordini professionali che annoverano tra i loro associati anche gli
stessi professionisti che vanno ad espletare le perizie nei tribunali,
denunciano casi di malagiustizia dovuta a perizie svolte in dispregio dei
minimi canoni della deontologia e della scientificità del loro lavoro.
La Società Italiana di
Criminologia, la Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, la
Società Italiana di Neuro Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la
Società Italiana di Neuropsicologia, la Società Italiana di Psichiatria e
quella di Psicologia Giuridica nel luglio 2011 decidono di pubblicare le loro
linee guida nazionali con un documento
intitolato “L’ascolto del minore testimone”. Nell’introdurre il lavoro lo psicologo Giovanni Camerini dice:
“Fra le ragioni che hanno condotto [le società sopra
citate. N.d.r. ] ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore testimone vi sono condivise
preoccupazioni per la limitata competenza di operatori che effettuano verifiche
sulla capacità di testimoniare del minore e per il frequente ricorso, in ambito
giudiziario, a metodi e tecniche non adeguate allo scopo.” [1]
Per quanto riguarda lo specifico del presente
documento e cioè l’esaminare il modo corretto di espletare l’intervista sul
minore riteniamo importante, fra le altre letture, leggere la traduzione di Giuliana
Mazzoni, professoressa insegnante di psicologia nell’Università di Hull, in
Inghilterra, del “Memorandum of Good Practice on Video Recorded
Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”
pubblicato poi sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritto:[2]
“Vorrei dare un particolare benvenuto alla
pubblicazione in italiano delle linee guida elaborate da una commissione di
esperti per conto del ministero degli interni del governo inglese. La loro
pubblicazione permetterà una maggiore diffusione di questo documento, che
ritengo rappresenti una base essenziale per la gestione dei colloqui
investigativi con minori e con persone che, come i minori, presentano varie
forme di vulnerabilità (ad esempio, portatori di handicap ecc.).
L'augurio è infatti che queste linee guida vengano lette e studiate da tutti quelli che per vari motivi si trovano ad essere in contatto con minori testimoni, in modo da evitare per lo meno gli errori più grossolani nella condizione delle interviste/colloquio svolti con minori e persone vulnerabili.
Questi errori sono purtroppo ancora molto, troppo comuni nel nostro paese, dove solo
L'augurio è infatti che queste linee guida vengano lette e studiate da tutti quelli che per vari motivi si trovano ad essere in contatto con minori testimoni, in modo da evitare per lo meno gli errori più grossolani nella condizione delle interviste/colloquio svolti con minori e persone vulnerabili.
Questi errori sono purtroppo ancora molto, troppo comuni nel nostro paese, dove solo
lentamente e con fatica e tra
mille ostacoli si va diffondendo la consapevolezza di come debba essere una
corretta modalità di intervento in questi casi. La lentezza del processo è
chiara quando si osserva che i ricercatori italiani in psicologia giuridica non
si sono molto occupati nella loro ricerca di temi quali la conduzione
dell'intervista, l'esame della credibilità del testimone, o la detenzione delle
menzogne, e che il numero di pubblicazioni su riviste internazionali è ancora
molto scarso. Ancora una
grande fetta degli operatori del settore stenta a tenersi aggiornata sugli
sviluppi recenti della ricerca scientifica sul tema. Il fatto che oggi come
oggi ai convegni europei e internazionali sulla psicologia giuridica i
ricercatori italiani che presentano lavori si possano contare sulla punta delle
dita di una mano rappresenta una dimostrazione di quanto affermo. Quindi
l'augurio è che la pubblicazione delle linee guida non solo fornisca materiale
di riflessione per gli operatori del settore, ma invogli anche i ricercatori
italiani a lavorare su questi temi e a produrre ricerca che sia al passo, come
qualità e quantità, con la ricerca negli altri paesi europei, in particolare
nei paesi del nord Europa, Gran Bretagna, Olanda, paesi scandinavi in testa, ma
anche Germania e Belgio.
Ma perché le linee guida sono
così importanti, e in particolare perché queste particolari linee guida sono
importanti? Per rispondere occorre ricordare come sia ormai un dato certo nella
comunità scientifica internazionale che le procedure adottate per l'intervista
rappresentano un nodo cruciale nel determinare il contenuto e la qualità del
resoconto di un testimone, adulto o bambino, portatore di handicap o meno. La
ricerca in psicologia giuridica applicata all'intervista ha esaminato migliaia
di interviste condotte sul campo (ossia nella vita reale, e non in laboratorio)
da poliziotti, colloqui 'investigativi' svolti da psicologi, assistenti
sociali, insegnanti, genitori, e altri, identificando, dopo anni di lavoro,
quali siano gli errori tipici nella conduzione di questi colloqui e quali siano
le loro conseguenze. La modalità con cui
il colloquio viene condotto è quindi ormai indiscutibilmente considerata una
delle maggiori fonti di errore nel resoconto del testimone. Secondo alcuni è la singola maggiore
fonte di errore. In una ricerca che data vari anni ma i cui risultati sono
stati più volte replicati, Gail Goodman, docente presso l’Università della
California, Davis, ha dimostrato che la
memoria dei bambini è molto accurata, se non vi sono interferenze da parte
dell'intervistatore. Accurata ma povera.
E' per questo motivo che, in
particolare con bambini, si assiste spesso ad un intervento pesante da parte
degli adulti, intervento che, se svolto da personale che non segue le linee
guida, porta a errori anche irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie
altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni e più dannosi […..]”
Facendo seguito alla traduzione
della Mazzoni e avendola letta e ritenuta molto interessante intendiamo riportare le principali asserzioni
e con l’ausilio di altre testimonianze redigere delle linee guida affinché
anche gli psicologi forensi italiani interessati possano adottare.
Innanzi tutto, quindi, riteniamo
che la preparazione di questo lavoro debba essere frutto di uno studio metanalitico e rivisto da una
unità multidisciplinare, proprio come abbiamo previsto negli altri nostri
quaderni per tutte quelle figure che ruotano intorno agli affidamenti di
minori. In particolare, in questo caso, pensiamo debbano essere coinvolti anche
studiosi di discipline diverse, di vario orientamento politico e culturale,
proprio come l’intervista stessa del minore. Importantissima prerogativa per
l’estensione di queste linee guida è l’essere state scritte con la
collaborazione di persone che abbiano, si fatto studi specifici, ma che abbiano
anche un’esperienza pratica sul campo e non siano condizionate da interessi o
coinvolgimenti personali persistenti.
l’Ascoltare
e il Sentire.
Primo,
essenziale passaggio per capire come deve essere fatta l’intervista è quello di
aver ben presente che il minore, oltre ad essere “sentito” va assolutamente
“ascoltato”. La differenza non è poca ma fondamentale:
“Per la lingua
italiana ascoltare e sentire sono verbi di significato diverso. Il sentire non
richiede un atto di volontà: è un fenomeno di fisica acustica. L’ ascoltare
richiede qualcosa di diverso. Comporta accettare di entrare in relazione con
l’Altro, recepire e comprendere ciò che vuole esprimere e comunicarci: con le
parole, con un’espressione del viso, del corpo, e perché no, col silenzio.
Ascoltare significa disponibilità ad accogliere l’Altro e a modificare le
nostre opinioni, lasciandoci “fecondare” da nuovi contenuti e significati.
L’ascolto, nel
tema che stiamo trattando, ha come soggetto attivo il minore ed è strumento per
raccogliere il suo pensiero, la sua opinione e i suoi desideri, all’interno di
una vicenda processuale che lo tocca da vicino.” [3]
La
Comunicazione e l’Osservazione
Due importanti
aspetti nell’ascolto del minore sono certamente “La Comunicazione e
“L’Osservazione”. Senza questi due passaggi il tutto si ridurrebbe ad un
“sentire” come fenomeno di fisica acustica ciò che dice l’intervistato e non si
stabilirebbe quell’empatia, quel sapersi mettere nei panni dell’altra persona,
saper cogliere l’espressione di uno sguardo, di un gesto, che è alla base di
una giusta intervista.
La
Comunicazione.
Dice Campbell
(1979) “La comunicazione è la trasmissione
di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da una persona all’altra”
Noi quindi
percepiamo i messaggi che ci vengono trasmessi principalmente attraverso una
comunicazione non verbale (“come”) e solamente per un 10% con le parole.(“che
cosa”).
L’intervistatore
quindi deve capire che se si vuole relazionare con un minore deve avere ben
presente che la comunicazione ha un valore di processo interattivo e non
unidirezionale.
“La
Scuola di Palo Alto, in California, - leggiamo in “L’ascolto
del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” - negli anni ’60 del secolo scorso ha studiato gli
aspetti pragmatici della comunicazione, costruendo un modello interpretativo di
relazione interpersonale (e di psicopatologia), particolarmente attento agli
aspetti non verbali della comunicazione umana (Watzlawick e coll.,1971).
I
dati della pragmatica, infatti, non sono solo le parole del discorso (CV), ma
anche i fatti non verbali (CNV) che ad esse si accompagnano, ovvero tutti
quegli aspetti che connotano il discorso, oltre l’aspetto semantico: “i segnali
gestuali, mimici e posturali, ma anche gli aspetti spaziali (prossemici) delle
interazioni” (Poli,1980). Quello della CNV è un concetto fondamentale nello
studio della comunicazione fra le persone, perché consente di ampliare il campo
di osservazione all’interno della relazione.”[4]
Il comportamento del minore e di tutti noi non ha un suo opposto, quindi non è possibile non comunicare ma ogni volta che comunichiamo con una persona anche nel silenzio noi mandiamo messaggi e sosteniamo un comportamento che ci relaziona con la persona che abbiamo difronte. Quindi riceviamo sempre un’informazione sulla nostra relazione reciproca.
Il comportamento del minore e di tutti noi non ha un suo opposto, quindi non è possibile non comunicare ma ogni volta che comunichiamo con una persona anche nel silenzio noi mandiamo messaggi e sosteniamo un comportamento che ci relaziona con la persona che abbiamo difronte. Quindi riceviamo sempre un’informazione sulla nostra relazione reciproca.
Ma la
comunicazione non verbale ha bisogno per essere completa di potersi riferire ad
un contesto in cui si attua, allo spazio-tempo in cui ci si scambiano le
informazioni ed anche alle circostanze, ai momenti storici e psicologici in cui
avviene questo interscambio.
L’Osservazione.
“[……]
il significato di ciò che accade e la motivazione per cui accade - leggiamo ancora
in “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma
all’incontro” - non sono dati estrapolabili dall’osservazione del
comportamento. Infatti, per accostarci al significato che l’esperienza assume
per il soggetto, all’interno della relazione, dobbiamo ricorrere “alla modalità
conoscitiva propria del comprendere” attraverso ”l’approccio psicodinamico e
fenomenologico” (Fornari,2008).[……]
L’interazione tra l’osservatore e il fenomeno è ovviamente di grado molto diverso, a seconda che si tratti di osservazione di fenomeni fisici o, viceversa, di osservazione di esseri viventi, ma diviene di primaria importanza quando l’oggetto di indagine è un altro essere umano. Qui il principale strumento di indagine è il ricercatore stesso: “la sua interazione col soggetto fornisce la certezza su cui si fonderà la spiegazione” (Hutten,cit.). .Al tema dell’osservazione come strumento di conoscenza della persona e della relazione interpersonale la ricerca psicoanalitica dà il suo contributo ponendo al centro dell’atto osservativo la relazione soggetto-oggetto. “L’uomo è costituito prettamente di relazioni; la relazione è pertanto la via migliore per conoscerlo e l’unica area di indagine veramente osservabile” .( Borgogno, 1978)
L’interazione tra l’osservatore e il fenomeno è ovviamente di grado molto diverso, a seconda che si tratti di osservazione di fenomeni fisici o, viceversa, di osservazione di esseri viventi, ma diviene di primaria importanza quando l’oggetto di indagine è un altro essere umano. Qui il principale strumento di indagine è il ricercatore stesso: “la sua interazione col soggetto fornisce la certezza su cui si fonderà la spiegazione” (Hutten,cit.). .Al tema dell’osservazione come strumento di conoscenza della persona e della relazione interpersonale la ricerca psicoanalitica dà il suo contributo ponendo al centro dell’atto osservativo la relazione soggetto-oggetto. “L’uomo è costituito prettamente di relazioni; la relazione è pertanto la via migliore per conoscerlo e l’unica area di indagine veramente osservabile” .( Borgogno, 1978)
Come
scrive Aron (2004): “la mente stessa è un costrutto relazionale e può essere
studiata solo nel contesto relazionale con altre menti”.
Secondo
il modello psicoanalitico, pertanto, l’osservatore si costituisce come il
principale strumento di conoscenza e l’osservazione, così intesa, non é un atto
impersonale e asettico, ne tanto meno passivo; non può fondarsi solo sul
guardare, ma deve contemplare al suo interno l’essere e il sentire [……][5]
E qui torniamo
all’Empatia che si deve stabilire fra l’intervistato e l’intervistatore, quella
comunicazione che ci permette di percepire l’esperienza degli altri, ed
certamente anche della nostra. Quindi ci da la possibilità di porci davanti ad
uno specchio (autoosservazione) per capire chi siamo e quindi per avere lo
stesso tipo di comunicazione con l’altro. Ognuno di noi ha la possibilità di
conoscere l’altra persona se conosciamo noi stessi aprendo l’unico canale di
comunicazione universale, la nostra consapevolezza di essere uomini nella sua
complessità.
Cosa dice la giurisprudenza.
1-L’ascolto del minore non è un mezzo
istruttorio
Dalla
sentenza di Cassazione n.ro 7282/2010 [6]
“L’audizione non rappresentando una
testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad
acquisire
una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento
formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni e i bisogni
rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, deve
svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del
minore di esprimere liberamente la propria opinione e, quindi, con tutte le
cautele e le modalità atte a evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti
ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i
difensori, nonché di sentire il minore da solo…”
Da “L’ascolto
del minore nei procedimenti civili. Riferimenti normativi e giurisprudenziali e
prospettiva della difesa” a cura dell’Avvocato Maria Giovanna Ruo. [7]
“L’ascolto
del minore è finalizzato a recepirne nel processo opinione, vissuto, istanze ed
esigenze. Non è mezzo istruttorio, in quanto non è volto alla verifica
di un fatto posto dalla parte alla base delle domande di parte. Non è
assimilabile alla testimonianza in quanto non è diretta a recepire fatti dei
quali una persona possa riferire: anzi è il suo esatto contrario, in quanto
nella testimonianza sono da escludere le valutazioni e le opinioni, mentre
nell’ascolto il minore è chiamato a manifestare la sua opinione. Nemmeno
è assimilabile all’interrogatorio formale: la prospettiva di confessione
della parte di circostanze alla stessa sfavorevoli è evidentemente estranea
all’audizione del minore. Poiché secondo plurime pronunce sia della Corte
Costituzionale sia della Cassazione al minore va attribuita la qualità di parte
in senso sostanziale, forse la sua audizione potrebbe essere assimilata
all’interrogatorio libero che, secondo autorevole dottrina, è volto a dare
alla parte la possibilità di spiegare al giudice le proprie ragioni. Tuttavia
la soluzione preferibile sembra ribadirne estraneità al sistema delle prove e
specificità in ragione della sua funzione di recepire nel processo l’opinione
del soggetto vulnerabile nel cui preminente interesse il provvedimento è
assunto.”
2-L’audizione
del minore, pena la nullità del procedimento (rilevabile d’ufficio) costituisce
elemento necessario nei giudizi che lo riguardano.
Da: Diritti ai Margini.
Informazioni e Materiali sui diritti dei minori in Italia e in Europa Save the
Children “Il
diritto all'ascolto del minore nel processo civile” [8]
“Con
la sentenza n. 22238 del 2009 [9],
la Suprema Corte a Sezione Unite ha affermato per la prima volta che il mancato
ascolto del minore nei suddetti procedimenti determina la nullità insanabile
e rilevabile d’ufficio del provvedimento impugnato per violazione dei principi
del contraddittorio e del giusto processo, salvo che l’omesso ascolto sia
giustificabile per l’assenza di una sufficiente capacità di discernimento
oppure per la manifesta e motivata contrarietà dell’ascolto stesso al
preminente interesse del minore.”
Da: “L’ascolto del minore nei procedimenti civili.
Riferimenti normativi e giurisprudenziali e prospettiva della difesa” a cura
dell’Avvocato Maria Giovanna Ruo.
“Già la Corte Costituzionale nel 2002 aveva
affermato la portata generale della prescrizione di cui all’art. 12 della
Convenzione sui diritti del fanciullo, entrata a integrare la disciplina
dell’art. 336 c.c., II comma nel senso di configurare il minore come parte
sostanziale del procedimento, con ogni relativa conseguenza24. Successivamente
le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 22238/2009, hanno affermato
che l’audizione dei minori è divenuta adempimento necessario nelle procedure
giudiziarie che li riguardano e quindi anche nei procedimenti relativi
all’affidamento e al diritto di visita. Ne consegue l’omessa audizione del
minore, “parte sostanziale” e portatore di interessi contrapposti ai suoi
genitori, costituisce violazione dei principi regolatori del giusto processo
(contraddittorio e diritti di difesa) e dà luogo a nullità, salvo che risulti
contraria al suo superiore interesse o difetti il requisito del discernimento[10],
elementi che debbono in ogni caso essere valutati con obbligo di relativa
motivazione. Con la sentenza n. 17201 dell’11 agosto
2011, in modifica al proprio precedente orientamento26, la Cassazione ha
affermato non più solo l’opportunità, ma la necessità dell’audizione del minore
anche nei procedimenti in materia di sottrazione internazionale” [11]
L’utilizzo
di linee guida
Da Roberta
Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso
all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi
di presunto abuso sessuale.[12]
“Si ritiene che
l’utilizzare linee guida adeguate permetta di arrivare ad una determinazione
affidabile dell’accaduto, riuscendo ad evitare i possibili errori che
minacciano il compito di valutazione. Si eviterebbe inoltre di produrre ciò che
viene chiamata la vittimizzazione secondaria del minore, cioè il sottoporlo ad
una serie di interrogatori eseguiti da diverse persone, compromettendone non
solo i ricordi ma anche la qualità della vita”
- Non si deve escludere a priori
l’intervista solo rifacendosi all’età o alla disabilità.
- Le fasi principali fase sono:[13]
-La Programmazione
dell’Intervista
-Stabilire una comunicazione con il
minore (Accoglienza)
-Ottenere una narrazione libera del
ricordo
-Porre le domande
-Concludere l’intervista
La programmazione dell’Intervista
- Per
ogni intervista bisogna prima di tutto stabilire le figure che fanno parte
dell’U.C.M.[14] l’Unita
di Consulenza Multidisciplinare che devono programmare l’intervista.
Nel caso in cui il minore ha già avuto
contatti con i Servizi Sociali, l’U.C.M.[15]
dovrebbe includere rappresentanti degli stessi Assistenti Sociali e della
Polizia, poi sicuramente il pediatra ed esperti che già conoscono il minore
come i genitori, gli insegnanti gli educatori, lo psicologo i tecnici di
terapia occupazionale. Sarebbe importante infine ascoltare nella preparazione
dell’intervista anche il minore consultandolo in base alla sua età e alla sua
maturità intellettuale.
Fra le figure che devono essere
coinvolte nella programmazione dell’intervista sicuramente deve essere preso in
considerazione anche quella di un neuropsichiatra infantile che dovrà valutare
lo stato di salute mentale del bambino e uno psicologo clinico che valuterà le
sue capacità cognitive. Entrambe le figure devono fornire solamente una
valutazione del minore per una più giusta pianificazione dell’intervista
futura.
Insieme alle figure professionali che
troveremo in seno all’U.C.M.[16]
che si andrà a comporre, sarebbe bene inserire un Mediatore Culturale che, se
il minore ha problemi fisici o psichici anteriori all’abuso (es, è sordomuto) o
se è molto piccolo, sappia fare da tramite con l’intervistatore. È però molto
importante fargli capire che non è lui l’interlocutore principale, ma
l’intervistatore che nell’occasione dovrà mantenere un contatto cosiddetto
“oculare” con l’intervistato. Non è assolutamente consigliabile che questo
mediatore sia un componente della famiglia o un parente.
Tutte le figure, specialisti
dell’U.C.M.,[17]comunque
dovranno avere anche una preparazione forense.
Altra figura importante per pianificare
un’intervista è quella di sostegno al minore, specialmente se quest’ultimo è un
bambino molto piccolo o molto provato. Potrebbe anche essere uno dei genitori
sempre che si guardi bene da non influenzare minimamente il figlio.[18]
- Bisogna
stabilire a priori chi fra le varie figure multidisciplinari deve condurre
l’intervista e se nel caso specifico può essere presente un secondo
intervistatore che deve comunque avere competenze eguali o simili a quelle del
collega e dovrebbe avere principalmente la funzione di individuare eventuali
errori nell’intervista oltre a capire se ci possono essere problemi di
comunicazioni fra il bambino e il primo intervistatore. Mai dovrebbe avere un
ruolo subordinato al primo o sentirsi emarginato o non essere riconoscibile nel
suo ruolo dal minore, in quanto quest’ultimo potrebbe chiedersi chi è e
mettersi sulla difensiva a scapito dell’intervista. Il suo ruolo può essere
importantissimo proprio come ulteriore garante di un lavoro proficuo.
Potrebbe essere presente anche un
Osservatore ma bisogna sempre avere l’accortezza che mai bisogna far diventare
l’intervista un interrogatorio di più persone insieme perché questa circostanza
potrebbe mettere molto a disagio l’intervistato e le persone coinvolte
potrebbero addirittura fare domande contraddittorie.
- Nella
scelta in fase di programmazione dell’intervistatore si deve pensare che debba
avere delle specifiche capacità e una preparazione di studio specifica per il
ruolo che va a ricoprire. Ad esempio un titolo di studio che gli consenta di
comunicare con il minore e farsi ascoltare da lui anche in situazioni
particolarmente problematiche.
L’intervistatore
deve poi essere sempre gradito al bambino che non lo deve assolutamente temere.
Per questo potrebbe essere uno della sua stessa razza o dello stesso genere.
L’American
Professional Society on the Abuseof Children (APSAC) ci chiarisce un identikit
della figura dell’intervistatore/valutatore che deve essere scelto in fase di
programmazione. Dovrebbe essere un laureato in Psichiatria o Psicologia,
Sociologia, Infermieristica o se non dovesse avere una di queste
caratteristiche, ma essere comunque uno specialista di provata esperienza,
dovrebbe essere supervisionato da una di queste figure.
Dovrebbe
avere un’esperienza nel campo di almeno due anni su casi di abuso di minori e
cinque anni per fare valutazioni legali. Dovrebbe altresì avere una provata
esperienza nell’area dello sviluppo infantile. Dovrebbe capire tutte le
conseguenze di un abuso sessuale e delle conseguenze che il minore in esame
possa avere dal punto di vista emotivo e comportamentale e un’adeguata
conoscenza dei più recenti studi del settore anche a livello mondiale, quindi
dovrà sottoporsi ad una formazione continua.
Una
prerogativa essenziale dovrà essere quella di proporsi nell’intervista con la
mente sgombra da pregiudizi e valutazioni aprioristiche dovute all’esperienza
che a volte potrebbe fuorviare l’intervistatore. Proporsi quindi in maniera
molto umile difronte ad ogni nuovo caso pensando che spesso quello che appare
non è la verità dei fatti. E che tutte le fonti di informazione possono avere
dei limiti e contenere delle “inaccuratezze”.[19]
- Bisogna stabilire chi sarà il
responsabile tecnico del gruppo nell’U.C.M.[20]
- Bisogna capire per tempo quali
problematiche ci potranno essere o ci sono state in relazione al caso. Ad
esempio bisogna informarsi su tutti gli eventi accaduti prima dell’intervista e
quindi è importante la storia del bambino, il suo vissuto, le sue esperienze. “Alcuni bambini -
traduce la Mazzoni - potrebbero essere sconosciuti al Servizio Sociale locale,
ma conosciuti, per esempio, ai Servizi di Neuropsichiatria Infantile, o ad
educatori professionali per problemi
psicologici o comportamentali, o per particolari esigenze educative.
Alcuni bambini potrebbero essere invece noti alla Scuola […..]”[21]o al Servizio Sanitario
locale.
Se vi siano dubbi che un minore possa
essere stato in qualsivoglia modo abusato bisogna sempre preventivamente
parlarne e concordare un’eventuale strategia di approccio con il Dipartimento
dei Servizi Sociali, la Polizia Giudiziaria, e comunque con un rappresentante
dell’U.C.M.[22] ad
esempio un medico pediatra e qualcuno del Servizio N.P.I. (Neuro Psichiatri
Infantile). Per tutto ciò è bene pensare anche ad una eventuale pre-intervista
del minore e delle figure che possano interessare la futura inchiesta.
- Nella
fase di programmazione vanno scelti e preparati anche i test psicologici che
possono essere somministrati al minore, ma in quest’accertamento vanno
effettuati soprattutto per capire qual’è il suo livello intellettuale o per
avere chiare quali siano le sue funzioni generali e il suo stato emotivo, tutte
situazioni che potrebbero condizionare l’intervista.[23]
La visita medica
Siccome, spesso, il bambino è l’unico
testimone di un abuso[24]
(Lamb,1994;
Lamb, 1999; Mazzoni, 2000; Lamb et al., 2000; Lamb et al., 2002; Mazzoni e
Ambrosio, 2003;
Gulotta,
2000; Gulotta e Ercolin, 2004), sarebbe bene, prima dell’intervista, effettuare
il più presto possibile l’esame medico dello stato fisico-legale del minore che
si ritiene possa essere stato abusato e informarlo
di cosa si farà. Se molto piccolo informando i suoi genitori. Questo per
cercare di rendere meno traumatica per il bambino questa fase
dell’accertamento. (Lamb 1994 – Kellog 2005)[25]
La visita medico legale, se fatta con
troppo ritardo, potrebbe non permettere di avere la certezza del reato, sia
perché le patologie riscontrate concernenti un possibile abuso potrebbero non
essere più chiare sia perché potrebbero non derivare nemmeno più da questo.
Nel caso in cui la visita medica venga
fatta in ritardo solo l’intervista del bambino può rivelare fatti concernenti
una eventuale violenza. Anche nel caso che questa visita sia fatta nei tempi
giusti, dobbiamo tener presente che tante forme di abuso non lasciano segni
evidenti sul minore (Lamb1994 – Bennet 1997 ed altri)
Le linee guida statunitensi definiscono
anche i tempi di questo accertamento “Se la rivelazione dell’abuso è avvenuta
entro 72 ore dal fatto, l’esame deve essere eseguito il prima possibile (AACAP,
1990; Kellogg et al, 2005) per permettere di raccogliere anche prove legali
appropriate che potrebbero includere prelievi con tamponi (che in bambini
prepuberali deve comunque avvenire entro 24 ore dall’abuso), campione di saliva
o capelli, raccolta degli abiti e campione di sangue (Kellogg et al, 2005).
Quando vengono superate le 72 ore e non sono presenti danni acuti, l’esame
d’emergenza generalmente non è più necessario in quanto le prove, che possono
essere raccolte entro questo termine, non sono più presenti (Kellogg et
al,2005).”[26]
Prima
dell’intervista è anche opportuno fare tutti gli esami di laboratorio atti ad
accertare se possano essere state trasmesse malattie nella circostanza di una
probabile violenza sessuale.
Nell’occasione il medico facente parte
dell’U.C.M.[27] deve
essere anche molto prudente per non mettere a disagio il minore. In questi casi è necessario che
il si interfacci con quello della Polizia Giudiziaria per valutare insieme che
gli esami da fare siano appropriati al caso in questione.
Altra importante regola da tener
presente è quella di sostenere il minore nell’esame con l’aiuto di un pediatra
o un Pediatra Ginecologo o di un genitore o qualcuno di cui il minore si fidi e
ne abbia confidenza, ed accertarsi soprattutto se gradisca una qualsiasi
presenza esterna al medico che esegue l’accertamento.[28]
Infine sono sempre consigliate, per una
maggiore chiarezza e trasparenza dell’esame l’effettuazione insieme al rapporto
di filmati o fotografie esplicative di eventuali o sospetti segni dell’abuso.
Informazioni che
bisogna sapere per fare una corretta intervista: criteri di massima da
seguire sempre.
Premessa:
Un modo
scorretto di interrogare il bambino potrebbe portare a non conoscere la verità
e un innocente non avrebbe giustizia oppure un innocente sarebbe accusato
ingiustamente.
La legge
italiana infatti recita che la testimonianza di una parte offesa “costituisce una vera e propria fonte di
prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di
colpevolezza dell’imputato, purché la
relativa valutazione sia adeguatamente motivata” (Cass.pen. sez. IV, n.
30422 del 10.08.2005), e che “la deposizione della persona offesa dal reato...
può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova” (Cass.pen. sez.
III, n. 22848 del 23.05.2003”) Pur tuttavia aggiunge “ove ritenuta intrinsecamente
attendibile”(Cass.pen., sez.
IV, n.30422 del 10.08.2005) oppure “ove sia sottoposta ad attento controllo di
credibilità oggettiva e soggettiva” (Cass.pen. sez. III, n. 22848 del 23.05.2003).[29]
Quindi:
- Bisogna
sapere se ci sono nel minore elementi prettamente soggettivi come l’aver già
avuto o sta avendo relazioni con i Servizi Sociali o comunque con i servizi
pubblici.
- Bisogna
sapere se il minore conosce tutti gli elementi del fatto oggetto di indagine e
quindi della storia che sta vivendo o che ha vissuto.
- Bisogna
anche capire se i racconti del bambino intervistato siano congrui con l’età del
fatto che sta raccontando. Se non c’è questa congruità vuol dire che le
informazioni sono di altra epoca. Tipico è il giudizio morale che il minore non
poteva esprimere all’epoca dei fatti. Sappiamo che solamente intorno ai 10 anni
il bambino raggiunge la parità di comprensione dell’adulto. Il modo di parlare,
invece, e i termini che usa dipendono molto dalla scuola o dalla famiglia in
cui vive.
- Bisogna
sapere se, nel caso in questione si voglia fare un’intervista registrata,
quanto valore le si deve dare.
- Bisogna
capire se il minore, ove gli fosse richiesto, sarebbe o meno disponibile ad un
controesame.
- Bisogna
capire la disponibilità o meno del minore nel sottoporsi ad un eventuale setting di intervista formale,
cioè di ricercare più approfonditamente, fare ulteriori accertamenti per
ottenere risultati più attendibili precisando anche in particolare il contesto
entro cui è avvenuto il fatto oggetto di indagine.
- Bisogna
conoscere bene la preparazione psicofisica del bambino al fatto e quali
informazioni si possono dare al bambino che sta per essere intervistato,
tenendo quindi presenti anche, e soprattutto, le sue naturali resistenze o
voglie o costrizioni nell’accusare o meno persone che lui potrebbe amare o
odiare.
- Bisogna
saper distinguere l’intervista volta ad una testimonianza da una volta a
salvaguardare il benessere del minore intervistato, tenendo sempre presente,
comunque, che entrambe le interviste devono volgere al benessere del ragazzo
nel momento e nel suo futuro. Se il giudice pensa che la testimonianza del minore
sia importante o addirittura “essenziale” ma che il testimoniare sia nel
contempo molto dannoso per il bambino, può lasciare a lui la possibilità di
decidere se farlo o no. Nel contempo questa volontà deve essere sempre
chiaramente messa agli atti insieme alla
volontà dei genitori o del suo tutore in merito alle circostanze processuali
così che il giudice possa in qualsiasi momento richiedere ulteriori
accertamenti.
- Bisogna
sapere, soprattutto nell’intervista penale, cosa si deve capire, ma mai farsi
influenzare dall’accusa rivolta alle persone coinvolte nel contenzioso.
- Bisogna
sapere che tutte le informazioni che verranno messe in evidenza nell’intervista
si devono considerare solo come indizi e mai considerate come conferma o meno
degli atti accusatori.
Anche
se il compito del perito intervistatore è quello di cercare di validare o meno
le affermazioni del minore[30],
nel contempo non può assolutamente formulare pareri che tendano a confermare in
maniera scientifica il contenuto di una testimonianza in quanto non esistono
indicatori validi per questa conferma ne
psicologici ne comportamentali ne tantomeno derivati dagli stessi test
somministrati nelle circostanze. Questa conferma la potrebbe dare solamente il
giudice se queste informazioni fossero adeguatamente supportate da prove
inconfutabili.
- Bisogna
tener sempre presente nel corso dell’intervista della psicologia del minore a
seconda che sia stato testimone di un crimine o se ne sia stato la vittima. Nei
due casi il sostegno da dare a lui o ai suoi genitori sarà certamente diverso.
- Bisogna
sapere che, se il minore deve avere contatti con la Polizia Giudiziaria i suoi
componenti devono una formazione adatta a trattare con il minore e sicuramente
conoscere le linee guida per la sua l’intervista.
- Bisogna
pensare che, soprattutto nell’intervista di un testimone, sia maschio che
femmina, lo scopo principale sarà sempre quello di riuscire ad avere alla fine
una visione più chiara possibile e fedele dell’accaduto e dei suoi
protagonisti.
- Bisogna
sapere che, se i minori che devono
essere intervistati hanno più di tre anni, va spiegato lo scopo dell’intervista
stessa e il compito degli intervistatori. [31]
- Bisogna sapere che, in ogni
momento dell’intervista deve essere garantito al moinore il suo diritto al
rispetto e alla sua dignità come persona e soprattutto alla riservatezza di ciò che andrà a deporre.
- Bisogna
sapere che, l’intervistatore deve per prima cosa valutare la capacità di
testimoniare del minore, ad esempio quali sono i suoi limiti oltre l’età, i problemi psicofisici o altro
- Bisogna
valutare, in particolare, le capacità del minore di capire senza ombra di
dubbio le domande dell’intervistatore, di avere nella mente ricordi chiari, se
è capace di esprimersi in forma corretta e se dice in sostanza quello che vuole
dire. In questo caso bisogna vedere se ha la capacità di capire la lingua in
relazione alle sue strutture di grammatica e sintassi e se ha la capacità di
saper distinguere nelle parole le differenze seppur minime del loro
significato.
- Bisogna
valutare ancora se il bambino è capace di distinguere tra i veri e i falsi
ricordi e soprattutto se sa distinguere la fantasia dalla realtà dei fatti
vissuti e soprattutto se nel momento dell’intervista ha voglia di farlo o la
sua mente ha voglia di ricordare solo certi fatti e non altri. Nell’incertezza
bisogna, se possibile, farsi aiutare dai genitori o da persone che lo conoscono
bene.
- Bisogna
accertarsi se il bambino sappia parlare correttamente la lingua in uso nell’intervista e se capisce
bene quello che gli si dice.
- Bisogna accertarsi che il bambino
abbia capacità di interpretare fatti e circostanze.
- Bisogna
capire quando e quanto il bambino può essere stato suggestionato da terze
persone e quindi se le sue risposte sono dettate da paura o altro.
Quest’aspetto deve, se si hanno dubbi, essere riportato nella relazione
conclusiva all’intervista.
- Bisogna
lasciare sempre libero l’intervistando di rispondere spontaneamente e mai
forzarlo direttamente, indirettamente, inconsciamente o addirittura
consciamente ad una risposta che gratifichi chi intervista. Sempre più spesso
purtroppo si tende paradossalmente a non tenere o a ter poco conto
dell’opinione del minore.
- Bisogna
ricordare sempre che il minore, soprattutto se bambino, darà risposte valide e
coerenti se le domande che gli verranno rivolte sono poste da persone di cui si
fida e che lo faranno sentire tranquillo. Quindi, la primissima fase
dell’intervista, sarà sempre volta ad acquisire la sua fiducia. Nella fase
finale invece si cercherà di lasciarlo in una situazione psicologica positiva.
- Bisogna
sapere che, non essendo le tecniche dell’intervista le stesse di una
conversazione casuale, esse dovranno essere frutto di uno specifico studio e di
una sperimentazione preventiva. Da qui va da se che l’intervistatore deve avere
una preparazione tecnica specifica e una formazione continua.
- Bisogna
sapere che, essendo la memoria del bambino molto accurata ma povera e
facilmente malleabile, non ci devono essere interferenze da parte di chi fa le
domande. Ciò potrebbe portare ad errori anche irreversibili nell’esporre e nel
ricordare il fatto.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve forzare il bambino facendo un nome in
particolare,
- Bisogna
sapere che l’intervistatore deve accettare la risposta negativa alla sua
aspettativa e avere la pazienza di aspettare l’articolato del minore.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore deve accettare anche risposte incerte come “non so”
o “non mi ricordo”
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve “consigliare” un nome particolare al
minore, ad esempio quello della persona che pensi essere il maggior indiziato o immettendo in un ricordo quello di una
persona in particolare. “Se ci fosse
stata la tale persona come ti saresti comportato?”
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve ripetere una domanda molte volte per
costringere il bambino a rispondere facendo capire che le risposte date in
precedenza non erano di suo gradimento o insoddisfacenti. [32]
Infatti il ripetere molte volte la domanda è sicuramente un fattore di rischio
e distorsione delle sue risposte e quindi dei suoi ricordi, dando così
sicuramente adito ad errori che, essendo incorporati nello stesso sforzo del “ricordare continuo”, diventeranno alla
fine parte del ricordo stesso e percepiti come verità.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve fare commenti (feedback)
su una risposta sia positiva che negativa in modo da sollecitarne un’altra che
si crede sia quella giusta dando soddisfazione al bambino, magari
gratificandolo con un “bravo, bene,
giusto….”
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve contraddire l’intervistato cercando di
fargli dire il contrario di quello che pensa. portando altre testimonianze
contrarie, ad esempio di un suo amico o di un genitore o comunque di una persona che stima o che ama.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve far credere all’intervistando che chi fa
le domande sappia già le risposte in modo da fargli dire quello che pensa a
priori.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve usare l’articolo determinativo anziché
quello indeterminativo. “Hai visto l’uomo
fare una cosa…” anziché “hai visto un
uomo fare una cosa….”
Da Memorandum
of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal
Proceedings,[33]
“E' per questo motivo che, in particolare con
bambini, si assiste spesso ad un intervento
pesante da parte degli adulti, intervento che,
se svolto da personale che non segue le
linee guida, porta a errori anche irreversibili
nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi
ho fornito un elenco degli errori più comuni
[…..] l'implicare che l'intervistatore già conosce i fatti, e il testimone deve
solo confermare quello che l'intervistatore già sa. A questi errori grossolani molti altri se ne
aggiungono, sia grossolani che sottili, quali
ad esempio l'uso dell'articolo determinativo
anziché indeterminativo; il suggerire al
testimone fatti prima che sia il testimone
stesso a parlarne spontaneamente”
-
Bisogna sapere che
l’intervistatore non deve suggerire anche fatti, circostanze, luoghi ecc. prima
che l’intervistando li faccia spontaneamente. Bisogna infatti tenere sempre
presente che tutti i bambini (e anche in parte gli adulti) possono cambiare
idea e quindi versione in base ad eventuali suggerimenti imposti consciamente o
inconsciamente dagli intervistatori ed è noto che il grado di influenzabilità
del minore è inversamente proporzionale alla sua età. Ciò non significa che il
bambino non sia in grado di testimoniare ma certamente, se l’intervistatore non
è molto attento, potrebbe rischiare in qualsiasi momento di condizionare le sue
risposte. Se le domande sono poste correttamente, le risposte saranno coerenti.
L’intervistatore deve anche stare molto attento ad “aiutare” il bambino a
selezionare i suoi ricordi e ad organizzarglieli in quanto potrebbe anche
modificarli e deformarli senza accorgersene.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore o gli intervistatori del bambino devono evitare di
parlare del fatto che si vuole accertare nei suoi particolari aspetti
dettagliandoli, ne pensare di farlo fare al bambino, perché nel corso
dell’intervista questi potrebbe aver acquisito informazioni particolari che
fino ad allora non aveva, cominciando di sua iniziativa ad inventare e per
rendere il racconto ancora più credibile, ma che in realtà è frutto solo di una
sua fantasia estrapolata dai fatti stessi in quanto questi ultimi annoverano
sia quelli originari che quelli appresi successivamente da altri e anche
dall’intervistatore stesso. È importante quindi che, se il bambino inizia a
dettagliare troppo i racconti, cercare con cautela di fermarlo.[34]
Bisogna quindi evitare il più possibile azioni induttive. Infatti si deve tener
presente che, se prima dei 6 anni la paura del bambino che mente è quella di
essere punito, solo dopo sviluppa in se l’importanza morale che “non lo si deve fare” e comincia ad avere
i cosiddetti “sentimenti morali” e il
senso di colpa e di vergogna. [35]
- Bisogna
sapere che tutto ciò che si vuole sapere dovrà comunque essere accertato senza
fretta, per gradi, magari in sessioni di ascolto prolungate e comunque quante
ne servono, per non stressare ulteriormente il bambino. Infatti uno stress
eccessivo può incidere notevolmente sulla qualità delle risposte, sulla sua
percezione e sul suo ricordo.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve pensare di aver capito prima che
l’intervistando abbia finito di parlare, magari anche interrompendolo mentre
parla, creando così diversivi che possano suggerirgli una sua linea di
condotta.
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve interpretare quello che dice
l’intervistando in modo personale per affermare una propria aspettativa.[36]
- Bisogna
sapere che l’intervistatore non deve interpretare in modo parziale o esteso
quello che il testimonio afferma, ma attendere la fine della testimonianza per
capire e relazionare.
- L’intervistatore
deve tener presente che questi errori vengono fatti frequentemente per due
motivi:
- Perché
queste modalità di intervista e quindi questi elementi d’errore sono
onnipresenti e assai frequenti nel colloquio di ogni giorno, quindi anche nel
parlare corrente. In pratica bisogna saper ascoltare, parlare il meno possibile
e lasciare l’intervistando libero di esprimersi come meglio vuole e sa fare.
- Perché fanno parte del modo tipico di
ragionare degli uomini.
Sappiamo
che il nostro ragionamento si basa su due processi tipici: uno deduttivo e uno
induttivo per cui nel primo caso la nostra mente parte da principi generali per
arrivare ad una risposta particolare e nel secondo caso partiamo da singoli
ragionamenti per arrivare a generalizzare.
Per
scendere nel concreto: “[…..]
la tendenza dell'uomo è di iniziare con delle ipotesi, e poi utilizzare i dati
per confermare queste ipotesi. Quindi l'intervistatore spontaneamente e
necessariamente inizia l'intervista con un'ipotesi di quanto il testimone
racconterà. In alcuni casi, come nei casi di abuso sessuale infantile, spesso
l'intervistatore ritiene che il bambino sia effettivamente stato abusato, e
ritiene implicitamente che il suo compito sia di portare il bambino a
confermare quello che lui come intervistatore ha già appreso da un altro
adulto”[37]
- Bisogna sapere
che l’intervistatore
deve avere una formazione continua e specifica e maestri molto preparati nella materia per evitare il più possibile
l’evitamento in errori grossolani, continuati ed evitabili se si seguissero le
giuste linee guida.
- Bisogna
tenere sempre presente che il colloquio investigativo è diverso dal colloquio
clinico essendo diverso lo scopo, il setting, le modalità di interazione fra
intervistato e intervistatore. È anche un errore utilizzare nell’intervista del
minore le tecniche di colloquio spontaneo o utilizzare il setting e il colloquio clinico per gestire una testimonianza[38]
.
- Bisogna
fare
molta attenzione alla scelta dei test da somministrare ai bambini. “L’indagine psicologica - leggiamo su
Psicologia e Diritto[39]
- potrà avvalersi di test (di
personalità, neuropsicologici e proiettivi) basati su performance del soggetti
(performance based) o sulla capacità di auto descriversi (self report);
I test prescelti dovranno essere caratterizzati da
elevata e comprovata affidabilità scientifica. La scelta dei test è affidata
alla competenza dell’esperto che dovrà tener conto – ed essere pronto a
riferire al Giudice e alle parti - del grado di validità ed accuratezza globale
dello strumento prescelto”
- Bisogna
sapere chela
presenza della madre o del padre del bambino durante un’intervista, potrebbe
essere un motivo di grande turbamento per lui specialmente se deve raccontare
qualcosa di cui si vergogna o comunque che possa in qualche maniera metterlo a
disagio difronte ai genitori.
- Bisogna
sapere che agli occhi del bambino la
figura dell’intervistatore riveste quasi sempre un ruolo autoritario. Se
quest’ultimo, quindi, cattura il suo sguardo potrebbe direttamente o
indirettamente fornire già una risposta alle domande fatte e i bambini
tenderanno ad avallarla e a farla propria mettendo a rischio la validità
dell’intervista. Quindi è necessario che l’intervistatore non esageri mai in
questo suo modo di reggere lo sguardo del bambino.
Per iniziare
bene
Per iniziare sarebbe bene studiare a
fondo tutte le caratteristiche del minore che si va ad intervistare. In
particolare la sua famiglia e il suo vissuto.
Il
lavoro inglese “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with
Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[40]ci fornisce un
elenco di massima di fattori che potrebbero
essere considerati nella futura intervista e che i componenti
dell’U.C.M.[41] devono
programmare nel pianificarla. Ovviamente ogni gruppo di lavoro dovrebbe
personalizzarla di volta in volta a seconda delle caratteristiche peculiari del
minore:
------------------------------
Testuale
- età;
- razza,
- cultura ed etnia;
- religione;
- genere e sessualità;
- problemi fisici o di apprendimento;
- particolari bisogni di salute;
- abilità cognitive (per es. memoria,
attenzione);
- abilità linguistiche (per es. quanto
capisce il linguaggio parlato o quanto bene lo usa);
- stato emotivo attuale;
- quali persone si prendono
particolarmente cura del bambino e tipo della relazione
esistente (inclusi estranei o conviventi);
esistente (inclusi estranei o conviventi);
- esperienze del bambino in fatto di sessualità
e nudità;
- punizioni usate con il bambino (per
es. se riceve botte o se gli vengono sottratti dei
privilegi);
- tecniche usate col bambino per
l'igiene e l'andare a letto
- modalità di addormentamento;
- ogni stress significativo di cui il bambino
o la famiglia abbiano fatto esperienza di recente (per es. violenza domestica,
malattie, perdita di lavoro dei genitori, traslochi, divorzio dei genitori).
------------------------------
I Tempi dell’intervista
I
Tempi dell’intervista devono essere programmati nella fase di pianificazione
della stessa. Ovviamente questi dipenderanno molto dalle caratteristiche del
bambino, principalmente dalla sua età e dalla sua capacità intellettiva,
dall’attenzione, così come dai suoi bisogni specifici o dalla sua salute
psicofisica. Una raccomandazione importante è senz’altro quella di seguire
sempre i tempi del bambino e non quelli dell’intervistatore o di altri
componenti dell’U.C.M.[42]
Anche
se è bene che l’intervista debba essere fatta quanto più è possibile vicino al
momento in cui il bambino ha subito la violenza o l’abuso, è molto importante
non far loro interviste senza rispettare i loro ritmi di vita che non vanno mai
sconvolti. Ad esempio non farlo prima dei pasti o prima di andare a letto, ne
vanno presi da scuola durante le lezioni.
Per capire la durata dell’intervista
bisogna fare riferimento alle figure che conoscono il bambino a fondo per non
insistere se è stanco. Importanti quindi sono anche le pause sapendo a priori
quale è il tempo massimo della durata della sua attenzione. In queste pause
sarebbe bene che il bambino possa rinfrescarsi e andare al bagno. Se il bambino
va al bagno è bene che sia accompagnato e possibilmente non farlo parlare con
alcuna persona e se questo avviene bisogna specificarlo in registrazione. Mai
queste pause devono sembrare al bambino un premio o una punizione per una sua
collaborazione o meno all’intervista.[43]
La
durata dell’intervista può essere dettata anche da alcuni fattori quali la
quantità di cose che si devono sapere, il tempo che ci vuole per entrare in
sintonia con lui e metterlo a suo agio e come abbiamo detto la sua
disponibilità al colloquio prima che l’attenzione cominci a calare. Ovviamente
più è piccolo il bambino meno dovrebbe durare l’intervista. In genere un’oretta
è il tempo giusto se tutto procede in maniera ottimale. È anche ovvio che
l’intervistatore non deve insistere se il minore incomincia a dare segni di
impazienza e di stanchezza.
L’Accoglienza
Dalle
Linee Guida inglesi in Roberta Asperges
/ Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento
e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore
in casi di presunto abuso sessuale”[44]
“Molti
bambini saranno ansiosi prima di una intervista investigativa e pochi avranno
familiarità con gli aspetti formali della procedura. Pertanto è importante in
questa fase cercare di costruire una vera e reciproca comprensione con il
bambino, cercando così di aiutarlo a rilassarsi. Per fare ciò, lo Home Office
consiglia di parlare inizialmente di eventi e di tematiche non attinenti
all’investigazione. Oltre a ciò, all’interno di questa fase, la guida dello
Home Officeinserisce le spiegazioni delle regole base. I bambini, soprattutto
giovani, percepiscono gli intervistatori come figure di autorità, e numerose
ricerche hanno trovato che quando tali figure fanno domande il bambino si
sforza di rispondere. Nello stesso modo, quando l’autorità offre
interpretazioni di eventi o azioni molti bambini si dimostrano d’accordo per
compiacenza (compliance). Diventa
pertanto necessario che l’intervistatore non dia maggior enfasi alla sua
autorità e usi nel migliore dei modi la fase del rapporto per
contrastare
attivamente la tendenza del bambino a rispondere per compiacere. Ciò può essere
fatto dichiarando che l’intervistatore non era presente quando l’evento sotto
investigazione
è accaduto, e che perciò bisogna contare sul racconto del bambino; Se
l’intervistatore
chiede una domanda che il bambino non capisce, questo deve sentirsi
libero
di rispondere dicendo che non ha capito; Se l’intervistatore fa una domanda
alla
quale
il bambino non sa rispondere, questo può rispondere: “non lo so”; Se
l’intervistatore fraintende cosa il bambino ha detto o riassume il resoconto
del bambino in maniera scorretta, il bambino dovrebbe essere messo in grado di
farlo presente (Home Office, 2002).”
Le
linee Guida degli Stati Uniti Practice Parameters for Child Custody Evaluation
dell’A.A.C.A.P. (American Academy Child and Adolescent Psychiatry) consigliano
di accertarsi che il bambino capisca qual è la differenza fra “Vedità” e
“Finzione”(Bennet 1997) Tutto ciò, dicono gli americani, deve essere fatti
proprio nella fase dell’accoglienza perché il bambino potrebbe pensare che
l’intervistatore non creda a quello che dice pertanto non bisogna chiedere al
bambino se conosce questa differenza ma capirlo a priori.
Abbiamo
visto, quindi, che in questa fase si deve prima cominciare con lo stabilire un
rapporto fiduciario e di reciproca conoscenza
con il bambino. Nelle linee guida di alcuni psichiatri americani lo
stabilire un rapporto con il bambino che deve essere intervistato potrebbe
richiedere anche dalle due alle tre interviste!
L’intervistatore quindi per capire si
avvarrà di esempi adatti all’età del bambino e da lui facilmente comprensibili. [45]
“Per esempio ad un bambino di scuola secondaria si può chiedere di dare un
esempio di un evento di vero e di uno falso, mentre ad un bambino più piccolo
si propongono degli esempi chiedendogli quale sia vero e quale falso
"[46]
Questo rapporto
si può creare incominciando con una chiacchierata informale, magari con
argomenti non attinenti al fatto specifico della futura intervista o anche
introducendone altri che lo divertono e lo interessano, oppure facendolo interessare agli strumenti di
ripresa, videocamere o luci o ad altro. Parlando lo si deve sempre rassicurare
dicendogli, ad esempio, che lui è li non perché abbia fatto qualcosa di male.
La vera e propria intervista comincia con la
presentazione al minore delle persone che sono in stanza chiamandole per nome.[47]
Subito bisogna raccontare al bambino
cosa sta succedendo ovviamente parlandogli nella lingua che comprende meglio e
nella maniera più consona alle sue caratteristiche psicofisiche.
Se c’è un agente di polizia deve essere
senza divisa e l’intervistatore ne spiegherà il suo ruolo chiarendo al bambino,
che per la sua presenza potrebbe pensare di aver fatto qualcosa di male, che
non è così e che non deve assolutamente essere in apprensione.
Nell’intervista video registrata
l’intervistatore dovrà formalmente specificare il luogo dove si svolge
l’intervista, dove sono le telecamere e la loro funzione.[48]
Al bambino più piccolo si chiarirà che
ci sono altre persone che vorrebbero sapere cosa dirà per aiutarlo se ne avesse
bisogno, e che la videoregistrazione servirà a semplificare il tutto senza
bisogno di ripetere l’intervista più volte.
Con cautela lo si deve informare che
comunque ci sono delle regole di base che si devono rispettare affinché tutti
siano soddisfatti dell’intervista, cercando quindi di farlo partecipare, magari
anche con enfasi, senza mai, comunque, caricarlo di responsabilità per la sua
buona riuscita. In questa fase sarebbe bene capire anche se sa distinguere il
vero dal falso e quale è la sua conoscenza, cognitiva, emozionale e dello stare
insieme ad altri.
La preparazione
del minore all’intervista
Altra
cosa che si deve fare prima della vera e propria intervista è la preparazione
del minore a questa tenendo comunque sempre presente la sua età. È bene poi
dargli un minimo di spiegazioni su cosa andrà a fare e come l’andrà a fare, le
persone che saranno con lui nell’occasione, i tempi e i luoghi ed anche lo
scopo dell’intervista se videoregistrata.
In questo caso si dovrebbe spiegare al
minore i vantaggi e gli svantaggi della videoregistrazione e quali sono le
persone che potranno vederla.
Il bambino va anche avvisato che
potrebbe testimoniare anche in un tribunale, infatti non è detto, come vedremo,
che la videoregistrazione sia utilizzata dal giudice.
L’intervistatore
dice di cosa si parlerà
L’intervistatore deve definire bene di
cosa si parlerà senza entrare in merito alla natura dell’eventuale reato che si
dovrebbe accertare. Se il bambino ha in fase di primo accertamento (prima
dell’intervista) già accusato esplicitamente una persona, l’intervistatore può
entrare subito in argomento per ottenere un’ulteriore denuncia. Se non c’è
stata mai una denuncia del bambino, ma alcune ragioni farebbero prevedere che è
stato abusato, come visite mediche o addirittura una confessione dell’abusante,
l’intervista è senza meno più complessa ma comunque legittimata.
Come
abbiamo detto, il racconto del bambino non deve mai essere stimolato a
raggiungere una verità che si presuppone. Ma se dal suo racconto non si hanno
informazioni, qualunque esse siano, l’intervistatore dovrebbe entrare in
argomento dall’ultimo oggetto della conversazione: ad esempio come va a scuola,
cosa fa a casa ecc. Se ancora il bambino non vuole entrare in argomento, si può
tentare chiedendogli qual è la cosa di cui vuole parlare e se una in
particolare lo potrebbe interessare, lasciandolo sempre libero di dire ciò che
vuole, perché la denuncia di un’eventuale accusa deve sempre nascere
spontaneamente dalla sua volontà, pena la nullità del procedimento.
Ci
sono poi alcune domande che si possono fare per stabilire un rapporto e fare in
modo che il bambino parli del fatto che si vuole accertare. Il Memorandum of Good Practice on Video
Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992 ci da alcune esempi di domande da fare:” [49]
------------------------------
Testuale
“Sai
perché sei qui, oggi?”
(se
non risponde)
“Se c'è qualcosa
che ti turba è importante per me poterlo capire”
(se
non risponde)
“Ho sentito che
stavi dicendo qualcosa al tuo insegnante/amico/mamma la scorsa
settimana. Dimmi
di cosa avete parlato”.
(se
non c'è un'accusa precedente)
“Ho sentito che
qualcosa ti ha sconvolto, puoi dirmi di che cosa si tratta?”
(se
non risponde)
“Come ti avevo
detto, il mio lavoro è quello di parlare con i bambini riguardo a cose che li
turbano. È molto
importante che io capisca cosa ti sta turbando; dimmi perché pensi che
(chi
si occupa di lui) ti ha portato qui,
oggi”
(se
non risponde)
“Ho sentito che
qualcuno può aver fatto qualcosa che non era giusta; dimmi ciò che sai
riguardo questa
cosa, qualsiasi cosa ricordi”
------------------------------
Per
impedire che il bambino dia risposte compiacenti :
Molti sono i
fattori per avere buone possibilità che il bambino racconti in maniera adeguata
i fatti che andrà a riferire. Fra questi i più importanti sono:
- Le
capacità del bambino di saper riferire e quindi il suo livello intellettivo, le
sue capacità e i suoi tempi di
attenzione, la sua capacità di distinguere tra bene e male, tra giusto e
ingiusto e il suo stato di salute psicofisica.[50]
- Le
capacità dell’intervistatore di saper chiedere al bambino.
Riportiamo
alcuni esempi di intervista [51]
------------------------------
Testuale
“Oggi ti
chiederò di dirmi qualcosa che ti è successo. Io non c'ero quando questa cosa è
successa, perciò
posso sapere solo quello che mi dirai tu, capito?
(pausa)
“Per capire
meglio cosa è successo ti devo fare qualche domanda; se tu la risposta non la
sai, devi dire
'non lo so' oppure 'non ho capito'; perciò, se ti chiedo (l'esempio deve essere
in relazione con
l'ultimo oggetto di conversazione) 'quando è il compleanno della tua
maestra', che
cosa mi rispondi?”
(il
bambino risponde)
“bene, non lo
sai, vero?”
(pausa)
“e se mi dici
cose ed io le capisco in modo sbagliato mi devi correggere”
(pausa)
“così se io dico (sempre in
rapporto con l'argomento sul quale si conversava durante la
fase
di costruzione del rapporto) 'la tua
maestra si chiama signorina Angela (ovviamente,
nome
diverso da quello dell'insegnante reale), tu
cosa mi rispondi?”
(il bambino risponde)
“bene, così io ci posso credere a quello che tu mi
racconterai, e potrò capire che cosa è
successo”.
------------------------------
- Se
il bambino dimostra di conoscere bene la differenza fra il vero e il falso è
molto importante, forse essenziale, terminare enfatizzando l’importanza di dire
sempre la verità in circostanze dove, se non lo si facesse, si potrebbe
danneggiare se stessi ed anche altre
persone.
Comunque tutti questi discorsi non vanno
mai fatti durante l’intervista vera e propria perché il bambino potrebbe
pensare che fino ad allora non lo si abbia creduto.
- A
questo punto dell’introduzione all’intervista bisogna chiedere al bambino di
fare un racconto veritiero di quello che vuole raccontare e della sua
responsabilità. Ora sarebbe anche utile farlo giurare, anche se non c’è un
obbligo ben preciso, ma sarebbe consigliabile se si vogliono avere buone
possibilità che il tribunale possa accogliere la videoregistrazione come prova.
Certo questo è un momento particolare per il minore che lo potrebbe mettere a
disagio e in allarme, quindi dovrebbe essere fatto sempre durante la prima
fase, quella di conoscenza e in maniera quanto più possibile discorsiva, magari
discutendo con lui della differenza che ci potrebbe essere fra verità e bugia.
Il
Memorandum of Good Practice on Video
Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992 ci
viene ancora in aiuto suggerendoci alcune frasi ci potrebbero aiutare nella
circostanza. Potremmo, per mettere il bambino a suo agio,
parlare cosi:” [53]
------------------------------
Testuale
“Ora (nome) è molto importante che tu mi dica la
verità riguardo a queste cose che ti sono
successe. Così prima di iniziare voglio mettere in
chiaro che hai capito la differenza tra
verità e bugia”
(pausa)
“così, per esempio (riferendosi ad un oggetto delle
stanza), se io do un colpo su questo
bicchiere di acqua e poi dico a tua madre che sei
stato tu, questo è vero o è una bugia?”
(risposta del
bambino)
“bene, questa sarebbe una bugia perché sono stato io
e non tu a far cadere l'acqua. Ora se
io dico che tu sei venuto oggi a trovarmi con (nome di chi lo
ha accompagnato), questa
sarebbe una verità o una bugia?”
(risposta del
bambino)
“Si, questa è la verità. Così è importante che tu
oggi mi dica la verità, capito?”
(risposta del
bambino)
“tu devi dirmi solo cose che sono reali e non
inventate”
(pausa)
“così, se io ti dico che hai conosciuto fate o
uomini dello spazio mentre venivi qui, mi diresti
che è reale o inventato?”
(risposta del
bambino)
“si, questo sarebbe inventato. Tu dovresti dirmi
solo cose che credi siano successe
realmente a te”.
Per mettere il
bambino a suo agio
- Durante
la fase di intervista il compito dell’intervistatore è soprattutto quello di
facilitare il bambino a parlare liberamente e a dare risposte che siano
spontanee e comunque aiutarlo nella sua esposizione a dire la sua verità, mai
quello che crede l’intervistatore anche se si è fatto già un’opinione dei
fatti.
- In
questa fase, mentre il bambino parla, bisognerebbe evitare di interromperlo e
lasciarlo libero di esporre i fatti. Mai fare domande su altre domande. Potremo
parlare di “un ascolto attivo” e far capire all’intervistato che lo si sta
ascoltando con interesse. L’intervistatore dovrebbe intervenire il meno
possibile e solo quando il bambino ha un calo di interesse o sembra in
difficoltà, ma sempre aiutandolo discretamente a continuare il racconto senza
mai aggiungere informazioni ancora non dette da lui.
- Aiutare
l’intervistato quindi. A volte il bambino è riluttante a raccontare certi
avvenimenti. In quel caso bisogna rassicurarlo con frasi del tipo “capisco che
per te sia difficile raccontare queste cose, come posso aiutarti a farlo?”
Quando comunque è in difficoltà non sono consigliabili termini vezzeggiativi o
prendendogli le mani o carezzandolo, potremmo metterlo ancor di più in
imbarazzo. Possiamo invece chiamarlo con il suo nome mai il vezzeggiativo del
nome.
Il racconto del
bambino
- Per
quanto riguarda le informazioni che i bambini danno si è constatato che quelli
più piccoli tendono a darne di meno e usano più pause. Queste pause devono
assolutamente essere tollerate da chi fa le domande. “tale tolleranza - si
legge nella traduzione della psicologa Giuliana Mazzoni del testo inglese
“Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child
Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[54] – dovrebbe[ro]
essere estesa[e] a tutto ciò che potrebbe sembrare irrilevante o un'informazione
ripetitiva. È corretto dare suggerimenti neutrali (“e poi cosa è successo?”)
che non implicano delle valutazioni positive (“giusto”, “bene”).
L'intervistatore ha anche bisogno di stare attento a comunicazioni non
intenzionali di approvazione o disapprovazione fatte attraverso le inflessioni
della voce o la mimica facciale.”
A
volte i bambini sono reticenti nel raccontare i fatti perché l’abusante ha
detto loro che quello che è accaduto deve rimanere un segreto da condividere
solo in due. Se ci fosse tale pensiero da parte dell’intervistatore la domanda
può anche essere “diretta” e se il
bambino risponde bisognerebbe rassicurarlo dicendogli che vorremmo aiutarlo ad
interrompere quello che è successo o che sta succedendo. Se il bambino invece
vuole parlare di quello che è accaduto attraverso un gioco, ad esempio con un
telefono giocattolo, chi intervista lo deve esplicitamente dire nella
registrazione dei fatti e conservare la documentazione se la rivelazione è
stata scritta su un foglietto dal bambino o con un disegno esplicito.
- La
velocità e quindi i tempi del racconto del bambino, abbiamo capito, vanno
stabiliti da lui e non sono quelli dell’intervistatore, quindi mai guardare
l’orologio o dare segni di stanchezza o di noia o di impazienza.
- Abbiamo
anche già visto che bisogna intervistare il bambino nella sua lingua madre a
meno che non sia bilingue e non conosca meglio la seconda lingua.
- Se
il bambino è straniero bisogna sempre
cercare di conoscere o comunque capire la sua cultura d’origine, la sua
religione, i suoi usi e i suoi costumi. Sarebbe anche utile conoscere alcune
credenze della sua terra. Questo non vale solamente per il bambino immigrato,
ma anche per bambini italiani di regioni che hanno una particolare cultura,
come il minore alto atesino o quello sardo o vissuto in un campo nomade o
figlio di genitori delinquenti abituali o altro. Anche questo tipo di
considerazioni ci devono far capire che
molti fattori potrebbero influenzare alcune risposte dell’intervistato.
In tutti questi casi potrebbe essere utile un mediatore culturale e in alcune
circostanze anche il sesso o la nazionalità o comunque alcune caratteristiche
peculiari dell’intervistatore.
- E’
importante sapere che nel caso di un’intervista il bambino potrebbe trattenersi
dal raccontare un abuso sia perché non vuole raccontare, sia perché non ci
riesce essendo il racconto troppo traumatico per lui, sia perché ha deciso di
non farlo perché si vergogna o se ne è fatto una colpa, oppure perché non vuole
accusare una persona a lui cara o della quale ha paura.
Infine è bene ricordare che il vissuto
emotivo del bambino potrebbe addirittura essere dissociato dal ricordo del
trauma. A volte è capitato che bambini abusati non abbiano mostrato un
particolare disagio a raccontare l’abuso che hanno subito e magari hanno
raccontato l’accaduto senza una particolare emozione, freddamente e mostrando
una lucidità inaspettata. In altri casi, addirittura, fanno loro, abusi vissuti
da altri bambini. Bisogna tener presente anche che la risposta emotiva del
bambino non è sempre uguale a quella di un adulto perché potrebbero non aver
ancora maturato i giudizi morali dell’adulto.[55]
- In
alcuni casi di vissuti traumatici, i bambini possono avere difficoltà a
raccontare l’esatta collocazione temporale o l’esatta cronologia dei tempi
dell’abuso per una vera e propria difficoltà di percezione corretta del tempo e
quindi, spesso, hanno anche difficoltà a ricostruire una corretta ricostruzione
cronologica dell’accaduto.
- Quando
il bambino usa dei termini sessuali non è detto
che a questi stia attribuendo lo stesso valore che vi attribuiamo noi
adulti. Comunque ogni incertezza sulle definizioni o i termini devono essere
chiariti nella fase delle domande.
Le domande
dell’intervistatore
- La
regola nell’intervista dei minori, specie se bambini, è soprattutto la
“Pazienza”. Non bisogna avere mai fretta di porre loro domande, ma aspettare e
rispettare i loro tempi. Quindi una domanda per volta lasciando che prima
completi la risposta precedente in tranquillità. Mai riempire i tempi d’attesa
intervenendo in qualsiasi modo, nemmeno facendo commenti, sia positivi che
negativi o addirittura con parole inutili e irrilevanti. Bisogna saper
ascoltare in silenzio facendo però un’unica attenzione affinché questo silenzio
non diventi opprimente, non si crei un’atmosfera troppo pesante.
- I tipi di domande sono quattro:
- Domande “a risposta aperta”
- Domande
“suggestive”
- Domande “specifiche”
- Domande “chiuse”
Le domande “a risposta aperta”
Sono
le domande che sarebbero sempre auspicabili in quanto lasciano al bambino ogni
voltala possibilità di rispondere liberamente e spaziare nella risposta con
argomentazioni personali e non guidate. I genere questo tipo di domande si
prediligono per iniziare, anche se sarebbero, come abbiamo detto, sempre
auspicabili nel corso dell’intervista. Esse consentono all’intervistatore di
avere molteplici informazioni, un quadro generale del problema e soprattutto il
punto di vista della persona che risponde con insieme la sua predisposizione a
parlare dell’argomento voluto ed anche un suo parere.
Anche
se in questa fase il bambino parla di cose molto importanti, bisogna
assolutamente avere la forza di non interrompere per sapere di più, ma
aspettare la fine del racconto. Solo quando si capisce che il racconto si è
naturalmente esaurito, l’intervistatore può procedere con una seconda domanda e
questa volta per avere più specifiche informazioni.
Può succedere che la domanda a risposta aperta possa dare turbamento o
fastidio al bambino, allora è il caso che l’intervistatore lo distragga con un
argomento che quest’ultimo ha fatto capire di voler trattare senza problemi e,
solamente in seguito, ritornare cautamente sull’argomento interessato.
L’intervistatore, quindi, deve tenere
sempre sotto controllo il metodo dell’intervista non condizionando mai le
risposte nell’intervista.[56]
Le
domande “suggestive”
Da “Memorandum of Good Practice on Video
Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[57] “In parole
povere, una domanda suggestiva è una domanda che implica la risposta e che
presuppone fatti che è probabile che siano ancora da accertare. Come per le domande chiuse, una domanda può essere suggestiva non solo per la natura della
domanda stessa, ma anche in base a ciò che il testimone ha già detto nel corso
dell'intervista. Quando ad un testimone che sta deponendo in tribunale viene
posta una domanda suggestiva,
l'avvocato può porre obiezione prima che il testimone risponda; questo
ovviamente non può accadere durante l'intervista registrata, ma è probabile
che, se l'intervista dovesse essere proposta in tribunale come prova, parti di
essa potrebbero essere tagliate o, al peggio, potrebbe essere dichiarata
inammissibile l'intera registrazione”
Quindi
le risposte alla domanda suggestiva,
nella prassi, tendono ad essere determinate e influenzate molto dal modo in cui
è fatta la domanda più che dalla volontà e dal ricordo dell’intervistato,
quindi possono essere fuorvianti (Ceci e Bruck, 1995; Bruck, Ceci e Hembrooke, 1998;
Poole e Lamb, 1998; Lamb et al., 1999; Wood e Garven, 2000; Bull, 2000;
Mazzoni, 2000; Gulotta et al., 2000; Stemberg et al., 2001;Lamb et al., 2002;
Krahenbuhl e Blades, 2005; Mazzoni e Ambrosio, 2003; De Cataldo)[58]
In particolare,
se si ha a che fare con un bambino di circa 10 anni, rispetto ad un bambino di
circa 4 anni, diminuisce della metà la
percentuale d’errore e di un terzo se paragonata a quella di un adulto.
In genere, quindi devono, essere usate
solamente come ultima risorsa. Se ci si accorge che con una di queste domande
c’è stato un risultato di rilievo, si deve poi passare a domande aperte o specifiche.
Non sono consigliate nel caso di
interviste su bambini perché si forzerebbe troppo facilmente la loro volontà
nel rispondere liberamente.
Nella fase della conoscenza del bambino
una domanda suggestiva potrebbe compromettere dall’inizio il rapporto con l’intervistatore
e le risposte che darebbe sarebbero di scarsa attendibilità perché il bambino
tenderebbe a non rispondere con proprie parole.
Le
domande “specifiche”
Le
domande “specifiche” sono in linea di
massima il contrario delle domande “suggestive”
perché vanno a domandare solamente chiarimenti o approfondimenti su
informazioni già esistenti, quindi generano spesso risposte gradite ai bambini
perché sono facili e consequenziali.
Le
domande specifiche in genere iniziano
con cosa, quando, chi, perché, dove?
A volte però anche questo tipo di domande potrebbero essere non gradite
soprattutto quando si usa l’avverbio “perché.”
Se si esagera nel chiedere i “perché”
i bambini potrebbero sentirsi troppo responsabilizzati e si chiuderebbero nelle
risposte. [59]
Se vogliamo chiedere ad un bambino con
una domanda specifica di essere più
chiaro nella risposta bisogna sapere che la sua stessa età non gli consente, in
genere, di isolare le circostanze e gli episodi nel tempo, specialmente se si
sono svolti in maniera simile. [60]
Allora dovremmo cercare di capire se uno
di questi lo ha colpito in maniera particolare o addirittura eccezionale. A
questo punto useremo questo episodio per risalire agli altri . “Mi dici perché questa persona ti ha tirato per i capelli” “La seconda volta te li ha strappati? Ti ha fatto più male?”
Altro metodo sarebbe quello di indagare
sul primo e sull’ultimo episodio accaduto, perché, essendo all’inizio e alla
fine, potrebbero essere i più riconoscibili nel ricordo del bambino, tenendo
sempre presente che il ricordo di situazioni od eventi e quasi sempre
incompleto.
Teniamo presente che “….Il ricordo è il
risultato del processo di recupero e riorganizzazione di informazioni
incomplete, selettive e a volte distorte presenti in memoria.
Ogni processo di rievocazione è caratterizzato da dettagli dimenticati e
spazi vuoti anche se il risultato può apparire, ad un’analisi superficiale,
completo e senza “buchi”, essendo il prodotto finale di un processo
ricostruttivo;
Allo stesso modo bisogna essere prudenti
nell’accettare o meno racconti di avvenimenti sempre eguali a se stessi,
narrati con modalità ed espressioni meccaniche e ripetitive (“robot-like”).” [61]
È bene tener presente che quando
vogliamo sapere dai bambini notizie su circostanze che si sono ripetute nel
tempo è giusta prassi fare tutte le domande che si ritengono opportune prima
solo sullo stesso evento e in seguito passare agli altri.
Le
domande “chiuse”
Sono domande che lasciano al bambino
un’alternativa, ma solo una. “Quella persona aveva una macchina bianca o
rossa?”
Il grande limite di questo tipo di domanda
è che, chi deve rispondere, specie se è molto piccolo, si rifà ad una delle due
alternative e non amplia la risposta. Oppure, siccome viene chiuso fra due
risposte continua su una e, per ampliarla, fa ricorso alla sua immaginazione
che spesso nei bambini è molto fertile. Per lasciare un po’ di spazio alla
risposta si può chiedere al bambino di rispondere in alternativa “non ricordo” o “non lo so” “Quella persona
aveva una macchina bianca o non ricordi il colore?”
Alcune
regole per riconoscere un abuso
- Vi
sono alcune regole di massima per riconoscere i sintomi di violenze subite dai
bambini che dobbiamo tener presenti:[62]
Da “Memorandum of Good Practice on Video Recorded
Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”:
------------------------------
Testuale
- Comportamenti socialmente negativi,
per esempio: aumento dell'aggressività, disadattamento, disordini del
comportamento, condotte devianti
- Possibili comportamenti auto-lesivi o
suicidari
- Aumento di problemi emotivi, per
esempio: ansia, depressione, diminuzione dell'autostima
- Ridotta efficienza intellettiva e
scolastica
- Paure
- Comportamenti problematici
- Comportamenti sessualizzati
- Riduzione dell'autostima
- Disturbo post-traumatico da stress
Per le forme di
razzismo[64]
- Paura
- Diminuzione dell'autostima
- Paura degli estranei alla comunità
- Diffidenza delle persone che non
appartengono alla propria comunità
- Difficoltà di identificazione
positiva di razza
- Aumento della vulnerabilità agli
abusi di razzismo
Per eventuali
difetti fisici[65]
- Mancanza di autonomia, sudditanza
- Percepirsi come “oggetti senza voce”
- Difficoltà nello stabilire la propria
identità positiva come bambino disabile
- Isolamento (geografico, fisico,
sociale)
- Dipendenza
- Percepirsi come “asessuati”
- Aumento della vulnerabilità agli
abusi
Per la violenza
intrafamiliare e per le forme di esclusione sociale[66]
- Paura per la sicurezza propria, dei
fratelli e della madre
- Tristezza/depressione, che si
manifestano con condotte auto-lesive o tendenza suicidaria
- Rabbia, che può manifestarsi con
comportamenti aggressivi
- Esiti a carico della salute fisica,
per esempio: asma, eczema, disordini alimentari o ritardo nello sviluppo
- Impatto sull'educazione, per esempio:
aggressioni a scuola, difficoltà di concentrazione, rifiuto della scuola
------------------------------
- È
da tener presente che il bambino parla dell’abuso quando lo dice
incidentalmente, con una confessione sia verbale che non verbale, e che non è
detto lo dica appena richiesto, ma potrebbe ritardare questa rivelazione, anzi
statisticamente lo fa in ritardo e, nel caso, anche in seguito potrebbe tacere
molti dettagli, minimizzare o esagerare le informazioni, fino a ritrattare
tutto quello che ha detto. Anche nel caso in cui il bambino ricordasse molti
specifici ed accurati dettagli, non c’è garanzia che il ricordo sia accurato
nel suo insieme ne che il fatto sia realmente avvenuto! ” [67] Al contrario, a volte lo stesso ricordo può
sembrare contenere evidenti inesattezze e incongruenze. Questo non significa
che il ricordo debba essere falso. Potrebbe essere inesatta la memoria di fatti
“periferici”, ma nel contempo la
cosiddetta “memoria centrale”
potrebbe invece essere vera, quindi il fatto potrebbe essere accaduto. Oppure l'evento
è realmente accaduto così come il soggetto lo racconta ma può essere oggetto di
false attribuzioni (ad es. riguardo l'intenzione dei partecipanti).
I fattori che possono determinare le
rivelazioni o tacerle sono vari. Fra questi l’età, l’istruzione, il carattere,
la loquacità nella circostanza, il grado di coinvolgimento emozionale, la
valenza del trauma subito, e tanti atri fattori, fra cui anche il cosiddetto “falso ricordo.”
Altre tecniche
di intervista
- Con
l’aiuto dei Sussidi
“Il
ricorso a bambole convenzionali, - si legge nel Memorandum of Good Practice on
Video
Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 - può
agevolare la comunicazione nelle interviste fatte secondo i criteri del Memorandum. I bambini piccoli o con
difficoltà di comunicazione potrebbero in tal modo fare dei racconti più chiari
di quanto non farebbero con un approccio meramente verbale; per esempio, figure
o bambole possono aiutare un bambino a indicare parti del corpo, o a descrivere
l'azione di un abuso, mentre una casa delle bambole potrebbe aiutare a
descrivere il luogo nel quale il fatto è avvenuto. Bambini molto piccoli, quali
quelli in età prescolare, potrebbero avere difficoltà a mettere in relazione
questi oggetti con quelli della vita reale che dovrebbero rappresentare: il
loro uso, pertanto, in questa fascia di età non è consigliato. Tutti i sussidi
dovrebbero essere usati con cautela e non dovrebbero essere associati a domande
inducenti. Se l'oggetto o il giocattolo introdotto nell'intervista non ha
riscontro nell'evento, potrebbe nascere della confusione. La necessità di
ricorrere a sussidi dovrebbe essere ponderata con cautela nella fase di
pianificazione dell'intervista.
Quando vengono utilizzati i bambolotti
con dettagli anatomici, è particolarmente importante che l'intervistatore sia
esperto nel loro uso e che sia consapevole di come possano essere usate in modo
sbagliato. La combinazione di bambolotti con dettagli anatomici e domande
inducenti può portare a testimonianze fuorvianti. Il prodotto della interazione
tra il bambino e queste bambole non è idoneo, da solo, a costituire prove utilizzabili
nel procedimento. Le bambole anatomiche dovrebbero essere principalmente
utilizzate in aggiunta alla intervista, per aiutare il bambino a mostrare il
significato delle parole che usa e per chiarire la testimonianza resa
verbalmente. Questa dimostrazione dovrebbe essere fatta solo quando il bambino
ha concluso il racconto libero ed è ragionevolmente chiaro il fatto in
imputazione.”[68]
- Per il bambino disabile
Bisogna sempre ricordarsi che la parola
“disabile” intende tantissime
definizioni ulteriori che vanno prese ogni volta in considerazione
nell’intervista. Quindi qui è indispensabile la presenza di un mediatore e che
gli intervistatori siano assolutamente scelti in seno all’Unità di Consulenza
Multidisciplinare U.C.M.3.I da
noi proposta.[69] Anche
la scelta di tutta l’equipe di indagine U.C.M. deve essere accuratamente
vagliata e composta da specialisti adatti alla particolare disabilità dl
minore. Sono consigliate anche sessioni più brevi d’intervista ma ripetute e
non singole.
Anche la stanza dove il bambino sarà
sentito dovrà essere particolarmente
adatta alla sua caratteristica disabilità per metterlo a suo agio così come
andrebbero usati sussidi come foto o disegni per preparare eventuali specifiche
domande. In questo caso è importante conservare tutti questi sussidi e le
riproduzioni filmate degli ambienti e dei mobili della stanza.
- Il Bambino molto piccolo o
psicolabile
Sia nel caso del bambino molto piccolo o
psicolabile, l’ambiente dove viene fatta l’intervista è particolarmente
importante perché questi bambini hanno un grande bisogno di sentirsi come a
casa loro per non essere intimiditi dai luoghi a loro non usuali o addirittura
sconosciuti. Si devono sentire anche protetti e facilitati nel loro accettare
l’ambiente. Per questo sono consigliati ambienti con colori e giochi adatti
alla loro età e lo stesso intervistatore deve essere abituato a svolgere il suo
lavoro in ambienti di questo tipo e con questo tipo di bambini. Assolutamente
mai deve porre domande suggestive
perché i bambini così piccoli o disabili, nella maggior parte delle volte, non
hanno molta esperienza nel socializzare e si potrebbero chiudere. In questi
casi si potrebbe anche far ricorso ad una persona che il bambino conosce e di
cui ha fiducia.
Un’altra soluzione potrebbe essere
quella di farsi conoscere con incontri brevi e ripetuti nei giorni, fino a far
abituare il bambino alla persona con cui parla. In questi casi l’intervistatore
potrebbe incorrere nell’errore di ripetere le stesse domande già fatte e
l’intervistato potrebbe rispondere in maniera incoerente e inattendibile alla
domanda fatta.
La
videoregistrazione
- Se consentita bisogna sempre
privilegiare la videoregistrazione del lavoro alla
verbalizzazione
scritta.
“Se ci sono preoccupazioni in ordine
alla tutela e al benessere di un bambino, – scrive la Psicologa Giuliana
Mazzoni nella sua traduzione già citata - o ci sono perplessità in ordine
all’intervista video-registrata, bisognerà trasmettere al locale dipartimento
dei Servizi Sociali una prima valutazione dei bisogni del bambino e dei suoi
familiari […]”[70]
In linea di massima non dovrebbe essere
necessario avere l’autorizzazione del bambino ma, se si capisce che lui non è
d’accordo, bisogna sempre privilegiare le sue decisioni e lasciarlo libero di
scegliere per metterlo quanto più possibile a suo agio ed avere sempre la sua
collaborazione.
Questa libertà deve essere mantenuta,
salvo eccezioni plausibili, anche nella circostanza che il minore non voglia
farlo sapere agli stessi genitori o alle persone che ne hanno l’affido
temporaneo. In questo caso, sia i genitori che gli affidatari, se non
sospettati di violenze e abuso, potrebbero essere messi al corrente della
decisione del bambino anche per non creare successivi problemi fra loro e i
servizi sociali o discussioni successive con il minore. Dovrebbero altresì
collaborare con gli intervistatori prendendo nota di tutte le informazioni che
potrebbero essere utili all’indagine, come le conversazioni che hanno con il
bambino o con altre persone che hanno avuto a che fare con lui. Questo per un
bisogno di chiarezza e trasparenza assoluta.
Si
ritiene importante anche il tono della voce che viene utilizzata nei singoli
casi e la
chiarezza
delle domande, soprattutto se rivolte a persone analfabete o stranieri. Nel
caso può essere utilizzata la figura del Mediatore Cultuale se ha una
formazione adeguata per questo tipo di lavoro.
Leggiamo da Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child
Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 [71]
che quando un bambino non è italiano: “[…..] o il bambino comunica utilizzando
un sistema di comunicazione alternativo come il Blissymbolics, il Rebus, il
Makaton o il linguaggio [italiano n.d.r.] dei segni, il team dell'intervista
deve prendere in considerazione il ricorso ad un interprete. Bisogna prestare
attenzione alle caratteristiche personali dell'interprete; [per esempio che il
bambino lo conosca n.d.r.]
[…..] Altrettanto vale per la
possibilità che abbiano entrambi la stessa madre-lingua. Si può chiedere
all'interprete infine di spiegare agli altri membri della famiglia cosa va
accadendo”
Il mediatore è essenziale anche quando
il minore è molto piccolo o molto traumatizzato in quanto usa un sistema di
comunicazione idiosincratico[72]
o particolarmente personalizzato. In questi casi sarebbe consigliabile
addirittura un logopedista che sia abituato alla comunicazione con bambini
disabili affiancato da un mediatore che già conosca il minore.
- Se,
come sembra, la scelta di videoregistrare nell’intervista è senza meno la più
opportuna, specie nei casi di abuso o testimonianza di abuso, potrebbe esserlo
senz’altro almeno in altri cinque casi.
E cioè:
-
Nel
caso in cui il minore è vissuto, vive in un ambiente pericoloso esposto
significativamente all’abuso e ai maltrattamenti. Il caso tipico è quello di un
ambiente in cui sono già stati abusati alcuni fratelli o sorelle
dell’intervistando.
-
Nel
caso di una minore in gravidanza nota o che le sino state diagnosticate
malattie trasmissibili per via sessuale.
-
Nel
caso di minori ipersessualizzati.
-
Nel
caso sia molto evidente dagli esami clinico-medici o dall’evidenza di danni
fisici che il minore è stato abusato.
-
Se
è evidente che il minore abbia assistito a crimini di ogni tipo come
un’aggressione o un evento molto traumatico che lo ha sconvolto.
- È
importante ricordare che anche l’intervista videoregistrata può essere utilizzata
dal tribunale come una testimonianza ma è da tener presente anche che è sempre
e comunque prioritaria nella scelta del tipo di intervista la volontà del
minore.
- Se
esiste una testimonianza registrata il testimone minorenne può non prestare
giuramento e la registrazione deve avere valore come una testimonianza “dal
vivo”. Questo per evitare al minore
ulteriori stress. Se viene ammessa la testimonianza registrata il giudice
decide indirettamente che il minore abbia le capacità psicologiche per sapere
di dover dire la verità e di capire l’importanza dell’evento di cui si sta
parlando. Il giudice comunque può non ammettere la testimonianza del minore
sotto qualsiasi forma venisse presentata se capisse che questo evento sarebbe
di ostacolo al raggiungimento della verità e della Giustizia o se solamente
ritenesse che potesse essere di intralcio alla difesa.
Oltre
al problema della competenza a testimoniare del bambino c’è il problema se
poterlo obbligare o meno. Il minore può certamente essere chiamato a
testimoniare, ma certamente ciò non significa che può essere obbligato a
testimoniare su tutto e nemmeno nei termini stabiliti dalle cautele riservate
ai minori, specialmente se si pensi che il raggiungimento della verità può
essere attuato anche senza quella testimonianza.
Certo
è che bisogna sempre fare attenzione alla volontà del bambino e sempre
rispettarla per non aggiungere danno al danno.
- Comunque
la decisione del giudice di tenere in considerazione l’intervista registrata
del minore deve sempre tener conto di alcuni fattori che non vanno trascurati
come:
-
Le
esigenze specifiche d’allora del minore: l’età, il grado di sviluppo mentale e
psicologico, se è disabile, se lo voleva o meno, se diceva di volerlo o meno ed
altre sue volontà espresse o non espresse ma evidentemente dedotte da fatti o
circostanze.
-
Se
la registrazione attualmente garantisca in maniera non equivocabile una
testimonianza utile all’accertamento della verità per quel reato specifico e
per il tipo di minore in osservazione.
-
Se
il bambino era in relazioni usuali con il presunto colpevole tipo genitori,
parenti amici o altre persone che lo frequentavano per cui potesse essere stato
intimidito a “dire o non dire”.
-
Se
non c’erano, all’epoca della testimonianza registrata, impedimenti di tipo
traumatico del minore, quali un forte stress o addirittura uno stato di
prostrazione particolare o shock.
Le attrezzature
e i locali dove si svolge l’Intervista
- Le
attrezzature e i locali devono essere sempre disponibili e adatti
all’intervista del minore. Non sono previste interviste senza questi requisiti.
Vanno stabilite a priori e dall’incontro dei rappresentanti delle varie U.C.M.[73]
delle regole unificate, fisse e standard per ogni tipo di intervista.
- Il
responsabile tecnico del gruppo U.C.M.[74]
deve accertarsi che tutta l’attrezzatura necessaria per l’intervista sia adatta
e consona.
In questo lavoro deve collaborare di
concerto con l’intervistatore che deve avere una funzione di controllo e dare
istruzioni sul giusto collocamento della videocamera , delle luci, della
posizione in cui si andrà a collocare con il minore.
In pratica deve essere il regista
dell’intervista proprio per rendere anche l’ambiente confortevole e adatto al
lavoro che andrà a svolgere. Il responsabile tecnico dovrà garantire la piena
efficienza delle attrezzature che mai dovrebbero per un guasto o un mal
funzionamento interrompere l’intervista distraendo il bambino.
Nel caso di comunicazioni
dell’intervistatore con l’esterno è bene che la funzione dell’apparecchio
telefonico non sia visto dal minore come un modo per far giungere
all’intervistatore segreti o altro, ma al contrario sarebbe anche opportuno, se
possibile, che il bambino senta queste comunicazioni.
Importante anche che l’intervistatore
non distragga il bambino con il suo
comportamento troppo particolare o addirittura con il suo aspetto o con
i suoi indumenti troppo stravaganti o troppo colorati.
È
altresì importante che tutte queste distrazioni non vadano a produrre un calo
di attenzione non solo al bambino durante l’intervista ma anche alle persone che
in seguito sentiranno e vedranno l’intervista.
- Un
particolare attenzione va data anche al mobilio e alle altre attrezzature del
locale per consentire alle telecamere di avere una visione chiara
dell’intervista e delle persone presenti ad essa.
I mobili dovrebbero essere confortevoli
e la verniciatura di tavoli e armadi dovrebbe essere non disturbante e seguire
le direttive stabilite dalle leggi sulle sicurezza e sulle normative europee.
I giocattoli dovranno essere adatti al
bambino o alla bambina che andranno ad usarli e avere l’accortezza che questi
ultimi non vadano a distrarre il periziando essendo ad esempio troppo rumorosi.
Altra accortezza deve essere riservata
alle decorazioni della stanza che dovrebbero far pensare il bambino ad un luogo
frequentato da coetanei. Andrebbero anche evitati cuscini troppo comodi o
attrezzature distraenti come le sedie
girevoli, mentre sono molto adatti dei quaderni o dei fogli che il bambino
possa colorare o disegnare.
Sono altresì consigliati bambolotti e
pupazzi per aiutarlo a raccontare se stesso e il suo ambiente.
La fine
dell’intervista
La chiusura
dell’intervista deve avvenire sia se è veramente finita, sia se gli
accertamenti si sono conclusi in anticipo.
In
genere questa chiusura segue alcune fasi:
Prima
fase:
se c’è un
secondo intervistatore bisogna che i due si confrontino su ciò che è avvenuto.
I due intervistatori, dopo essersi
consultati e confrontati si dovranno chiedere se ci sono altre domande da fare
al bambino e se è tutto chiaro. I due si dovranno anche chiedere se hanno
compreso a pieno le risposte del bambino e quindi se questi abbia fatto un
racconto significativo ed esauriente ai fini della ricerca che si voleva
effettuare.
Seconda fase:
fare un riassunto di tutta l’intervista
La relazione va fatta usando le stesse
parole del bambino e non altre, come quelle dei “grandi”, magari estrapolando
dalle sue parole significati particolari. Non ci devono essere comunque
nell’intervista parole che non si riescano ad interpretare a pieno, quindi, in
fase di intervista, bisognerà fare attenzione a chiedergli il significato delle
parole che non sono da loro più che comprensibili. Infine non bisogna
assolutamente dare l’impressione al minore di non aver fatto tutto il suo
dovere se dall’intervista non è emerso alcunché di utile all’inchiesta in
corso.
Terza
fase:
gratificare il
bambino per il suo intervento ringraziandolo.
Dopo aver ringraziato l’intervistato per
la sua collaborazione i due intervistatori dovranno chiedergli se ha altre
domande per loro.
In genere i bambini s’informano di cosa
succederà dopo l’intervista. Tutte le risposte devono essere perfettamente
comprensibili al minore e nello stesso tempo bisogna fare molta attenzione che
nell’enfasi dei saluti non si facciano promesse che non siano realizzabili.
Prima di congedarsi sarebbe anche opportuno lasciare ai suoi accompagnatori il
numero di telefono di rifermento che servirà soprattutto per essere
ricontattati se il bambino ricorderà altri fatti che non ha esposto fino ad
allora.
Quarta
fase:
consigliare la
famiglia su chi può essere contattato per aiutare lei e il bambino
Sarebbe
opportuno dopo l’intervista, specie se dal bambino sono stati fatti dei nomi di
abusanti, o comunque persone da lui coinvolte direttamente o indirettamente nei
fatti oggetto di indagine, provvedere per quanto ovviamente è possibile e per
quant’altro magari già si sapeva dai rapporti dei Servizi sociali e dall’U.C.M.[75]
affinché vengano preparate le successive misure di protezione del minore e
della sua famiglia considerando tutte le eventuali implicazioni a cui
potrebbero andare incontro, soprattutto quando il minore non è la vittima ma il
testimone. Questo sarebbe bene, comunque, già averlo programmato e previsto
nella primitiva fase di preparazione dell’intervista.
Di solito, infatti, la famiglia e il
minore, dopo l’intervista non hanno un sostegno adeguato, specie se l’imputato
non è un membro della famiglia stessa.
In
questi casi deve essere attivata l’apposita Unità di Consulenza
Multidisciplinare [76]
che segua d’ora in avanti la famiglia e il bambino. Prima dell’eventuale
processo e se ce ne sarà bisogno, sarebbe auspicabile che coloro che compongono
questo particolare e specializzato gruppo facciano molta attenzione a non
indurre involontariamente il bambino a “ripassare” tutte quelle notizie che
potrebbero avere valore come prova dei fatti per non condizionarlo.
Quinta
fase:
tornare a
relazionarsi con argomenti neutrali
Prima
di lasciarsi è consigliabile terminare l’incontro parlando del più e del meno e
comunque di argomenti che nulla hanno a che fare con l’intervista fatta. Questo
per lasciarsi in serenità e stemperare un’eventuale tensione che potrebbe
essersi venuta a creare a causa dell’intervista e dello stress che sicuramente
quasi sempre si registra nei bambini in situazioni come queste.
Sesta
fase:
redigere una
conclusione scritta della fase finale dell’intervista
Come
abbiamo già detto, l’intervista deve chiudersi con una relazione scritta
badando bene in essa ad usare le parole che ha pronunciato il bambino e non
quelle degli intervistatori. Infine questi ultimi, nell’esprimere il parere
tecnico finale, devono tenere sempre ben presente la validità della deposizione
specie se viene fatta un’accusa basata sulla sola testimonianza del minore.
Eventuali
altre interviste.
- Premesso
che sarebbe bene limitare al massimo di intervistare i bambini e i minori in
genere, (di qui l’importanza che la prima intervista sia fatta bene proprio per
non doverne poi eventualmente farne necessariamente altre), può succedere
tuttavia che l’inquirente ritenga necessaria una seconda intervista.
Quando
può succedere:
- Se
si viene a sapere che esiste una figura o un fatto importante nell’inchiesta di
cui il bambino non ha parlato o che non ha voluto per vari motivi mettere a
conoscenza degli intervistatori.
In questo caso bisogna ancora una volta
muoversi con la massima prudenza in quanto il bambino aveva già taciuto il nome
o la circostanza e quindi si sa che molto probabilmente non voleva parlarne.
E’
consigliabile che siano gli stessi intervistatori della precedente sessione a
sentire il minore e sarebbe bene anche avvertire di questo la procura e sempre
fare un’ulteriore relazione descrivendo i nuovi fatti e soprattutto del perché
si sia ritenuto opportuno un altro ascolto.
In genere la ripetizione delle
interviste si verifica quando si ha a che fare con bambini molto piccoli e
particolarmente provati da fatti vissuti. Anche in questi casi va sempre
privilegiata a videoregistrazione.
[1] “L’ascolto del minore testimone Psichiatria”,
Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma
6.11.10 a cura della Società Italiana di Criminologia Società Italiana di Medicina
legale e delle Assicurazioni - Società Italiana di Neuropsichiatria
dell’Infanzia e dell’Adolescenza - Società Italiana di Neuropsicologia -
Società Italiana di Psichiatria - Società di Psicologia Giuridica – in
Il
tutto è pubblicato in Psichiatria, Psicologia e Diritto n.ro 3 sett.2010
pag.10-45 in http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
Al proposito è molto interessante
leggere l’opera già citata “L’ascolto del
minore testimone - Linee-guida
nazionali,” in Psichiatria,
Psicologia e Diritto N. 5 Luglio 2011 redatto da Società Italiana di
Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni,
Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Società
Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria Società di
Psicologia Giuridica, con l’introduzione di Giovanni Camerini “In Italia,
l’elaborazione di linee guida e di altri strumenti di indirizzo finalizzati al
miglioramento della qualità dell’assistenza avviene all’interno del
Programma Nazionale per le linee guida
(PNLG), previsto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 e DL 229/99. Questi
documenti propongono l’adozione di linee guida come richiamo all’utilizzo
efficiente ed efficace delle risorse disponibili, con i compiti specifici di:
• produrre informazioni utili a
indirizzare le decisioni degli operatori, clinici e non, verso una maggiore
efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso
delle risorse;
• rendere le informazioni
facilmente accessibili;
• seguirne l’adozione esaminando
le condizioni ottimali per l’introduzione nella pratica;
• valutarne l’impatto,
organizzativo e di risultato.
Gli
strumenti utilizzati per perseguire questi fini sono appunto linee guida
clinico organizzative,
e documenti di indirizzo
all’implementazione.
Fra le
ragioni che hanno condotto le Società scientifiche firmatarie del documento
(Società
Italiana di Criminologia, Società
Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuro Psichiatria dell’Infanzia e
dell’Adolescenza, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di
Psichiatria, Società di Psicologia Giuridica) ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore
testimone vi sono condivise preoccupazioni per la limitata competenza di
operatori che effettuano verifiche sulla capacità di testimoniare del minore e
per il frequente ricorso, in ambito giudiziario, a metodi e tecniche non
adeguate allo scopo.
La Consensus si è articolata in molteplici
incontri e riunioni.
Ogni
Società scientifica era rappresentata da due studiosi, designati dai rispettivi
organi direttivi. I lavori, presieduti dal prof. Catanesi, hanno previsto
analisi, discussione ed approvazione per ogni singolo paragrafo del testo.
Il
testo, che riflette le posizioni considerate largamente maggioritarie della
ricerca scientifica sul tema, è stato approvato all’unanimità in data
6/12/2010.
La
bozza finale del documento è stata poi inviata a quattro esperti esterni al
gruppo, scelti per comprovata e riconosciuta competenza sull’argomento (prof.
Massimo Ammaniti, prof. Ernesto Caffo, prof. Ugo Fornari, prof.ssa Giuliana
Mazzoni); il testo finale, che ha tenuto conto del parere degli esperti
esterni, è stato ratificato dalle Società scientifiche di riferimento.
[3] Fondazione Guglielmo Gulotta di
Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa –
Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna
Balabio; “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54:dalla norma
all’incontro” Pag.11
[4] Fondazione Guglielmo Gulotta di
Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa –
Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna
Balabio; Pag.12
http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/annoXIV,%20n%201/L%27ascolto%20del%20minore%20e%20la%20legge%208%20febbraio%202006%20n%2054%20dalla%20norma%20all%27incontro.pdf “Gli studiosi della “pragmatica
della comunicazione umana” (Watzlawick, cit.) hanno individuato alcune
proprietà fondamentali della comunicazione. Due di esse sono di particolare
rilievo nel discorso che stiamo affrontando:
1)
“il comportamento non ha un suo opposto”. Ciò significa che non esiste un “non
comportamento” e, di conseguenza, in una relazione interpersonale non é
possibile “non comunicare”: l’attività e la passività, la parola e il silenzio,
hanno tutti infatti valore di messaggio.
2)
“La comunicazione non soltanto trasmette informazioni, ma al tempo stesso
impone un comportamento”. Si parla cioé dell’aspetto di report (notizia) e dell’aspetto
di command (comando) di ogni comunicazione: mentre la notizia trasmette il
contenuto del messaggio, il comando si riferisce alla relazione tra i
comunicanti. Esso fornisce
un’informazione sulla relazione, ovvero una “comunicazione sulla comunicazione”
o “metacomunicazione”, a sua volta suddivisibile in due aspetti, fra loro
collegati: il primo relativo a come il messaggio deve essere assunto (es.:“sto
scherzando!”
“é un ordine !”; ecc.); il secondo a quale tipo di relazione intercorre tra gli
interlocutori, in quel momento (“ecco come ti vedo”; “ecco come mi vedi”; “ecco
come vedo che tu mi vedi;ecc.; ma anche: “che cosa mi aspetto da te”; ”che cosa
tu ti aspetti da me”; ”che cosa immagino tu ti aspetti da me”; “che cosa tu
immagini
io mi aspetti da te”, ecc.)”
[5]Fondazione Guglielmo Gulotta di
Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa –
Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna
Balabio; Pag.15
[7] Paragrafo 2. “Natura e funzione dell’ascolto
del minore nel processo civile” pag.11-12 in “L'ascolto dei minorenni in ambito
giudiziario” http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf
[10] http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf
pag..18
“Ugualmente il giudice deve motivare quando esclude l’audizione della persona
minore di età in ragione del suo superiore interesse o dell’assenza della sua
maturità”
[11] 3.2. I riferimenti
giurisprudenziali. La giurisprudenza interna pag.15 in “L'ascolto dei minorenni in ambito
giudiziario” http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf e ancora quella n.ro
7282/2010 sottolineano ancora che
l’ascolto del minore è strumento essenziale per acquisire elementi utili “nel
suo esclusivo, superiore interesse”.
[12]
file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf pag.3
[13] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso
sessuale.”pag.10
[14] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[18] Da http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.20 La persona cui è affidato il compito del sostegno deve essere
istruita a rimanere esterna all'intervista, e quindi a non dare suggerimenti al
bambino, a non correggere le sue verbalizzazioni, a non rispondere al posto suo
alle domande dell'intervistatore, a non annuire con la testa o con la mimica
del volto; non dovrebbe nemmeno mettere in atto situazioni inducenti, per
esempio con giochi o passeggiate che producono un clima di alleanza, ovvero
fornendo risposte a particolari domande. Persone coinvolte come testimoni (per
es. qualcuno che ha visto l'incidente in questione) in questi casi possono
prendere il ruolo di testimone di supporto. Questo potrebbe includere un
genitore a cui il bambino avesse per primo svelato l'abuso. Chi si occupa del bambino può,
inoltre, aspettare in una stanza adiacente se si pensa che la vicinanza fisica
possa essere d'aiuto al bambino.”
[20] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[21] Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”,
pubblicato in Italia sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritton.ro 3,
sett.2010 pag.15 vedi anche http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
[22] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[23]
file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
pag.15
[24] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni,
University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le
linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”pag.2
[25] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso
sessuale”pag.2
[26]
file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf pag.7
[27] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[28] Linee guida dell’AACAP (American Society Of Child And Adolescent
Psychiatry) in file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf pag.6/7
[29] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”
pag.2
[30] Strumenti per l’ascolto del
minore di Sarah la Marca – Procedure operative dell’intervento “in rete”.
Memorie e Testimonianza dei bambini: aspetti psicoforensi. In: http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[31]Strumenti per l’ascolto del
minore di Sarah la Marca – Procedure operative dell’intervento “in rete”.
Memorie e Testimonianza dei bambini: aspetti psicoforensi. In: http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[32] Secondo la dr.ssa Sarah la Marca
in – Procedure operative dell’intervento “in rete”. Memorie e Testimonianza dei
bambini: aspetti psicoforensi. “Il minore somma interiormente tutte le
occasioni in cui ha effettuato delle dichiarazioni circa l’esperienza
traumatica, ravvisando nelle richieste di ripetizione di esse un basso indice
del credito ottenuto, SCREDITAMENTO.” E ancora “è opportuno non moltiplicare
tali occasioni [di elaborazione del dramma]
”. In: http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[33] Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992
in: Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 3 - Settembre 2010,
http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf,
Traduzione di Giuliana Mazzoni pag.11
[34] Vedi: “L’ascolto del minore
testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10
in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011 pag.8 “Anche se
il numero di dettagli in un ricordo recente è spesso considerato come indice di
accuratezza del ricordo, come regola generale nel recupero a lungo termine il
ricordare un alto numero di dettagli specifici è inusuale. I dettagli specifici
di un avvenimento sono persi in tempi molto brevi e all’aumentare
dell’intervallo di ritenzione di un evento aumenta il numero di informazioni
perse in memoria. Di solito in memoria rimane il “nucleo centrale” di
un’esperienza fatta, sebbene anche questo possa essere dimenticato col tempo.”
[35] http://www.minori.it/sites/default/files/linee_guida_ascolto_del_minore.pdf pag. 63 “Le ricerche sulla
capacità infantile di mentire devono essere messe in relazione anche con le
principali tappe dello sviluppo della moralità. Secondo Piaget (1932) la prima
forma di moralità infantile è eteronoma, ossia consiste solo nel seguire le
regole stabilite da adulti autorevoli senza comprenderle. Tali regole sono
assolute e inflessibili, e devono essere seguite per
evitare le punizioni. Il giudizio
morale formulato su un’azione si basa sulla valutazione delle sue conseguenze,
e non delle intenzioni di chi l’ha compiuta: per esempio, i bambini considerano
più cattivo chi ha prodotto il danno più grosso, indipendentemente dalle
circostanze dell’evento. Con l’avvento della moralità autonoma, il bambino
diventa invece più flessibile nei suoi giudizi morali, valutando il punto di
vista della persona, le sue intenzioni e le circostanze in cui l’azione si inserisce;
rifiuta di obbedire ciecamente all’autorità, e la sua moralità inizia a
fondarsi sulla responsabilità personale più che sul controllo esterno. Studi
successivi a quelli piagetiani hanno d’altra parte dimostrato che nel corso
dell’età scolare i bambini comprendono sempre meglio la natura convenzionale di
molte regole sociali, il che le rende modificabili con il consenso degli
interessati; questa comprensione rende meno rigide le valutazioni dei bambini.”
[36] Vedi in “L’ascolto del minore testimone” Psichiatria, Psicologia e Diritto N.
5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 in cui si dice
“All’esperto non può essere demandato il compito – non delegabile perché di
competenza del giudice . di accertare la
veridicità di quanto raccontato dal bambino.” E ancora si aggiunge: “Non possono essere egualmente formulati
pareri per “validare” scientificamente contenuti della testimonianza (o parti
di essa)- Non esistono infatti indicatori psicologici, testologici o
comportamentali in tal senso.”
[37] Lo leggiamo nel preambolo della traduzione
di Giuliana Mazzoni, professoressa insegnante di psicologia nell’Università di
Hull, UK ha tradotto “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews
with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992” Il tutto è pubblicato in
Italia sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritton.ro 3, sett.2010
pag.10-45. Vedi: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
[38] “ In caso di evento traumatico
certo è possibile stabilire un nesso casuale con determinati sintomi psichici e
comportamentali, ma non è consentito procedere in senso inverso. Identificando
da sintomi l’esistenza di uno specifico evento traumatico. Non esistono sintomi
clinici (e tantomeno dati psicodiagnostico) di per se deponenti di uno
specifico trauma: non è quindi corretto desumere l’effettivo accadimento di un
determinato evento traumatico dalla loro presenza” Da “L’ascolto del minore
testimone” Psichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011-
Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 pubblicato in: http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/
[39] “ Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio
2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 è bene anche tener sempre presente che “I
test proiettivi (performance based) possono fornire utili indicazioni in merito
a struttura di personalità del minore, assetto relazionale ed eventuali
disturbi psicopatologici. L’utilizzazione del disegno dovrebbe rivolgersi
unicamente a favorire la comunicazione con il bambino. L’esperto dovrà sempre
esplicitare il quadro teorico di riferimento, quali parti della valutazione del
test sono il frutto di codifiche riconosciute e standardizzate e quali invece
il frutto di ipotesi interpretative” e ancora “Ogni accertamento dovrà tener
conto dell’eventuale presenza di fattori in grado di
alterare/modulare/rinforzare il ricordo o le possibilità di ricostruzione
verbale dell’accaduto. Lo studio di questi fattori dovrà essere discusso
nell’elaborato, descrivendone il possibile ruolo avuto. Fra questi si
segnalano, per importanza:
a) la distanza temporale
dell’evento: per tutti vale il principio che il ricordo si affievolisce con il
passare del tempo. Due buone regole sono: procedere all’ascolto del minore nel
tempo più breve possibile; evitare di sollecitarlo più volte sul tema.
b) la complessità dell’evento, in
termini di impegno cognitivo richiesto e di numero di dettagli periferici o
centrali da ricordare.
c) la qualità dell’evento: il
ricordo di eventi traumatici può avere maggiore persistenza rispetto ad eventi
indifferenti.
d) la complessità delle domande,
che dovrebbero essere formulate tenendo presente il livello di sviluppo
linguistico.
e ) il ripetersi dell’evento
nell’esperienza del bambino.
[41] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale
N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[42] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[43] Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992
in: Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 3 - Settembre 2010,
http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf,
Traduzione di Giuliana Mazzoni “7.3.3. Durante l'intervista gli intervistatori
dovrebbero consentire delle pause per rinfrescarsi, per andare in bagno o
giusto per fermarsi un poco, se ciò è sentito come necessario. Il motivo della
pausa deve essere sempre espresso nella registrazione. Quando la pausa è
chiesta dal bambino per andare in bagno, bisognerebbe accompagnarlo per evitare
che egli possa parlare con qualcuno. Se avviene uno scambio con qualche
persona, bisogna darne atto puntualmente. In nessun caso, comunque, la pausa
dovrebbe sembrare al bambino un premio per la collaborazione con
l'intervistatore o, se negata, una punizione per la mancata
collaborazione.”Cfr. Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull,
“Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per
l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale” pag.9
[46] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso
sessuale”pag.11 Vedi: file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[47] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”
file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[48] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso
sessuale.”pag.10 vedi: file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[49] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.32. Lo schema in questione delle domande e stato adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I.
Hershkowitz e Orbach, 1999 a.
[50] Vedi: “L’ascolto del minore
testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10
in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011capitolo 3.3 “La
capacità di testimoniare comprende abilità “generiche” e “specifiche”. Le prime corrispondono alle “competenze”
cognitive come
memoria, attenzione, capacità di comprensione e di espressione linguistica, source monitoring, capacità di discriminare realtà
e fantasia,
verosimile da non verosimile, etc. oltre al livello di maturità
psico-affettiva. Le “specifiche” corrispondono alle abilità
di organizzare
e riferire un ricordo in relazione alla complessità narrativa e
semantica delle tematiche
in discussione ed all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, che
possono avere agito.”
[51] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.33 Lo schema è stato adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W.
Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a
[52] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.34 Lo schema è stato adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W.
Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a
[53] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.34 Adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I.
Hershkowitz e Orbach, 1999 a)
[55] Vedi: “L’ascolto del minore
testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10
in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011pag.9
[56]
http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.39 Pur tuttavia “Le domande aperte potrebbero non aiutare alcuni
testimoni giovani ad accedere ai propri ricordi, essendo insufficientemente
sviluppata una capacità evocativa sistematica; tuttavia, potrebbero rispondere
con accuratezza a domande specifiche delle quali non conoscono la
risposta-obiettivo. Un bambino piccolo potrebbe dare poche informazioni ad una
domanda aperta quale “Che abito indossava?”, ma potrebbe rispondere meglio ad
una domanda specifica quale “Come
sembravano i suoi pantaloni?”. Bisogna stare attenti a formulare queste domande
in modo che quelle più chiuse non diventino tali da provocare risposte
suggerite.”
[58] Roberta Asperges / Giuliana
Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto
tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”
pag.2
[59 Al proposito vedi: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf pag.42
“In alcuni casi i bambini possono
fare racconti fuorvianti in ordine ad alcuni eventi. Una delle cause più comuni
è che l'intervistatore abbia posto domande non appropriate, o che egli sia
giunto prematuramente ad una conclusione che poi induce il bambino a
confermare. Così come i testimoni adulti, anche i bambini in alcuni casi
possono essere fuorviati nel testimoniare, o muovendo nuove accuse, o tacendo
su elementi importanti. Quando delle incongruenze fanno sospettare che stia
accadendo ciò, gli intervistatori le dovrebbero esplorare con il bambino, dopo
che egli abbia concluso il racconto di base. Al bambino non dovrebbero mai
essere contestate direttamente le incongruenze; piuttosto queste dovrebbero
essere presentate come frutto di confusione dell'intervistatore e mostrando il
desiderio di capire meglio quello che il bambino ha detto. L'intervistatore non
dovrebbe mai manifestare al bambino i propri sospetti, o etichettarlo come
testimone bugiardo: può esserci una spiegazione innocente per qualsiasi tipo di
incongruenza” e ancora “Quando un racconto è ritenuto di utilità, gli
investigatori non dovrebbero dare eccessiva importanza ai segnali provenienti
dal comportamento del bambino come se fossero indicatori della affidabilità
della testimonianza; nonostante le ricerche confermino che certi comportamenti
non verbali sono più frequenti quando gli adulti o i bambini mentono, non c'è
nessun comportamento che possa essere assunto come segno certo di mendacio.
Particolari comportamenti potrebbero essere espressione di stress e pertanto si
potrebbe equivocare sulle cause. Nel caso in cui il bambino usa il linguaggio
verbale e mostra conoscenze in campo sessuale improprie per la sua età, possono
essere poste domande specifiche rivolte ad individuare l'origine di quelle
conoscenze. Allo stesso modo, se si sospetta che ad un bambino che asserisce di
avere subito abuso sessuale siano stati fatti vedere film, video o riviste a
contenuto sessuale, possono essere poste domande specifiche rivolte a capire se
parti del suo racconto possano avere origine da quelle esperienze. E'
importante che tali domande vengano poste alla fine dell'intervista, in modo da
non interrompere il racconto del bambino.”
[60] Da “L’ascolto del minore
testimone” Psichiatria,
Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma
6.11.10 pubblicato in: http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/ “ I bambini non hanno un ricordo
esplicito degli eventi occorsi nel periodo preverbale (prima dell’acquisizione
delle competenze linguistiche, cioè prima dei 24 mesi).” “La comunicazione
bambino-adulto – si legge in un altro interessante lavoro L’Ascolto del Minore http://www.minori.it/sites/default/files/linee_guida_ascolto_del_minore.pdf - è solo tra i 18 e i 24 mesi che le parole
iniziano a essere usate per riferirsi a situazioni o oggetti non presenti al
momento. Inizia così un uso simbolico del linguaggio che viene accompagnato dal
parallelo emergere di altre manifestazioni del pensiero simbolico, come per
esempio la comprensione del carattere permanente degli oggetti, che continuano
a esistere anche quando non li si vede. Le parole del bambino, tuttavia, non
sempre hanno il medesimo significato del linguaggio adulto, possono avere una
sovraestensione o una sottoestensione. La cautela nell’interpretare ciò che
dice il bambino non deve essere abbandonata troppo presto…”
“Ci sono comunque evidenze – si continua
in “L’ascolto del minore testimone pag.9” - circa il fatto che qualche ricordo non
verbale possa implicitamente influenzare il comportamento nel
periodo in cui viene acquisito il linguaggio.
Bambini di 4-5 anni possono avere ricordi
autobiografici specifici per eventi
occorsi prima dei 3 anni, sotto forma di immagini visive e conoscenze
concettuali, seppur poco dettagliate ed organizzate, la maggior parte delle
quali poi non saranno ricordate da adulti.
La possibilità di ricordare
successivamente fatti avvenuti fra i 4 ed i 7 anni - continua l’autore a pag. 9/10 - è via via maggiore, ma è solo a partire
dai 8-10 anni che i ricordi cominciano ad acquisire strutturazione, contenuto e
organizzazione simili a quelli dell’adulto….
Esiste una fascia d’età critica per il ricordo nella quale agisce la cosiddetta
amnesia infantile. Questa si definisce come
l’incapacità di ricordare, da adulto, eventi autobiografici avvenuti
prima di una soglia che la letteratura colloca tra i 2.5 e i 3 anni di età ”
[61] “Eventuali
“vuoti” o “buchi” nel ricordo è facile che siano colmati con elementi
“coerenti” con l’avvenimento oggetto del ricordo, anche se estranei alla
percezione dei fatti. La necessità di mantenere coerenza interna nel racconto
può divenire più forte nei bambini per influenza di pressioni esterne, il cui
peso varia in ragione del contesto (aspettative dei genitori, coinvolgimento di
parenti, sistema giudiziario e forze dell’ordine, stampa, etc).” “L’ascolto
del minore testimone” Psichiatria,
Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma
6.11.10 http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/
[62] Bisogna fare attenzione
nell’intervista che la stessa paradossalmente non vada a rinforzare nel minore proprio tutti quegli effetti che
si devono andare a combattere e a scoprire.
[65] Per qunto riguarda questa
tabella il Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.23 riporta i suggerimenti
dei testi: Shakespeare T. e Watson N. (1998). Theoretical perspectives on research with disabled
children. In Robinson e K. Stalker (eds), Growing up whit disability. London: Jessica Kingsley Publisher,pp 13-17,andWestcott,199
[66]
Per qunto riguarda questa tabella il Memorandum
of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal
Proceedings in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf pag.24 riporta i suggerimenti del testo: McGee
C. (1999, 1st December). The impact of
domestic violence on children. Paper presented to the conference
“Supporting women, protecting children: A conference on womwn and chidren
experiencing violence from men the know”. Leeds:
Thackeray Medical Museum
[67] “Nei bambini la formazione di
ricordi inesatti o non corrispondenti a fatti realmente accaduti può essere il
prodotto di confusione interna, acquisizione di ricordi e di esperienze di
altri, acquisizione ed elaborazione dinotizie da parte dei mezzi di
informazione, processi di induzione più o meno consapevo li da parte di terzi.
L’induzione può riguardare sia il fatto in sé che i suoi protagonisti.”
[68] Vedi anche al proposito: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
pag.43
Ci sono poi ancora altre tecniche
che sono state studiate in Inghilterra e descritte anche loro nel già citato “Memorandum of Good Practice on Video
Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992” e
pubblicate nella traduzione italiana
della psicologa Giuliana Mazzoni e pubblicate nella rivista Psicologia e
Diritto N.3 Settembre 2010 e pubblicato in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf pag.43/44. Ecco cosa, fra l’altro si legge:
“14.2.1. Esistono alcune tecniche
di intervista specializzata che sono state sviluppate per intervistare i
bambini e queste possono essere accettate dal Tribunale come un'alternativa al
metodo raccomandato in queste linee-guida, purché siano tenute a mente le
considerazioni probatorie e sia salvaguardato il benessere del bambino. A patto
che un intervistatore eviti domande tendenziose e riesca ad ottenere un
racconto spontaneo, non c'è ragione per la quale una testimonianza così
ottenuta non debba essere accettata dal Tribunale.
14.2.2. Tra queste tecniche
particolari di intervista ci sono quelle per bambini particolarmente reticenti,
o per quelli che messi sotto pressione non danno informazioni rilevanti e che,
pertanto, potrebbero non rispondere alle domande convenzionali. Nella
“Intervista facilitativa” al bambino vengono poste domande su ciò che è bello e
brutto, su persone buone e cattive, su cosa cambierebbe nella propria vita, e
si potrebbe anche parlare liberamente dei suoi segreti.
Nell'Systematic Approach to
Gathering Evidence o intervista SAGE, il bambino viene incoraggiato per un
numero di sedute separate a parlare delle persone e dei luoghi significativi
della propria vita, e del suo atteggiamento verso queste cose. Un riscontro
sistematico delle risposte del bambino mette l'intervistatore esperto in
condizione di identificare le aree di particolare interesse che possono poi
essere esplorate più attentamente usando domande aperte (vedi
Wilson e Powel per maggiori
dettagli).
14.2.3. L'intervista cognitiva è
stata sviluppata per essere usata con testimoni adulti di un reato, ed è stato
dimostrato che produce un numero di dettagli accurati maggiore rispetto alle
normali procedure di interrogatorio. Consiste in un pacchetto di tecniche
mnemoniche (per es. reintegrazione mentale del contesto, cambiare l'ordine di
richiamo, ecc.) create per aiutare i testimoni a ricordare in modo più efficace
attraverso degli atti multipli e dei richiami durante
una singola sezione di
intervista. L'intervista cognitiva è stata adattata per essere usata con i
bambini, ma non ne è consigliato l'uso né con bambini al di sotto dei sette
anni, né nei casi nei quali c'è stato un forte trauma psichico (vedi Minle e
Bull, 1999, per ulteriori dettagli).
14.2.4. L'intervista semi
strutturata è una variante nella fase di approccio all'intervista raccomandata
in queste linee guida, che è stata sviluppata per i casi nei quali è
insufficiente il ricorso a domande aperte. Gli intervistatori usano una serie
appresa di suggerimenti aperti, piuttosto che seguire un proprio schema di
domande, da elaborare durante la fase iniziale del racconto libero.
14.2.5 Nel Criteria-Based Content
Analysis, o CBCA, la testimonianza del bambino ottenuta a seguito di
un'intervista convenzionale viene esaminata secondo la presenza di alcuni
elementi che sono considerati indicatori della veridicità del racconto. La
tecnica presuppone un racconto esteso disponibile a questo tipo di analisi, per
cui è inappropriata per testimoni che hanno fornito racconti limitati, come nel
caso di bambini molto piccoli, di bambini con difficoltà
di comunicazione o di bambini
depressi. Non è stata ancora risolta una serie di problemi riguardanti la
affidabilità e la validità di questa procedura, la cui funzione primaria è
prettamente investigativa e non probatoria (vedi Vrij, 2000, per maggiori dettagli).
14.2.6. Tutte queste tecniche
dovrebbero essere utilizzate solo da intervistatori che hanno esperienza nel
loro uso e solo dopo una preventiva discussione e un accordo con il capo del
gruppo investigativo e, se necessario, dopo aver consultato la Procura. […].” http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf pag.43/44
[69] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[72] Nella linguistica il fenomeni
idiosincratici sono le creazioni linguistiche limitate a un ambito ristretto e
costruite senza applicare le norme valide negli ambiti più ampi: in pratica, si
intendono con questo termine soprattutto le invenzioni dei singoli parlanti, i
quali formano parole e strutture sintattiche secondo la fantasia e la propria
struttura cognitiva, spesso creando dei neologismi.
[73] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[75] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[76] Vedi Quaderno Giuridico e
Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
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