domenica 3 luglio 2016

Collana Giuridica e Sociale









Quaderno n.ro 14

Proposte di Linee Guida
per l’intervista dei minori
in sospetto di abuso



a cura di
Massimo Rosselli Del Turco











Anno
2014
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Indice


Introduzione                                                                                                                        pag.3  
l’Ascoltare e il Sentire                                                                                                        pag.5
La Comunicazione e l’Osservazione                                                                                 pag.5
Cosa dice la Giurisprudenza:
L’ascolto del minore non è un mezzo istruttori                                                               pag.7
2-L’audizione del minore, pena la nullità del procedimento rilevabile
d’ufficio, costituisce elemento necessario nei giudizi che lo riguardano                       pag.8
L’utilizzo di linee guida                                                                                                      pag.9  
La programmazione dell’intervista                                                                                  pag.9  
La visita medica                                                                                                                  pag.11
Informazioni che bisogna sapere per fare una corretta intervista:                                         
criteri di massima da seguire sempre                                                                               pag.12
Per iniziare bene                                                                                                                 pag.19
I Tempi dell’intervista                                                                                                        pag.19
L’Accoglienza                                                                                                                     pag.20
La preparazione del minore all’intervista                                                                        pag.22
L’intervistatore dice di cosa si parlerà                                                                              pag.22
Per impedire che il bambino dia risposte compiacenti                                                    pag.23
Per impedire che il bambino dia risposte false                                                                pag.22
Per mettere il bambino a suo agio                                                                                     pag.24
Il racconto del bambino                                                                                                     pag.25
Le domande dell’intervistatore                                                                                         pag.26
Alcune regole per riconoscere un abuso                                                                          pag.29
Altre tecniche di intervista                                                                                                 pag.31
La videoregistrazione                                                                                                         pag.33
Le attrezzature e i locali dove si svolge l’Intervista                                                         pag.35
La fine dell’intervista                                                                                                         pag.36
Eventuali altre interviste                                                                                                    pag.38

Introduzione

          Spessissimo i tribunali, durante una CTU o le Procure, dopo un allontanamento del minore dalla propria famiglia con un'ordinanza o dopo  un 403, decidono l’audizione di minori.  Ma come vengono fatte queste audizioni, sono rispettate tutte le procedure, le linee guida per accertare la veridictà dei fatti? Siamo sicuri che questo lavoro venga fatto con scrupolo e soprattutto coloro che sono preposti a farlo hanno tutti i requisiti richiesti e la capacità di eseguire al meglio simili consulenze?
          Il sospetto che ci sia molta trascuratezza e ignoranza nell’affrontare lavori di così grande responsabilità è quantomeno reale. Ogni giorno le associazioni per la tutela dei diritti dei minori e delle famiglie e molti esponenti degli stessi ordini professionali che annoverano tra i loro associati anche gli stessi professionisti che vanno ad espletare le perizie nei tribunali, denunciano casi di malagiustizia dovuta a perizie svolte in dispregio dei minimi canoni della deontologia e della scientificità del loro lavoro.
          La Società Italiana di Criminologia, la Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, la Società Italiana di Neuro Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Società Italiana di Neuropsicologia, la Società Italiana di Psichiatria e quella di Psicologia Giuridica nel luglio 2011 decidono di pubblicare le loro linee guida nazionali con  un documento intitolato “L’ascolto del minore testimone”. Nell’introdurre il lavoro lo psicologo Giovanni Camerini dice:
“Fra le ragioni che hanno condotto [le società sopra citate. N.d.r. ] ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore testimone vi sono condivise preoccupazioni per la limitata competenza di operatori che effettuano verifiche sulla capacità di testimoniare del minore e per il frequente ricorso, in ambito giudiziario, a metodi e tecniche non adeguate allo scopo.” [1]
Per quanto riguarda lo specifico del presente documento e cioè l’esaminare il modo corretto di espletare l’intervista sul minore riteniamo importante, fra le altre letture, leggere la traduzione di Giuliana Mazzoni, professoressa insegnante di psicologia nell’Università di Hull, in Inghilterra, del “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992” pubblicato poi sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritto:[2]
           “Vorrei dare un particolare benvenuto alla pubblicazione in italiano delle linee guida elaborate da una commissione di esperti per conto del ministero degli interni del governo inglese. La loro pubblicazione permetterà una maggiore diffusione di questo documento, che ritengo rappresenti una base essenziale per la gestione dei colloqui investigativi con minori e con persone che, come i minori, presentano varie forme di vulnerabilità (ad esempio, portatori di handicap ecc.).
          L'augurio è  infatti che queste linee guida vengano lette e studiate da tutti quelli che per vari motivi si trovano ad essere in contatto con minori testimoni, in modo da evitare per lo meno gli errori più grossolani nella condizione delle interviste/colloquio svolti con minori e persone vulnerabili.
          Questi errori sono purtroppo ancora molto, troppo comuni nel nostro paese, dove solo
lentamente e con fatica e tra mille ostacoli si va diffondendo la consapevolezza di come debba essere una corretta modalità di intervento in questi casi. La lentezza del processo è chiara quando si osserva che i ricercatori italiani in psicologia giuridica non si sono molto occupati nella loro ricerca di temi quali la conduzione dell'intervista, l'esame della credibilità del testimone, o la detenzione delle menzogne, e che il numero di pubblicazioni su riviste internazionali è ancora molto scarso.             Ancora una grande fetta degli operatori del settore stenta a tenersi aggiornata sugli sviluppi recenti della ricerca scientifica sul tema. Il fatto che oggi come oggi ai convegni europei e internazionali sulla psicologia giuridica i ricercatori italiani che presentano lavori si possano contare sulla punta delle dita di una mano rappresenta una dimostrazione di quanto affermo. Quindi l'augurio è che la pubblicazione delle linee guida non solo fornisca materiale di riflessione per gli operatori del settore, ma invogli anche i ricercatori italiani a lavorare su questi temi e a produrre ricerca che sia al passo, come qualità e quantità, con la ricerca negli altri paesi europei, in particolare nei paesi del nord Europa, Gran Bretagna, Olanda, paesi scandinavi in testa, ma anche Germania e Belgio.
Ma perché le linee guida sono così importanti, e in particolare perché queste particolari linee guida sono importanti? Per rispondere occorre ricordare come sia ormai un dato certo nella comunità scientifica internazionale che le procedure adottate per l'intervista rappresentano un nodo cruciale nel determinare il contenuto e la qualità del resoconto di un testimone, adulto o bambino, portatore di handicap o meno. La ricerca in psicologia giuridica applicata all'intervista ha esaminato migliaia di interviste condotte sul campo (ossia nella vita reale, e non in laboratorio) da poliziotti, colloqui 'investigativi' svolti da psicologi, assistenti sociali, insegnanti, genitori, e altri, identificando, dopo anni di lavoro, quali siano gli errori tipici nella conduzione di questi colloqui e quali siano le loro conseguenze. La modalità con cui il colloquio viene condotto è quindi ormai indiscutibilmente considerata una delle maggiori fonti di errore nel resoconto del testimone.          Secondo alcuni è la singola maggiore fonte di errore. In una ricerca che data vari anni ma i cui risultati sono stati più volte replicati, Gail Goodman, docente presso l’Università della California, Davis, ha dimostrato che la memoria dei bambini è molto accurata, se non vi sono interferenze da parte dell'intervistatore. Accurata ma povera.
E' per questo motivo che, in particolare con bambini, si assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che, se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni e più dannosi […..]”
Facendo seguito alla traduzione della Mazzoni e avendola letta e ritenuta molto interessante  intendiamo riportare le principali asserzioni e con l’ausilio di altre testimonianze redigere delle linee guida affinché anche gli psicologi forensi italiani interessati possano adottare.
Innanzi tutto, quindi, riteniamo che la preparazione di questo lavoro debba essere frutto  di uno studio metanalitico e rivisto da una unità multidisciplinare, proprio come abbiamo previsto negli altri nostri quaderni per tutte quelle figure che ruotano intorno agli affidamenti di minori. In particolare, in questo caso, pensiamo debbano essere coinvolti anche studiosi di discipline diverse, di vario orientamento politico e culturale, proprio come l’intervista stessa del minore. Importantissima prerogativa per l’estensione di queste linee guida è l’essere state scritte con la collaborazione di persone che abbiano, si fatto studi specifici, ma che abbiano anche un’esperienza pratica sul campo e non siano condizionate da interessi o coinvolgimenti personali persistenti.

l’Ascoltare e il Sentire.

Primo, essenziale passaggio per capire come deve essere fatta l’intervista è quello di aver ben presente che il minore, oltre ad essere “sentito” va assolutamente “ascoltato”. La differenza non è poca ma fondamentale:
“Per la lingua italiana ascoltare e sentire sono verbi di significato diverso. Il sentire non richiede un atto di volontà: è un fenomeno di fisica acustica. L’ ascoltare richiede qualcosa di diverso. Comporta accettare di entrare in relazione con l’Altro, recepire e comprendere ciò che vuole esprimere e comunicarci: con le parole, con un’espressione del viso, del corpo, e perché no, col silenzio. Ascoltare significa disponibilità ad accogliere l’Altro e a modificare le nostre opinioni, lasciandoci “fecondare” da nuovi contenuti e significati.
L’ascolto, nel tema che stiamo trattando, ha come soggetto attivo il minore ed è strumento per raccogliere il suo pensiero, la sua opinione e i suoi desideri, all’interno di una vicenda processuale che lo tocca da vicino.” [3]

La Comunicazione e l’Osservazione

Due importanti aspetti nell’ascolto del minore sono certamente “La Comunicazione e “L’Osservazione”. Senza questi due passaggi il tutto si ridurrebbe ad un “sentire” come fenomeno di fisica acustica ciò che dice l’intervistato e non si stabilirebbe quell’empatia, quel sapersi mettere nei panni dell’altra persona, saper cogliere l’espressione di uno sguardo, di un gesto, che è alla base di una giusta intervista.

La Comunicazione.

Dice Campbell (1979) “La comunicazione è la trasmissione di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da una persona all’altra”
Noi quindi percepiamo i messaggi che ci vengono trasmessi principalmente attraverso una comunicazione non verbale (“come”) e solamente per un 10% con le parole.(“che cosa”).
L’intervistatore quindi deve capire che se si vuole relazionare con un minore deve avere ben presente che la comunicazione ha un valore di processo interattivo e non unidirezionale.
“La Scuola di Palo Alto, in California, - leggiamo in “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” - negli anni ’60 del secolo scorso ha studiato gli aspetti pragmatici della comunicazione, costruendo un modello interpretativo di relazione interpersonale (e di psicopatologia), particolarmente attento agli aspetti non verbali della comunicazione umana (Watzlawick e coll.,1971).
I dati della pragmatica, infatti, non sono solo le parole del discorso (CV), ma anche i fatti non verbali (CNV) che ad esse si accompagnano, ovvero tutti quegli aspetti che connotano il discorso, oltre l’aspetto semantico: “i segnali gestuali, mimici e posturali, ma anche gli aspetti spaziali (prossemici) delle interazioni” (Poli,1980). Quello della CNV è un concetto fondamentale nello studio della comunicazione fra le persone, perché consente di ampliare il campo di osservazione all’interno della relazione.”[4]
Il comportamento del minore e di tutti noi non ha un suo opposto, quindi non è possibile non comunicare ma ogni volta che comunichiamo con una persona anche nel silenzio noi mandiamo messaggi e sosteniamo un comportamento che ci relaziona con la persona che abbiamo difronte. Quindi riceviamo sempre un’informazione sulla nostra relazione reciproca.
Ma la comunicazione non verbale ha bisogno per essere completa di potersi riferire ad un contesto in cui si attua, allo spazio-tempo in cui ci si scambiano le informazioni ed anche alle circostanze, ai momenti storici e psicologici in cui avviene questo interscambio.

L’Osservazione.

“[……] il significato di ciò che accade e la motivazione per cui accade - leggiamo ancora in “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54: dalla norma all’incontro” - non sono dati estrapolabili dall’osservazione del comportamento. Infatti, per accostarci al significato che l’esperienza assume per il soggetto, all’interno della relazione, dobbiamo ricorrere “alla modalità conoscitiva propria del comprendere” attraverso ”l’approccio psicodinamico e fenomenologico” (Fornari,2008).[……]
L’interazione tra l’osservatore e il fenomeno è ovviamente di grado molto diverso, a seconda che si tratti di osservazione di fenomeni fisici o, viceversa, di osservazione di esseri viventi, ma diviene di primaria importanza quando l’oggetto di indagine è un altro essere umano. Qui il principale strumento di indagine è il ricercatore stesso: “la sua interazione col soggetto fornisce la certezza su cui si fonderà la spiegazione” (Hutten,cit.). .Al tema dell’osservazione come strumento di conoscenza della persona e della relazione interpersonale la ricerca psicoanalitica dà il suo contributo ponendo al centro dell’atto osservativo la relazione soggetto-oggetto. “L’uomo è costituito prettamente di relazioni; la relazione è pertanto la via migliore per conoscerlo e l’unica area di indagine veramente osservabile” .( Borgogno, 1978)
Come scrive Aron (2004): “la mente stessa è un costrutto relazionale e può essere studiata solo nel contesto relazionale con altre menti”.
Secondo il modello psicoanalitico, pertanto, l’osservatore si costituisce come il principale strumento di conoscenza e l’osservazione, così intesa, non é un atto impersonale e asettico, ne tanto meno passivo; non può fondarsi solo sul guardare, ma deve contemplare al suo interno l’essere e il sentire [……][5]
E qui torniamo all’Empatia che si deve stabilire fra l’intervistato e l’intervistatore, quella comunicazione che ci permette di percepire l’esperienza degli altri, ed certamente anche della nostra. Quindi ci da la possibilità di porci davanti ad uno specchio (autoosservazione) per capire chi siamo e quindi per avere lo stesso tipo di comunicazione con l’altro. Ognuno di noi ha la possibilità di conoscere l’altra persona se conosciamo noi stessi aprendo l’unico canale di comunicazione universale, la nostra consapevolezza di essere uomini nella sua complessità.

Cosa dice la giurisprudenza.

1-L’ascolto del minore non è un mezzo istruttorio
Dalla sentenza di Cassazione  n.ro 7282/2010  [6]
 “L’audizione non rappresentando una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad
acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni e i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione e, quindi, con tutte le cautele e le modalità atte a evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo…”
Da “L’ascolto del minore nei procedimenti civili. Riferimenti normativi e giurisprudenziali e prospettiva della difesa” a cura dell’Avvocato Maria Giovanna Ruo. [7]
“L’ascolto del minore è finalizzato a recepirne nel processo opinione, vissuto, istanze ed esigenze. Non è mezzo istruttorio, in quanto non è volto alla verifica di un fatto posto dalla parte alla base delle domande di parte. Non è assimilabile alla testimonianza in quanto non è diretta a recepire fatti dei quali una persona possa riferire: anzi è il suo esatto contrario, in quanto nella testimonianza sono da escludere le valutazioni e le opinioni, mentre nell’ascolto il minore è chiamato a manifestare la sua opinione. Nemmeno è assimilabile all’interrogatorio formale: la prospettiva di confessione della parte di circostanze alla stessa sfavorevoli è evidentemente estranea all’audizione del minore. Poiché secondo plurime pronunce sia della Corte Costituzionale sia della Cassazione al minore va attribuita la qualità di parte in senso sostanziale, forse la sua audizione potrebbe essere assimilata all’interrogatorio libero che, secondo autorevole dottrina, è volto a dare alla parte la possibilità di spiegare al giudice le proprie ragioni. Tuttavia la soluzione preferibile sembra ribadirne estraneità al sistema delle prove e specificità in ragione della sua funzione di recepire nel processo l’opinione del soggetto vulnerabile nel cui preminente interesse il provvedimento è assunto.”

2-L’audizione del minore, pena la nullità del procedimento (rilevabile d’ufficio) costituisce elemento necessario nei giudizi che lo riguardano.
Da: Diritti ai Margini. Informazioni e Materiali sui diritti dei minori in Italia e in Europa Save the Children “Il diritto all'ascolto del minore nel processo civile” [8]
“Con la sentenza n. 22238 del 2009 [9], la Suprema Corte a Sezione Unite ha affermato per la prima volta che il mancato ascolto del minore nei suddetti procedimenti determina la nullità insanabile e rilevabile d’ufficio del provvedimento impugnato per violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, salvo che l’omesso ascolto sia giustificabile per l’assenza di una sufficiente capacità di discernimento oppure per la manifesta e motivata contrarietà dell’ascolto stesso al preminente interesse del minore.
Da: “L’ascolto del minore nei procedimenti civili. Riferimenti normativi e giurisprudenziali e prospettiva della difesa” a cura dell’Avvocato Maria Giovanna Ruo. 
“Già la Corte Costituzionale nel 2002 aveva affermato la portata generale della prescrizione di cui all’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo, entrata a integrare la disciplina dell’art. 336 c.c., II comma nel senso di configurare il minore come parte sostanziale del procedimento, con ogni relativa conseguenza24. Successivamente le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 22238/2009, hanno affermato che l’audizione dei minori è divenuta adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardano e quindi anche nei procedimenti relativi all’affidamento e al diritto di visita. Ne consegue l’omessa audizione del minore, “parte sostanziale” e portatore di interessi contrapposti ai suoi genitori, costituisce violazione dei principi regolatori del giusto processo (contraddittorio e diritti di difesa) e dà luogo a nullità, salvo che risulti contraria al suo superiore interesse o difetti il requisito del discernimento[10], elementi che debbono in ogni caso essere valutati con obbligo di relativa motivazione. Con la sentenza n. 17201 dell’11 agosto 2011, in modifica al proprio precedente orientamento26, la Cassazione ha affermato non più solo l’opportunità, ma la necessità dell’audizione del minore anche nei procedimenti in materia di sottrazione internazionale” [11]



L’utilizzo di linee guida
Da Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale.[12]
“Si ritiene che l’utilizzare linee guida adeguate permetta di arrivare ad una determinazione affidabile dell’accaduto, riuscendo ad evitare i possibili errori che minacciano il compito di valutazione. Si eviterebbe inoltre di produrre ciò che viene chiamata la vittimizzazione secondaria del minore, cioè il sottoporlo ad una serie di interrogatori eseguiti da diverse persone, compromettendone non solo i ricordi ma anche la qualità della vita”
-           Non si deve escludere a priori l’intervista solo rifacendosi all’età o alla disabilità.
-           Le fasi principali fase sono:[13]

                        -La Programmazione dell’Intervista
-Stabilire una comunicazione con il minore (Accoglienza)
-Ottenere una narrazione libera del ricordo
-Porre le domande
-Concludere l’intervista
           
La programmazione dell’Intervista

-           Per ogni intervista bisogna prima di tutto stabilire le figure che fanno parte dell’U.C.M.[14] l’Unita di Consulenza Multidisciplinare che devono programmare l’intervista.
Nel caso in cui il minore ha già avuto contatti con i Servizi Sociali, l’U.C.M.[15] dovrebbe includere rappresentanti degli stessi Assistenti Sociali e della Polizia, poi sicuramente il pediatra ed esperti che già conoscono il minore come i genitori, gli insegnanti gli educatori, lo psicologo i tecnici di terapia occupazionale. Sarebbe importante infine ascoltare nella preparazione dell’intervista anche il minore consultandolo in base alla sua età e alla sua maturità intellettuale.
Fra le figure che devono essere coinvolte nella programmazione dell’intervista sicuramente deve essere preso in considerazione anche quella di un neuropsichiatra infantile che dovrà valutare lo stato di salute mentale del bambino e uno psicologo clinico che valuterà le sue capacità cognitive. Entrambe le figure devono fornire solamente una valutazione del minore per una più giusta pianificazione dell’intervista futura.
Insieme alle figure professionali che troveremo in seno all’U.C.M.[16] che si andrà a comporre, sarebbe bene inserire un Mediatore Culturale che, se il minore ha problemi fisici o psichici anteriori all’abuso (es, è sordomuto) o se è molto piccolo, sappia fare da tramite con l’intervistatore. È però molto importante fargli capire che non è lui l’interlocutore principale, ma l’intervistatore che nell’occasione dovrà mantenere un contatto cosiddetto “oculare” con l’intervistato. Non è assolutamente consigliabile che questo mediatore sia un componente della famiglia o un parente.
Tutte le figure, specialisti dell’U.C.M.,[17]comunque dovranno avere anche una preparazione forense.
Altra figura importante per pianificare un’intervista è quella di sostegno al minore, specialmente se quest’ultimo è un bambino molto piccolo o molto provato. Potrebbe anche essere uno dei genitori sempre che si guardi bene da non influenzare minimamente il figlio.[18]
-           Bisogna stabilire a priori chi fra le varie figure multidisciplinari deve condurre l’intervista e se nel caso specifico può essere presente un secondo intervistatore che deve comunque avere competenze eguali o simili a quelle del collega e dovrebbe avere principalmente la funzione di individuare eventuali errori nell’intervista oltre a capire se ci possono essere problemi di comunicazioni fra il bambino e il primo intervistatore. Mai dovrebbe avere un ruolo subordinato al primo o sentirsi emarginato o non essere riconoscibile nel suo ruolo dal minore, in quanto quest’ultimo potrebbe chiedersi chi è e mettersi sulla difensiva a scapito dell’intervista. Il suo ruolo può essere importantissimo proprio come ulteriore garante di un lavoro proficuo.
Potrebbe essere presente anche un Osservatore ma bisogna sempre avere l’accortezza che mai bisogna far diventare l’intervista un interrogatorio di più persone insieme perché questa circostanza potrebbe mettere molto a disagio l’intervistato e le persone coinvolte potrebbero addirittura fare domande contraddittorie.  
           
-           Nella scelta in fase di programmazione dell’intervistatore si deve pensare che debba avere delle specifiche capacità e una preparazione di studio specifica per il ruolo che va a ricoprire. Ad esempio un titolo di studio che gli consenta di comunicare con il minore e farsi ascoltare da lui anche in situazioni particolarmente problematiche.
                                   L’intervistatore deve poi essere sempre gradito al bambino che non lo deve assolutamente temere. Per questo potrebbe essere uno della sua stessa razza o dello stesso genere.
            L’American Professional Society on the Abuseof Children (APSAC) ci chiarisce un identikit della figura dell’intervistatore/valutatore che deve essere scelto in fase di programmazione. Dovrebbe essere un laureato in Psichiatria o Psicologia, Sociologia, Infermieristica o se non dovesse avere una di queste caratteristiche, ma essere comunque uno specialista di provata esperienza, dovrebbe essere supervisionato da una di queste figure.
Dovrebbe avere un’esperienza nel campo di almeno due anni su casi di abuso di minori e cinque anni per fare valutazioni legali. Dovrebbe altresì avere una provata esperienza nell’area dello sviluppo infantile. Dovrebbe capire tutte le conseguenze di un abuso sessuale e delle conseguenze che il minore in esame possa avere dal punto di vista emotivo e comportamentale e un’adeguata conoscenza dei più recenti studi del settore anche a livello mondiale, quindi dovrà sottoporsi ad una formazione continua.
Una prerogativa essenziale dovrà essere quella di proporsi nell’intervista con la mente sgombra da pregiudizi e valutazioni aprioristiche dovute all’esperienza che a volte potrebbe fuorviare l’intervistatore. Proporsi quindi in maniera molto umile difronte ad ogni nuovo caso pensando che spesso quello che appare non è la verità dei fatti. E che tutte le fonti di informazione possono avere dei limiti e contenere delle “inaccuratezze”.[19] 

-           Bisogna stabilire chi sarà il responsabile tecnico del gruppo nell’U.C.M.[20]
 
-          Bisogna capire per tempo quali problematiche ci potranno essere o ci sono state in relazione al caso. Ad esempio bisogna informarsi su tutti gli eventi accaduti prima dell’intervista e quindi è importante la storia del bambino, il suo vissuto, le sue esperienze. “Alcuni bambini - traduce la Mazzoni - potrebbero essere sconosciuti al Servizio Sociale locale, ma conosciuti, per esempio, ai Servizi di Neuropsichiatria Infantile, o ad educatori professionali per problemi psicologici o comportamentali, o per particolari esigenze educative. Alcuni bambini potrebbero essere invece noti alla Scuola […..]”[21]o al Servizio Sanitario locale.
Se vi siano dubbi che un minore possa essere stato in qualsivoglia modo abusato bisogna sempre preventivamente parlarne e concordare un’eventuale strategia di approccio con il Dipartimento dei Servizi Sociali, la Polizia Giudiziaria, e comunque con un rappresentante dell’U.C.M.[22] ad esempio un medico pediatra e qualcuno del Servizio N.P.I. (Neuro Psichiatri Infantile). Per tutto ciò è bene pensare anche ad una eventuale pre-intervista del minore e delle figure che possano interessare la futura inchiesta.

-           Nella fase di programmazione vanno scelti e preparati anche i test psicologici che possono essere somministrati al minore, ma in quest’accertamento vanno effettuati soprattutto per capire qual’è il suo livello intellettuale o per avere chiare quali siano le sue funzioni generali e il suo stato emotivo, tutte situazioni che potrebbero condizionare l’intervista.[23]

La visita medica
Siccome, spesso, il bambino è l’unico testimone di un abuso[24] (Lamb,1994; Lamb, 1999; Mazzoni, 2000; Lamb et al., 2000; Lamb et al., 2002; Mazzoni e Ambrosio, 2003;
Gulotta, 2000; Gulotta e Ercolin, 2004), sarebbe bene, prima dell’intervista, effettuare il più presto possibile l’esame medico dello stato fisico-legale del minore che si ritiene possa essere stato abusato e      informarlo di cosa si farà. Se molto piccolo informando i suoi genitori. Questo per cercare di rendere meno traumatica per il bambino questa fase dell’accertamento. (Lamb 1994 – Kellog 2005)[25]
La visita medico legale, se fatta con troppo ritardo, potrebbe non permettere di avere la certezza del reato, sia perché le patologie riscontrate concernenti un possibile abuso potrebbero non essere più chiare sia perché potrebbero non derivare nemmeno più da questo.
Nel caso in cui la visita medica venga fatta in ritardo solo l’intervista del bambino può rivelare fatti concernenti una eventuale violenza. Anche nel caso che questa visita sia fatta nei tempi giusti, dobbiamo tener presente che tante forme di abuso non lasciano segni evidenti sul minore (Lamb1994 – Bennet 1997 ed altri)
Le linee guida statunitensi definiscono anche i tempi di questo accertamento “Se la rivelazione dell’abuso è avvenuta entro 72 ore dal fatto, l’esame deve essere eseguito il prima possibile (AACAP, 1990; Kellogg et al, 2005) per permettere di raccogliere anche prove legali appropriate che potrebbero includere prelievi con tamponi (che in bambini prepuberali deve comunque avvenire entro 24 ore dall’abuso), campione di saliva o capelli, raccolta degli abiti e campione di sangue (Kellogg et al, 2005). Quando vengono superate le 72 ore e non sono presenti danni acuti, l’esame d’emergenza generalmente non è più necessario in quanto le prove, che possono essere raccolte entro questo termine, non sono più presenti (Kellogg et al,2005).”[26]
                                   Prima dell’intervista è anche opportuno fare tutti gli esami di laboratorio atti ad accertare se possano essere state trasmesse malattie nella circostanza di una probabile violenza  sessuale.
Nell’occasione il medico facente parte dell’U.C.M.[27] deve essere anche molto prudente per non mettere a disagio il minore. In questi casi è necessario che il si interfacci con quello della Polizia Giudiziaria per valutare insieme che gli esami da fare siano appropriati al caso in questione.
Altra importante regola da tener presente è quella di sostenere il minore nell’esame con l’aiuto di un pediatra o un Pediatra Ginecologo o di un genitore o qualcuno di cui il minore si fidi e ne abbia confidenza, ed accertarsi soprattutto se gradisca una qualsiasi presenza esterna al medico che esegue l’accertamento.[28]
Infine sono sempre consigliate, per una maggiore chiarezza e trasparenza dell’esame l’effettuazione insieme al rapporto di filmati o fotografie esplicative di eventuali o sospetti segni dell’abuso.

Informazioni che bisogna sapere per fare una corretta intervista: criteri di massima da
seguire sempre.

Premessa:
Un modo scorretto di interrogare il bambino potrebbe portare a non conoscere la verità e un innocente non avrebbe giustizia oppure un innocente sarebbe accusato ingiustamente.
La legge italiana infatti recita che la testimonianza di una parte offesa “costituisce una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata” (Cass.pen. sez. IV, n. 30422 del 10.08.2005), e che “la deposizione della persona offesa dal reato... può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova” (Cass.pen. sez. III, n. 22848 del 23.05.2003”) Pur tuttavia aggiunge “ove ritenuta intrinsecamente attendibile(Cass.pen., sez. IV, n.30422 del 10.08.2005) oppure ove sia sottoposta ad attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass.pen. sez. III, n. 22848 del 23.05.2003).[29]

Quindi:

-           Bisogna sapere se ci sono nel minore elementi prettamente soggettivi come l’aver già avuto o sta avendo relazioni con i Servizi Sociali o comunque con i servizi pubblici.    

-           Bisogna sapere se il minore conosce tutti gli elementi del fatto oggetto di indagine e quindi della storia che sta vivendo o che ha vissuto.

-           Bisogna anche capire se i racconti del bambino intervistato siano congrui con l’età del fatto che sta raccontando. Se non c’è questa congruità vuol dire che le informazioni sono di altra epoca. Tipico è il giudizio morale che il minore non poteva esprimere all’epoca dei fatti. Sappiamo che solamente intorno ai 10 anni il bambino raggiunge la parità di comprensione dell’adulto. Il modo di parlare, invece, e i termini che usa dipendono molto dalla scuola o dalla famiglia in cui vive.

-           Bisogna sapere se, nel caso in questione si voglia fare un’intervista registrata, quanto valore le si deve dare.

-           Bisogna capire se il minore, ove gli fosse richiesto, sarebbe o meno disponibile ad un controesame.

-           Bisogna capire la disponibilità o meno del minore nel sottoporsi ad un eventuale   setting di intervista formale, cioè di ricercare più approfonditamente, fare ulteriori accertamenti per ottenere risultati più attendibili precisando anche in particolare il contesto entro cui è avvenuto il fatto oggetto di indagine.

-           Bisogna conoscere bene la preparazione psicofisica del bambino al fatto e quali informazioni si possono dare al bambino che sta per essere intervistato, tenendo quindi presenti anche, e soprattutto, le sue naturali resistenze o voglie o costrizioni nell’accusare o meno persone che lui potrebbe amare o odiare.
                       

-           Bisogna saper distinguere l’intervista volta ad una testimonianza da una volta a salvaguardare il benessere del minore intervistato, tenendo sempre presente, comunque, che entrambe le interviste devono volgere al benessere del ragazzo nel momento e nel suo futuro. Se il giudice pensa che la testimonianza del minore sia importante o addirittura “essenziale” ma che il testimoniare sia nel contempo molto dannoso per il bambino, può lasciare a lui la possibilità di decidere se farlo o no. Nel contempo questa volontà deve essere sempre chiaramente  messa agli atti insieme alla volontà dei genitori o del suo tutore in merito alle circostanze processuali così che il giudice possa in qualsiasi momento richiedere ulteriori accertamenti.

-           Bisogna sapere, soprattutto nell’intervista penale, cosa si deve capire, ma mai farsi influenzare dall’accusa rivolta alle persone coinvolte nel contenzioso.
-           Bisogna sapere che tutte le informazioni che verranno messe in evidenza nell’intervista si devono considerare solo come indizi e mai considerate come conferma o meno degli atti accusatori.
Anche se il compito del perito intervistatore è quello di cercare di validare o meno le affermazioni del minore[30], nel contempo non può assolutamente formulare pareri che tendano a confermare in maniera scientifica il contenuto di una testimonianza in quanto non esistono indicatori validi  per questa conferma ne psicologici ne comportamentali ne tantomeno derivati dagli stessi test somministrati nelle circostanze. Questa conferma la potrebbe dare solamente il giudice se queste informazioni fossero adeguatamente supportate da prove inconfutabili.

-           Bisogna tener sempre presente nel corso dell’intervista della psicologia del minore a seconda che sia stato testimone di un crimine o se ne sia stato la vittima. Nei due casi il sostegno da dare a lui o ai suoi genitori sarà certamente diverso.

-           Bisogna sapere che, se il minore deve avere contatti con la Polizia Giudiziaria i suoi componenti devono una formazione adatta a trattare con il minore e sicuramente conoscere le linee guida per la sua l’intervista.

-           Bisogna pensare che, soprattutto nell’intervista di un testimone, sia maschio che femmina, lo scopo principale sarà sempre quello di riuscire ad avere alla fine una visione più chiara possibile e fedele dell’accaduto e dei suoi protagonisti.

-           Bisogna sapere che, se i  minori che devono essere intervistati hanno più di tre anni, va spiegato lo scopo dell’intervista stessa e il compito degli intervistatori. [31]

-           Bisogna sapere che, in ogni momento dell’intervista deve essere garantito al moinore il suo diritto al rispetto e alla sua dignità come persona e soprattutto  alla riservatezza di ciò che andrà a deporre.

-           Bisogna sapere che, l’intervistatore deve per prima cosa valutare la capacità di testimoniare del minore, ad esempio quali sono i suoi limiti  oltre l’età, i problemi psicofisici o altro

-           Bisogna valutare, in particolare, le capacità del minore di capire senza ombra di dubbio le domande dell’intervistatore, di avere nella mente ricordi chiari, se è capace di esprimersi in forma corretta e se dice in sostanza quello che vuole dire. In questo caso bisogna vedere se ha la capacità di capire la lingua in relazione alle sue strutture di grammatica e sintassi e se ha la capacità di saper distinguere nelle parole le differenze seppur minime del loro significato.

-           Bisogna valutare ancora se il bambino è capace di distinguere tra i veri e i falsi ricordi e soprattutto se sa distinguere la fantasia dalla realtà dei fatti vissuti e soprattutto se nel momento dell’intervista ha voglia di farlo o la sua mente ha voglia di ricordare solo certi fatti e non altri. Nell’incertezza bisogna, se possibile, farsi aiutare dai genitori o da persone che lo conoscono bene.  
-           Bisogna accertarsi se il bambino sappia parlare correttamente  la lingua in uso nell’intervista e se capisce bene quello che gli si dice.

-           Bisogna accertarsi che il bambino abbia capacità di interpretare fatti e circostanze.

-           Bisogna capire quando e quanto il bambino può essere stato suggestionato da terze persone e quindi se le sue risposte sono dettate da paura o altro. Quest’aspetto deve, se si hanno dubbi, essere riportato nella relazione conclusiva all’intervista. 

-           Bisogna lasciare sempre libero l’intervistando di rispondere spontaneamente e mai forzarlo direttamente, indirettamente, inconsciamente o addirittura consciamente ad una risposta che gratifichi chi intervista. Sempre più spesso purtroppo si tende paradossalmente a non tenere o a ter poco conto dell’opinione del minore.

-           Bisogna ricordare sempre che il minore, soprattutto se bambino, darà risposte valide e coerenti se le domande che gli verranno rivolte sono poste da persone di cui si fida e che lo faranno sentire tranquillo. Quindi, la primissima fase dell’intervista, sarà sempre volta ad acquisire la sua fiducia. Nella fase finale invece si cercherà di lasciarlo in una situazione psicologica positiva.

-           Bisogna sapere che, non essendo le tecniche dell’intervista le stesse di una conversazione casuale, esse dovranno essere frutto di uno specifico studio e di una sperimentazione preventiva. Da qui va da se che l’intervistatore deve avere una preparazione tecnica specifica e una formazione continua.

-           Bisogna sapere che, essendo la memoria del bambino molto accurata ma povera e facilmente malleabile, non ci devono essere interferenze da parte di chi fa le domande. Ciò potrebbe portare ad errori anche irreversibili nell’esporre e nel ricordare il fatto.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve forzare il bambino facendo un nome in particolare,
           
-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve accettare la risposta negativa alla sua aspettativa e avere la pazienza di aspettare l’articolato del minore.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve accettare anche risposte incerte come “non so” o “non mi ricordo”

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve “consigliare” un nome particolare al minore, ad esempio quello della persona che pensi  essere il maggior indiziato  o immettendo in un ricordo quello di una persona in particolare. “Se ci fosse stata la tale persona come ti saresti comportato?

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve ripetere una domanda molte volte per costringere il bambino a rispondere facendo capire che le risposte date in precedenza non erano di suo gradimento o insoddisfacenti. [32] Infatti il ripetere molte volte la domanda è sicuramente un fattore di rischio e distorsione delle sue risposte e quindi dei suoi ricordi, dando così sicuramente adito ad errori che, essendo incorporati nello stesso sforzo del “ricordare continuo”, diventeranno alla fine parte del ricordo stesso e percepiti come verità.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve fare commenti  (feedback) su una risposta sia positiva che negativa in modo da sollecitarne un’altra che si crede sia quella giusta dando soddisfazione al bambino, magari gratificandolo con un “bravo, bene, giusto….”

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve contraddire l’intervistato cercando di fargli dire il contrario di quello che pensa. portando altre testimonianze contrarie, ad esempio di un suo amico o di un genitore o comunque di  una persona che stima o che ama.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve far credere all’intervistando che chi fa le domande sappia già le risposte in modo da fargli dire quello che pensa a priori.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve usare l’articolo determinativo anziché quello indeterminativo. “Hai visto l’uomo fare una cosa…anziché “hai visto un uomo fare una cosa….
Da Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings,[33]
“E' per questo motivo che, in particolare con bambini, si assiste spesso ad un intervento pesante da parte degli adulti, intervento che, se svolto da personale che non segue le linee guida, porta a errori anche irreversibili nel resoconto e nel ricordo. In varie altre sedi ho fornito un elenco degli errori più comuni […..] l'implicare che l'intervistatore già conosce i fatti, e il testimone deve solo confermare quello che l'intervistatore già sa. A questi errori grossolani molti altri se ne aggiungono, sia grossolani che sottili, quali ad esempio l'uso dell'articolo determinativo anziché indeterminativo; il suggerire al testimone fatti prima che sia il testimone stesso a parlarne spontaneamente”

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve suggerire anche fatti, circostanze, luoghi ecc. prima che l’intervistando li faccia spontaneamente. Bisogna infatti tenere sempre presente che tutti i bambini (e anche in parte gli adulti) possono cambiare idea e quindi versione in base ad eventuali suggerimenti imposti consciamente o inconsciamente dagli intervistatori ed è noto che il grado di influenzabilità del minore è inversamente proporzionale alla sua età. Ciò non significa che il bambino non sia in grado di testimoniare ma certamente, se l’intervistatore non è molto attento, potrebbe rischiare in qualsiasi momento di condizionare le sue risposte. Se le domande sono poste correttamente, le risposte saranno coerenti. L’intervistatore deve anche stare molto attento ad “aiutare” il bambino a selezionare i suoi ricordi e ad organizzarglieli in quanto potrebbe anche modificarli e deformarli senza accorgersene.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore o gli intervistatori del bambino devono evitare di parlare del fatto che si vuole accertare nei suoi particolari aspetti dettagliandoli, ne pensare di farlo fare al bambino, perché nel corso dell’intervista questi potrebbe aver acquisito informazioni particolari che fino ad allora non aveva, cominciando di sua iniziativa ad inventare e per rendere il racconto ancora più credibile, ma che in realtà è frutto solo di una sua fantasia estrapolata dai fatti stessi in quanto questi ultimi annoverano sia quelli originari che quelli appresi successivamente da altri e anche dall’intervistatore stesso. È importante quindi che, se il bambino inizia a dettagliare troppo i racconti, cercare con cautela di fermarlo.[34] Bisogna quindi evitare il più possibile azioni induttive. Infatti si deve tener presente che, se prima dei 6 anni la paura del bambino che mente è quella di essere punito, solo dopo sviluppa in se l’importanza morale che “non lo si deve fare” e comincia ad avere i cosiddetti “sentimenti morali” e il senso di colpa e di vergogna. [35]

-           Bisogna sapere che tutto ciò che si vuole sapere dovrà comunque essere accertato senza fretta, per gradi, magari in sessioni di ascolto prolungate e comunque quante ne servono, per non stressare ulteriormente il bambino. Infatti uno stress eccessivo può incidere notevolmente sulla qualità delle risposte, sulla sua percezione e sul suo ricordo.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve pensare di aver capito prima che l’intervistando abbia finito di parlare, magari anche interrompendolo mentre parla, creando così diversivi che possano suggerirgli una sua linea di condotta.

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve interpretare quello che dice l’intervistando in modo personale per affermare una propria aspettativa.[36]

-           Bisogna sapere che l’intervistatore non deve interpretare in modo parziale o esteso quello che il testimonio afferma, ma attendere la fine della testimonianza per capire e relazionare.

-           L’intervistatore deve tener presente che questi errori vengono fatti frequentemente per due motivi:

-           Perché queste modalità di intervista e quindi questi elementi d’errore sono onnipresenti e assai frequenti nel colloquio di ogni giorno, quindi anche nel parlare corrente. In pratica bisogna saper ascoltare, parlare il meno possibile e lasciare l’intervistando libero di esprimersi come meglio vuole e sa fare.
-           Perché fanno parte del modo tipico di ragionare degli uomini.
Sappiamo che il nostro ragionamento si basa su due processi tipici: uno deduttivo e uno induttivo per cui nel primo caso la nostra mente parte da principi generali per arrivare ad una risposta particolare e nel secondo caso partiamo da singoli ragionamenti per arrivare a generalizzare. 
Per scendere nel concreto: “[…..] la tendenza dell'uomo è di iniziare con delle ipotesi, e poi utilizzare i dati per confermare queste ipotesi. Quindi l'intervistatore spontaneamente e necessariamente inizia l'intervista con un'ipotesi di quanto il testimone racconterà. In alcuni casi, come nei casi di abuso sessuale infantile, spesso l'intervistatore ritiene che il bambino sia effettivamente stato abusato, e ritiene implicitamente che il suo compito sia di portare il bambino a confermare quello che lui come intervistatore ha già appreso da un altro adulto”[37]

-           Bisogna sapere che l’intervistatore deve avere una formazione continua e specifica e maestri molto preparati  nella materia per evitare il più possibile l’evitamento in errori grossolani, continuati ed evitabili se si seguissero le giuste linee guida.

-           Bisogna tenere sempre presente che il colloquio investigativo è diverso dal colloquio clinico essendo diverso lo scopo, il setting, le modalità di interazione fra intervistato e intervistatore. È anche un errore utilizzare nell’intervista del minore le tecniche di colloquio spontaneo o utilizzare il setting e il colloquio clinico per gestire una testimonianza[38] .

-           Bisogna fare molta attenzione alla scelta dei test da somministrare ai bambini. “L’indagine psicologica - leggiamo su Psicologia e Diritto[39] - potrà avvalersi di test (di personalità, neuropsicologici e proiettivi) basati su performance del soggetti (performance based) o sulla capacità di auto descriversi (self report);
I test prescelti dovranno essere caratterizzati da elevata e comprovata affidabilità scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell’esperto che dovrà tener conto – ed essere pronto a riferire al Giudice e alle parti - del grado di validità ed accuratezza globale dello strumento prescelto”

-           Bisogna sapere chela presenza della madre o del padre del bambino durante un’intervista, potrebbe essere un motivo di grande turbamento per lui specialmente se deve raccontare qualcosa di cui si vergogna o comunque che possa in qualche maniera metterlo a disagio difronte ai genitori.

-           Bisogna sapere che agli occhi del  bambino la figura dell’intervistatore riveste quasi sempre un ruolo autoritario. Se quest’ultimo, quindi, cattura il suo sguardo potrebbe direttamente o indirettamente fornire già una risposta alle domande fatte e i bambini tenderanno ad avallarla e a farla propria mettendo a rischio la validità dell’intervista. Quindi è necessario che l’intervistatore non esageri mai in questo suo modo di reggere lo sguardo del bambino.  


Per iniziare bene

Per iniziare sarebbe bene studiare a fondo tutte le caratteristiche del minore che si va ad intervistare. In particolare la sua famiglia e il suo vissuto. 
                                   Il lavoro inglese “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[40]ci fornisce un elenco di massima di fattori che potrebbero  essere considerati nella futura intervista e che i componenti dell’U.C.M.[41] devono programmare nel pianificarla. Ovviamente ogni gruppo di lavoro dovrebbe personalizzarla di volta in volta a seconda delle caratteristiche peculiari del minore:
           
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Testuale

-           età;
-           razza,
-           cultura ed etnia;
-           religione;
-           genere e sessualità;
-           problemi fisici o di apprendimento;
-           particolari bisogni di salute;
-           abilità cognitive (per es. memoria, attenzione);
-           abilità linguistiche (per es. quanto capisce il linguaggio parlato o quanto bene lo usa);
-           stato emotivo attuale;
-           quali persone si prendono particolarmente cura del bambino e tipo della relazione
esistente (inclusi estranei o conviventi);
-           esperienze del bambino in fatto di sessualità e nudità;
-           punizioni usate con il bambino (per es. se riceve botte o se gli vengono sottratti dei
privilegi);
-           tecniche usate col bambino per l'igiene e l'andare a letto
-           modalità di addormentamento;
-           ogni stress significativo di cui il bambino o la famiglia abbiano fatto esperienza di recente (per es. violenza domestica, malattie, perdita di lavoro dei genitori, traslochi, divorzio dei genitori).       
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I Tempi dell’intervista

                                   I Tempi dell’intervista devono essere programmati nella fase di pianificazione della stessa. Ovviamente questi dipenderanno molto dalle caratteristiche del bambino, principalmente dalla sua età e dalla sua capacità intellettiva, dall’attenzione, così come dai suoi bisogni specifici o dalla sua salute psicofisica. Una raccomandazione importante è senz’altro quella di seguire sempre i tempi del bambino e non quelli dell’intervistatore o di altri componenti dell’U.C.M.[42]
                                   Anche se è bene che l’intervista debba essere fatta quanto più è possibile vicino al momento in cui il bambino ha subito la violenza o l’abuso, è molto importante non far loro interviste senza rispettare i loro ritmi di vita che non vanno mai sconvolti. Ad esempio non farlo prima dei pasti o prima di andare a letto, ne vanno presi da scuola durante le lezioni.
Per capire la durata dell’intervista bisogna fare riferimento alle figure che conoscono il bambino a fondo per non insistere se è stanco. Importanti quindi sono anche le pause sapendo a priori quale è il tempo massimo della durata della sua attenzione. In queste pause sarebbe bene che il bambino possa rinfrescarsi e andare al bagno. Se il bambino va al bagno è bene che sia accompagnato e possibilmente non farlo parlare con alcuna persona e se questo avviene bisogna specificarlo in registrazione. Mai queste pause devono sembrare al bambino un premio o una punizione per una sua collaborazione o meno all’intervista.[43]
                                   La durata dell’intervista può essere dettata anche da alcuni fattori quali la quantità di cose che si devono sapere, il tempo che ci vuole per entrare in sintonia con lui e metterlo a suo agio e come abbiamo detto la sua disponibilità al colloquio prima che l’attenzione cominci a calare. Ovviamente più è piccolo il bambino meno dovrebbe durare l’intervista. In genere un’oretta è il tempo giusto se tutto procede in maniera ottimale. È anche ovvio che l’intervistatore non deve insistere se il minore incomincia a dare segni di impazienza e di stanchezza.

L’Accoglienza

Dalle Linee Guida inglesi in  Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”[44]
“Molti bambini saranno ansiosi prima di una intervista investigativa e pochi avranno familiarità con gli aspetti formali della procedura. Pertanto è importante in questa fase cercare di costruire una vera e reciproca comprensione con il bambino, cercando così di aiutarlo a rilassarsi. Per fare ciò, lo Home Office consiglia di parlare inizialmente di eventi e di tematiche non attinenti all’investigazione. Oltre a ciò, all’interno di questa fase, la guida dello Home Officeinserisce le spiegazioni delle regole base. I bambini, soprattutto giovani, percepiscono gli intervistatori come figure di autorità, e numerose ricerche hanno trovato che quando tali figure fanno domande il bambino si sforza di rispondere. Nello stesso modo, quando l’autorità offre interpretazioni di eventi o azioni molti bambini si dimostrano d’accordo per compiacenza (compliance). Diventa pertanto necessario che l’intervistatore non dia maggior enfasi alla sua autorità e usi nel migliore dei modi la fase del rapporto per
contrastare attivamente la tendenza del bambino a rispondere per compiacere. Ciò può essere fatto dichiarando che l’intervistatore non era presente quando l’evento sotto
investigazione è accaduto, e che perciò bisogna contare sul racconto del bambino; Se
l’intervistatore chiede una domanda che il bambino non capisce, questo deve sentirsi
libero di rispondere dicendo che non ha capito; Se l’intervistatore fa una domanda alla
quale il bambino non sa rispondere, questo può rispondere: “non lo so”; Se l’intervistatore fraintende cosa il bambino ha detto o riassume il resoconto del bambino in maniera scorretta, il bambino dovrebbe essere messo in grado di farlo presente (Home Office, 2002).”
Le linee Guida degli Stati Uniti Practice Parameters for Child Custody Evaluation dell’A.A.C.A.P. (American Academy Child and Adolescent Psychiatry) consigliano di accertarsi che il bambino capisca qual è la differenza fra “Vedità” e “Finzione”(Bennet 1997) Tutto ciò, dicono gli americani, deve essere fatti proprio nella fase dell’accoglienza perché il bambino potrebbe pensare che l’intervistatore non creda a quello che dice pertanto non bisogna chiedere al bambino se conosce questa differenza ma capirlo a priori.
                                   Abbiamo visto, quindi, che in questa fase si deve prima cominciare con lo stabilire un rapporto fiduciario e di reciproca conoscenza  con il bambino. Nelle linee guida di alcuni psichiatri americani lo stabilire un rapporto con il bambino che deve essere intervistato potrebbe richiedere anche dalle due alle tre interviste!
L’intervistatore quindi per capire si avvarrà di esempi adatti all’età del bambino e da lui facilmente comprensibili. [45] “Per esempio ad un bambino di scuola secondaria si può chiedere di dare un esempio di un evento di vero e di uno falso, mentre ad un bambino più piccolo si propongono degli esempi chiedendogli quale sia vero e quale falso "[46]
                                   Questo rapporto si può creare incominciando con una chiacchierata informale, magari con argomenti non attinenti al fatto specifico della futura intervista o anche introducendone altri che lo divertono e lo interessano, oppure  facendolo interessare agli strumenti di ripresa, videocamere o luci o ad altro. Parlando lo si deve sempre rassicurare dicendogli, ad esempio, che lui è li non perché abbia fatto qualcosa di male.
La vera e propria intervista comincia con la presentazione al minore delle persone che sono in stanza chiamandole per nome.[47]
Subito bisogna raccontare al bambino cosa sta succedendo ovviamente parlandogli nella lingua che comprende meglio e nella maniera più consona alle sue caratteristiche psicofisiche.
Se c’è un agente di polizia deve essere senza divisa e l’intervistatore ne spiegherà il suo ruolo chiarendo al bambino, che per la sua presenza potrebbe pensare di aver fatto qualcosa di male, che non è così e che non deve assolutamente essere in apprensione.
Nell’intervista video registrata l’intervistatore dovrà formalmente specificare il luogo dove si svolge l’intervista, dove sono le telecamere e la loro funzione.[48]
Al bambino più piccolo si chiarirà che ci sono altre persone che vorrebbero sapere cosa dirà per aiutarlo se ne avesse bisogno, e che la videoregistrazione servirà a semplificare il tutto senza bisogno di ripetere l’intervista più volte.
Con cautela lo si deve informare che comunque ci sono delle regole di base che si devono rispettare affinché tutti siano soddisfatti dell’intervista, cercando quindi di farlo partecipare, magari anche con enfasi, senza mai, comunque, caricarlo di responsabilità per la sua buona riuscita. In questa fase sarebbe bene capire anche se sa distinguere il vero dal falso e quale è la sua conoscenza, cognitiva, emozionale e dello stare insieme ad altri.

La preparazione del minore all’intervista

                        Altra cosa che si deve fare prima della vera e propria intervista è la preparazione del minore a questa tenendo comunque sempre presente la sua età. È bene poi dargli un minimo di spiegazioni su cosa andrà a fare e come l’andrà a fare, le persone che saranno con lui nell’occasione, i tempi e i luoghi ed anche lo scopo dell’intervista se videoregistrata.
In questo caso si dovrebbe spiegare al minore i vantaggi e gli svantaggi della videoregistrazione e quali sono le persone che potranno vederla.
Il bambino va anche avvisato che potrebbe testimoniare anche in un tribunale, infatti non è detto, come vedremo, che la videoregistrazione sia utilizzata dal giudice.           

L’intervistatore dice di cosa si parlerà

L’intervistatore deve definire bene di cosa si parlerà senza entrare in merito alla natura dell’eventuale reato che si dovrebbe accertare. Se il bambino ha in fase di primo accertamento (prima dell’intervista) già accusato esplicitamente una persona, l’intervistatore può entrare subito in argomento per ottenere un’ulteriore denuncia. Se non c’è stata mai una denuncia del bambino, ma alcune ragioni farebbero prevedere che è stato abusato, come visite mediche o addirittura una confessione dell’abusante, l’intervista è senza meno più complessa ma comunque legittimata.
                                   Come abbiamo detto, il racconto del bambino non deve mai essere stimolato a raggiungere una verità che si presuppone. Ma se dal suo racconto non si hanno informazioni, qualunque esse siano, l’intervistatore dovrebbe entrare in argomento dall’ultimo oggetto della conversazione: ad esempio come va a scuola, cosa fa a casa ecc. Se ancora il bambino non vuole entrare in argomento, si può tentare chiedendogli qual è la cosa di cui vuole parlare e se una in particolare lo potrebbe interessare, lasciandolo sempre libero di dire ciò che vuole, perché la denuncia di un’eventuale accusa deve sempre nascere spontaneamente dalla sua volontà, pena la nullità del procedimento.
                                   Ci sono poi alcune domande che si possono fare per stabilire un rapporto e fare in modo che il bambino parli del fatto che si vuole accertare. Il Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992  ci da alcune esempi di domande da fare:” [49]
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Testuale
 “Sai perché sei qui, oggi?”
(se non risponde)
“Se c'è qualcosa che ti turba è importante per me poterlo capire”
(se non risponde)
“Ho sentito che stavi dicendo qualcosa al tuo insegnante/amico/mamma la scorsa
settimana. Dimmi di cosa avete parlato”.
(se non c'è un'accusa precedente)
“Ho sentito che qualcosa ti ha sconvolto, puoi dirmi di che cosa si tratta?”
(se non risponde)
“Come ti avevo detto, il mio lavoro è quello di parlare con i bambini riguardo a cose che li
turbano. È molto importante che io capisca cosa ti sta turbando; dimmi perché pensi che
(chi si occupa di lui) ti ha portato qui, oggi”
(se non risponde)
“Ho sentito che qualcuno può aver fatto qualcosa che non era giusta; dimmi ciò che sai
riguardo questa cosa, qualsiasi cosa ricordi”

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Per impedire che il bambino dia risposte compiacenti :

Molti sono i fattori per avere buone possibilità che il bambino racconti in maniera adeguata i fatti che andrà a riferire. Fra questi i più importanti sono:
-           Le capacità del bambino di saper riferire e quindi il suo livello intellettivo, le sue capacità e  i suoi tempi di attenzione, la sua capacità di distinguere tra bene e male, tra giusto e ingiusto e il suo stato di salute psicofisica.[50]    
-           Le capacità dell’intervistatore di saper chiedere al bambino.

Riportiamo alcuni esempi di intervista [51] 

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Testuale

“Oggi ti chiederò di dirmi qualcosa che ti è successo. Io non c'ero quando questa cosa è
successa, perciò posso sapere solo quello che mi dirai tu, capito?
(pausa)
“Per capire meglio cosa è successo ti devo fare qualche domanda; se tu la risposta non la
sai, devi dire 'non lo so' oppure 'non ho capito'; perciò, se ti chiedo (l'esempio deve essere
in relazione con l'ultimo oggetto di conversazione) 'quando è il compleanno della tua
maestra', che cosa mi rispondi?”
(il bambino risponde)
“bene, non lo sai, vero?”
(pausa)
“e se mi dici cose ed io le capisco in modo sbagliato mi devi correggere”
(pausa)
“così se io dico (sempre in rapporto con l'argomento sul quale si conversava durante la
fase di costruzione del rapporto) 'la tua maestra si chiama signorina Angela (ovviamente,
nome diverso da quello dell'insegnante reale), tu cosa mi rispondi?”
(il bambino risponde)
“bene, così io ci posso credere a quello che tu mi racconterai, e potrò capire che cosa è
successo”.
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Per impedire che il bambino dia risposte false [52] 

-          Se il bambino dimostra di conoscere bene la differenza fra il vero e il falso è molto importante, forse essenziale, terminare enfatizzando l’importanza di dire sempre la verità in circostanze dove, se non lo si facesse, si potrebbe danneggiare se stessi ed anche altre  persone.
Comunque tutti questi discorsi non vanno mai fatti durante l’intervista vera e propria perché il bambino potrebbe pensare che fino ad allora non lo si abbia creduto.

-          A questo punto dell’introduzione all’intervista bisogna chiedere al bambino di fare un racconto veritiero di quello che vuole raccontare e della sua responsabilità. Ora sarebbe anche utile farlo giurare, anche se non c’è un obbligo ben preciso, ma sarebbe consigliabile se si vogliono avere buone possibilità che il tribunale possa accogliere la videoregistrazione come prova. Certo questo è un momento particolare per il minore che lo potrebbe mettere a disagio e in allarme, quindi dovrebbe essere fatto sempre durante la prima fase, quella di conoscenza e in maniera quanto più possibile discorsiva, magari discutendo con lui della differenza che ci potrebbe essere fra verità e bugia.
                                   Il Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992 ci viene ancora in aiuto suggerendoci alcune frasi ci potrebbero aiutare nella circostanza. Potremmo, per mettere il bambino a suo agio,
parlare cosi:” [53]
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Testuale

“Ora (nome) è molto importante che tu mi dica la verità riguardo a queste cose che ti sono
successe. Così prima di iniziare voglio mettere in chiaro che hai capito la differenza tra
verità e bugia”
(pausa)
“così, per esempio (riferendosi ad un oggetto delle stanza), se io do un colpo su questo
bicchiere di acqua e poi dico a tua madre che sei stato tu, questo è vero o è una bugia?”
(risposta del bambino)
“bene, questa sarebbe una bugia perché sono stato io e non tu a far cadere l'acqua. Ora se
io dico che tu sei venuto oggi a trovarmi con (nome di chi lo ha accompagnato), questa
sarebbe una verità o una bugia?”
(risposta del bambino)
“Si, questa è la verità. Così è importante che tu oggi mi dica la verità, capito?”
(risposta del bambino)
“tu devi dirmi solo cose che sono reali e non inventate”
(pausa)
“così, se io ti dico che hai conosciuto fate o uomini dello spazio mentre venivi qui, mi diresti
che è reale o inventato?”
(risposta del bambino)
“si, questo sarebbe inventato. Tu dovresti dirmi solo cose che credi siano successe
realmente a te”.

Per mettere il bambino a suo agio

-           Durante la fase di intervista il compito dell’intervistatore è soprattutto quello di facilitare il bambino a parlare liberamente e a dare risposte che siano spontanee e comunque aiutarlo nella sua esposizione a dire la sua verità, mai quello che crede l’intervistatore anche se si è fatto già un’opinione dei fatti.

-           In questa fase, mentre il bambino parla, bisognerebbe evitare di interromperlo e lasciarlo libero di esporre i fatti. Mai fare domande su altre domande. Potremo parlare di “un ascolto attivo” e far capire all’intervistato che lo si sta ascoltando con interesse. L’intervistatore dovrebbe intervenire il meno possibile e solo quando il bambino ha un calo di interesse o sembra in difficoltà, ma sempre aiutandolo discretamente a continuare il racconto senza mai aggiungere informazioni ancora non dette da lui. 

-           Aiutare l’intervistato quindi. A volte il bambino è riluttante a raccontare certi avvenimenti. In quel caso bisogna rassicurarlo con frasi del tipo “capisco che per te sia difficile raccontare queste cose, come posso aiutarti a farlo?” Quando comunque è in difficoltà non sono consigliabili termini vezzeggiativi o prendendogli le mani o carezzandolo, potremmo metterlo ancor di più in imbarazzo. Possiamo invece chiamarlo con il suo nome mai il vezzeggiativo del nome.

Il racconto del bambino

-           Per quanto riguarda le informazioni che i bambini danno si è constatato che quelli più piccoli tendono a darne di meno e usano più pause. Queste pause devono assolutamente essere tollerate da chi fa le domande. “tale tolleranza - si legge nella traduzione della psicologa Giuliana Mazzoni del testo inglese “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[54] – dovrebbe[ro] essere estesa[e] a tutto ciò che potrebbe sembrare irrilevante o un'informazione ripetitiva. È corretto dare suggerimenti neutrali (“e poi cosa è successo?”) che non implicano delle valutazioni positive (“giusto”, “bene”). L'intervistatore ha anche bisogno di stare attento a comunicazioni non intenzionali di approvazione o disapprovazione fatte attraverso le inflessioni della voce o la mimica facciale.”
                                   A volte i bambini sono reticenti nel raccontare i fatti perché l’abusante ha detto loro che quello che è accaduto deve rimanere un segreto da condividere solo in due. Se ci fosse tale pensiero da parte dell’intervistatore la domanda può anche essere “diretta” e se il bambino risponde bisognerebbe rassicurarlo dicendogli che vorremmo aiutarlo ad interrompere quello che è successo o che sta succedendo. Se il bambino invece vuole parlare di quello che è accaduto attraverso un gioco, ad esempio con un telefono giocattolo, chi intervista lo deve esplicitamente dire nella registrazione dei fatti e conservare la documentazione se la rivelazione è stata scritta su un foglietto dal bambino o con un disegno esplicito.

-           La velocità e quindi i tempi del racconto del bambino, abbiamo capito, vanno stabiliti da lui e non sono quelli dell’intervistatore, quindi mai guardare l’orologio o dare segni di stanchezza o di noia o di impazienza.

-           Abbiamo anche già visto che bisogna intervistare il bambino nella sua lingua madre a meno che non sia bilingue e non conosca meglio la seconda lingua.

-           Se il bambino è straniero bisogna sempre  cercare di conoscere o comunque capire la sua cultura d’origine, la sua religione, i suoi usi e i suoi costumi. Sarebbe anche utile conoscere alcune credenze della sua terra. Questo non vale solamente per il bambino immigrato, ma anche per bambini italiani di regioni che hanno una particolare cultura, come il minore alto atesino o quello sardo o vissuto in un campo nomade o figlio di genitori delinquenti abituali o altro. Anche questo tipo di considerazioni ci devono far capire che  molti fattori potrebbero influenzare alcune risposte dell’intervistato. In tutti questi casi potrebbe essere utile un mediatore culturale e in alcune circostanze anche il sesso o la nazionalità o comunque alcune caratteristiche peculiari dell’intervistatore.

-           E’ importante sapere che nel caso di un’intervista il bambino potrebbe trattenersi dal raccontare un abuso sia perché non vuole raccontare, sia perché non ci riesce essendo il racconto troppo traumatico per lui, sia perché ha deciso di non farlo perché si vergogna o se ne è fatto una colpa, oppure perché non vuole accusare una persona a lui cara o della quale ha paura.
Infine è bene ricordare che il vissuto emotivo del bambino potrebbe addirittura essere dissociato dal ricordo del trauma. A volte è capitato che bambini abusati non abbiano mostrato un particolare disagio a raccontare l’abuso che hanno subito e magari hanno raccontato l’accaduto senza una particolare emozione, freddamente e mostrando una lucidità inaspettata. In altri casi, addirittura, fanno loro, abusi vissuti da altri bambini. Bisogna tener presente anche che la risposta emotiva del bambino non è sempre uguale a quella di un adulto perché potrebbero non aver ancora maturato i giudizi morali dell’adulto.[55]

-           In alcuni casi di vissuti traumatici, i bambini possono avere difficoltà a raccontare l’esatta collocazione temporale o l’esatta cronologia dei tempi dell’abuso per una vera e propria difficoltà di percezione corretta del tempo e quindi, spesso, hanno anche difficoltà a ricostruire una corretta ricostruzione cronologica dell’accaduto.

-           Quando il bambino usa dei termini sessuali non è detto  che a questi stia attribuendo lo stesso valore che vi attribuiamo noi adulti. Comunque ogni incertezza sulle definizioni o i termini devono essere chiariti nella fase delle domande.

Le domande dell’intervistatore

-           La regola nell’intervista dei minori, specie se bambini, è soprattutto la “Pazienza”. Non bisogna avere mai fretta di porre loro domande, ma aspettare e rispettare i loro tempi. Quindi una domanda per volta lasciando che prima completi la risposta precedente in tranquillità. Mai riempire i tempi d’attesa intervenendo in qualsiasi modo, nemmeno facendo commenti, sia positivi che negativi o addirittura con parole inutili e irrilevanti. Bisogna saper ascoltare in silenzio facendo però un’unica attenzione affinché questo silenzio non diventi opprimente, non si crei un’atmosfera troppo pesante.

-           I tipi di domande sono quattro:
-           Domande “a risposta aperta
            -           Domande “suggestive
-           Domande “specifiche
-           Domande “chiuse
           
Le domande “a risposta aperta

                                   Sono le domande che sarebbero sempre auspicabili in quanto lasciano al bambino ogni voltala possibilità di rispondere liberamente e spaziare nella risposta con argomentazioni personali e non guidate. I genere questo tipo di domande si prediligono per iniziare, anche se sarebbero, come abbiamo detto, sempre auspicabili nel corso dell’intervista. Esse consentono all’intervistatore di avere molteplici informazioni, un quadro generale del problema e soprattutto il punto di vista della persona che risponde con insieme la sua predisposizione a parlare dell’argomento voluto ed anche un suo parere.
                                   Anche se in questa fase il bambino parla di cose molto importanti, bisogna assolutamente avere la forza di non interrompere per sapere di più, ma aspettare la fine del racconto. Solo quando si capisce che il racconto si è naturalmente esaurito, l’intervistatore può procedere con una seconda domanda e questa volta per avere più specifiche informazioni.
Può succedere che la domanda a risposta aperta possa dare turbamento o fastidio al bambino, allora è il caso che l’intervistatore lo distragga con un argomento che quest’ultimo ha fatto capire di voler trattare senza problemi e, solamente in seguito, ritornare cautamente sull’argomento interessato.
L’intervistatore, quindi, deve tenere sempre sotto controllo il metodo dell’intervista non condizionando mai le risposte nell’intervista.[56]

Le domande “suggestive

Da “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”[57] “In parole povere, una domanda suggestiva è una domanda che implica la risposta e che presuppone fatti che è probabile che siano ancora da accertare. Come per le domande chiuse, una domanda può essere suggestiva non solo per la natura della domanda stessa, ma anche in base a ciò che il testimone ha già detto nel corso dell'intervista. Quando ad un testimone che sta deponendo in tribunale viene posta una domanda suggestiva, l'avvocato può porre obiezione prima che il testimone risponda; questo ovviamente non può accadere durante l'intervista registrata, ma è probabile che, se l'intervista dovesse essere proposta in tribunale come prova, parti di essa potrebbero essere tagliate o, al peggio, potrebbe essere dichiarata inammissibile l'intera registrazione”
Quindi le risposte alla domanda suggestiva, nella prassi, tendono ad essere determinate e influenzate molto dal modo in cui è fatta la domanda più che dalla volontà e dal ricordo dell’intervistato, quindi possono essere fuorvianti (Ceci e Bruck, 1995; Bruck, Ceci e Hembrooke, 1998; Poole e Lamb, 1998; Lamb et al., 1999; Wood e Garven, 2000; Bull, 2000; Mazzoni, 2000; Gulotta et al., 2000; Stemberg et al., 2001;Lamb et al., 2002; Krahenbuhl e Blades, 2005; Mazzoni e Ambrosio, 2003; De Cataldo)[58]
 In particolare, se si ha a che fare con un bambino di circa 10 anni, rispetto ad un bambino di circa 4 anni,  diminuisce della metà la percentuale d’errore e di un terzo se paragonata a quella di un adulto. 
In genere, quindi devono, essere usate solamente come ultima risorsa. Se ci si accorge che con una di queste domande c’è stato un risultato di rilievo, si deve poi passare a domande aperte o specifiche.
Non sono consigliate nel caso di interviste su bambini perché si forzerebbe troppo facilmente la loro volontà nel rispondere liberamente.
Nella fase della conoscenza del bambino una domanda suggestiva potrebbe compromettere dall’inizio il rapporto con l’intervistatore e le risposte che darebbe sarebbero di scarsa attendibilità perché il bambino tenderebbe a non rispondere con proprie parole.

Le domande “specifiche

                                   Le domande “specifiche” sono in linea di massima il contrario delle domande “suggestive” perché vanno a domandare solamente chiarimenti o approfondimenti su informazioni già esistenti, quindi generano spesso risposte gradite ai bambini perché sono facili e consequenziali.
                                   Le domande specifiche in genere iniziano con cosa, quando, chi, perché, dove? A volte però anche questo tipo di domande potrebbero essere non gradite soprattutto quando si usa l’avverbio “perché.” Se si esagera nel chiedere i “perché” i bambini potrebbero sentirsi troppo responsabilizzati e si chiuderebbero nelle risposte. [59]
Se vogliamo chiedere ad un bambino con una domanda specifica di essere più chiaro nella risposta bisogna sapere che la sua stessa età non gli consente, in genere, di isolare le circostanze e gli episodi nel tempo, specialmente se si sono svolti in maniera simile. [60]
Allora dovremmo cercare di capire se uno di questi lo ha colpito in maniera particolare o addirittura eccezionale. A questo punto useremo questo episodio per risalire agli altri . “Mi dici perché questa persona ti ha tirato per i capelli” “La seconda volta te li ha strappati? Ti ha fatto più male?
Altro metodo sarebbe quello di indagare sul primo e sull’ultimo episodio accaduto, perché, essendo all’inizio e alla fine, potrebbero essere i più riconoscibili nel ricordo del bambino, tenendo sempre presente che il ricordo di situazioni od eventi e quasi sempre incompleto.
Teniamo presente che “….Il ricordo è il risultato del processo di recupero e riorganizzazione di informazioni incomplete, selettive e a volte distorte presenti in memoria.
Ogni processo di rievocazione è  caratterizzato da dettagli dimenticati e spazi vuoti anche se il risultato può apparire, ad un’analisi superficiale, completo e senza “buchi”, essendo il prodotto finale di un processo ricostruttivo;
Allo stesso modo bisogna essere prudenti nell’accettare o meno racconti di avvenimenti sempre eguali a se stessi, narrati con modalità ed espressioni meccaniche e ripetitive (“robot-like”).” [61]
È bene tener presente che quando vogliamo sapere dai bambini notizie su circostanze che si sono ripetute nel tempo è giusta prassi fare tutte le domande che si ritengono opportune prima solo sullo stesso evento e in seguito passare agli altri.

Le domande “chiuse

Sono domande che lasciano al bambino un’alternativa, ma solo una. “Quella persona aveva una macchina bianca o rossa?”
Il grande limite di questo tipo di domanda è che, chi deve rispondere, specie se è molto piccolo, si rifà ad una delle due alternative e non amplia la risposta. Oppure, siccome viene chiuso fra due risposte continua su una e, per ampliarla, fa ricorso alla sua immaginazione che spesso nei bambini è molto fertile. Per lasciare un po’ di spazio alla risposta si può chiedere al bambino di rispondere in alternativa “non ricordo” o “non lo so” “Quella persona aveva una macchina bianca o non ricordi il colore?

Alcune regole per riconoscere un abuso

-           Vi sono alcune regole di massima per riconoscere i sintomi di violenze subite dai bambini che dobbiamo tener presenti:[62]
                                   Da “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”:
           
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Testuale

Per l’abuso fisico [63]

-           Comportamenti socialmente negativi, per esempio: aumento dell'aggressività, disadattamento, disordini del comportamento, condotte devianti
-           Possibili comportamenti auto-lesivi o suicidari
-           Aumento di problemi emotivi, per esempio: ansia, depressione, diminuzione dell'autostima
-           Ridotta efficienza intellettiva e scolastica
-           Paure
-           Comportamenti problematici
-           Comportamenti sessualizzati
-           Riduzione dell'autostima
-           Disturbo post-traumatico da stress

Per le forme di razzismo[64]

-           Paura
-           Diminuzione dell'autostima
-           Paura degli estranei alla comunità
-           Diffidenza delle persone che non appartengono alla propria comunità
-           Difficoltà di identificazione positiva di razza
-           Aumento della vulnerabilità agli abusi di razzismo

Per eventuali difetti fisici[65]
-           Mancanza di autonomia, sudditanza
-           Percepirsi come “oggetti senza voce”
-           Difficoltà nello stabilire la propria identità positiva come bambino disabile
-           Isolamento (geografico, fisico, sociale)
-           Dipendenza
-           Percepirsi come “asessuati”
-           Aumento della vulnerabilità agli abusi

Per la violenza intrafamiliare e per le forme di esclusione sociale[66]

-           Paura per la sicurezza propria, dei fratelli e della madre
-           Tristezza/depressione, che si manifestano con condotte auto-lesive o tendenza suicidaria
-           Rabbia, che può manifestarsi con comportamenti aggressivi
-           Esiti a carico della salute fisica, per esempio: asma, eczema, disordini alimentari o ritardo nello sviluppo
-           Impatto sull'educazione, per esempio: aggressioni a scuola, difficoltà di concentrazione, rifiuto della scuola
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-          È da tener presente che il bambino parla dell’abuso quando lo dice incidentalmente, con una confessione sia verbale che non verbale, e che non è detto lo dica appena richiesto, ma potrebbe ritardare questa rivelazione, anzi statisticamente lo fa in ritardo e, nel caso, anche in seguito potrebbe tacere molti dettagli, minimizzare o esagerare le informazioni, fino a ritrattare tutto quello che ha detto. Anche nel caso in cui il bambino ricordasse molti specifici ed accurati dettagli, non c’è garanzia che il ricordo sia accurato nel suo insieme ne che il fatto sia realmente avvenuto! ” [67]  Al contrario, a volte lo stesso ricordo può sembrare contenere evidenti inesattezze e incongruenze. Questo non significa che il ricordo debba essere falso. Potrebbe essere inesatta la memoria di fatti “periferici”, ma nel contempo la cosiddetta “memoria centrale” potrebbe invece essere vera, quindi il fatto potrebbe essere accaduto. Oppure l'evento è realmente accaduto così come il soggetto lo racconta ma può essere oggetto di false attribuzioni (ad es. riguardo l'intenzione dei partecipanti). 
I fattori che possono determinare le rivelazioni o tacerle sono vari. Fra questi l’età, l’istruzione, il carattere, la loquacità nella circostanza, il grado di coinvolgimento emozionale, la valenza del trauma subito, e tanti atri fattori, fra cui anche il cosiddetto “falso ricordo.

Altre tecniche di intervista

-           Con l’aiuto dei Sussidi

“Il ricorso a bambole convenzionali, - si legge nel Memorandum of Good Practice on
Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 - può agevolare la comunicazione nelle interviste fatte secondo i criteri del Memorandum. I bambini piccoli o con difficoltà di comunicazione potrebbero in tal modo fare dei racconti più chiari di quanto non farebbero con un approccio meramente verbale; per esempio, figure o bambole possono aiutare un bambino a indicare parti del corpo, o a descrivere l'azione di un abuso, mentre una casa delle bambole potrebbe aiutare a descrivere il luogo nel quale il fatto è avvenuto. Bambini molto piccoli, quali quelli in età prescolare, potrebbero avere difficoltà a mettere in relazione questi oggetti con quelli della vita reale che dovrebbero rappresentare: il loro uso, pertanto, in questa fascia di età non è consigliato. Tutti i sussidi dovrebbero essere usati con cautela e non dovrebbero essere associati a domande inducenti. Se l'oggetto o il giocattolo introdotto nell'intervista non ha riscontro nell'evento, potrebbe nascere della confusione. La necessità di ricorrere a sussidi dovrebbe essere ponderata con cautela nella fase di pianificazione dell'intervista.
Quando vengono utilizzati i bambolotti con dettagli anatomici, è particolarmente importante che l'intervistatore sia esperto nel loro uso e che sia consapevole di come possano essere usate in modo sbagliato. La combinazione di bambolotti con dettagli anatomici e domande inducenti può portare a testimonianze fuorvianti. Il prodotto della interazione tra il bambino e queste bambole non è idoneo, da solo, a costituire prove utilizzabili nel procedimento. Le bambole anatomiche dovrebbero essere principalmente utilizzate in aggiunta alla intervista, per aiutare il bambino a mostrare il significato delle parole che usa e per chiarire la testimonianza resa verbalmente. Questa dimostrazione dovrebbe essere fatta solo quando il bambino ha concluso il racconto libero ed è ragionevolmente chiaro il fatto in imputazione.”[68]
-           Per il bambino disabile

Bisogna sempre ricordarsi che la parola “disabile” intende tantissime definizioni ulteriori che vanno prese ogni volta in considerazione nell’intervista. Quindi qui è indispensabile la presenza di un mediatore e che gli intervistatori siano assolutamente scelti in seno all’Unità di Consulenza Multidisciplinare U.C.M.3.I da noi proposta.[69] Anche la scelta di tutta l’equipe di indagine U.C.M. deve essere accuratamente vagliata e composta da specialisti adatti alla particolare disabilità dl minore. Sono consigliate anche sessioni più brevi d’intervista ma ripetute e non singole.
Anche la stanza dove il bambino sarà sentito dovrà essere  particolarmente adatta alla sua caratteristica disabilità per metterlo a suo agio così come andrebbero usati sussidi come foto o disegni per preparare eventuali specifiche domande. In questo caso è importante conservare tutti questi sussidi e le riproduzioni filmate degli ambienti e dei mobili della stanza.

-           Il Bambino molto piccolo o psicolabile

Sia nel caso del bambino molto piccolo o psicolabile, l’ambiente dove viene fatta l’intervista è particolarmente importante perché questi bambini hanno un grande bisogno di sentirsi come a casa loro per non essere intimiditi dai luoghi a loro non usuali o addirittura sconosciuti. Si devono sentire anche protetti e facilitati nel loro accettare l’ambiente. Per questo sono consigliati ambienti con colori e giochi adatti alla loro età e lo stesso intervistatore deve essere abituato a svolgere il suo lavoro in ambienti di questo tipo e con questo tipo di bambini. Assolutamente mai deve porre domande suggestive perché i bambini così piccoli o disabili, nella maggior parte delle volte, non hanno molta esperienza nel socializzare e si potrebbero chiudere. In questi casi si potrebbe anche far ricorso ad una persona che il bambino conosce e di cui ha fiducia.
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di farsi conoscere con incontri brevi e ripetuti nei giorni, fino a far abituare il bambino alla persona con cui parla. In questi casi l’intervistatore potrebbe incorrere nell’errore di ripetere le stesse domande già fatte e l’intervistato potrebbe rispondere in maniera incoerente e inattendibile alla domanda fatta. 

La videoregistrazione

-           Se consentita bisogna sempre privilegiare la videoregistrazione del lavoro alla
verbalizzazione scritta.
“Se ci sono preoccupazioni in ordine alla tutela e al benessere di un bambino, – scrive la Psicologa Giuliana Mazzoni nella sua traduzione già citata - o ci sono perplessità in ordine all’intervista video-registrata, bisognerà trasmettere al locale dipartimento dei Servizi Sociali una prima valutazione dei bisogni del bambino e dei suoi familiari […]”[70]
In linea di massima non dovrebbe essere necessario avere l’autorizzazione del bambino ma, se si capisce che lui non è d’accordo, bisogna sempre privilegiare le sue decisioni e lasciarlo libero di scegliere per metterlo quanto più possibile a suo agio ed avere sempre la sua collaborazione.
Questa libertà deve essere mantenuta, salvo eccezioni plausibili, anche nella circostanza che il minore non voglia farlo sapere agli stessi genitori o alle persone che ne hanno l’affido temporaneo. In questo caso, sia i genitori che gli affidatari, se non sospettati di violenze e abuso, potrebbero essere messi al corrente della decisione del bambino anche per non creare successivi problemi fra loro e i servizi sociali o discussioni successive con il minore. Dovrebbero altresì collaborare con gli intervistatori prendendo nota di tutte le informazioni che potrebbero essere utili all’indagine, come le conversazioni che hanno con il bambino o con altre persone che hanno avuto a che fare con lui. Questo per un bisogno di chiarezza e trasparenza assoluta.
Si ritiene importante anche il tono della voce che viene utilizzata nei singoli casi e la
chiarezza delle domande, soprattutto se rivolte a persone analfabete o stranieri. Nel caso può essere utilizzata la figura del Mediatore Cultuale se ha una formazione adeguata per questo tipo di lavoro.
Leggiamo da Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 [71] che quando un bambino non è italiano: “[…..] o il bambino comunica utilizzando un sistema di comunicazione alternativo come il Blissymbolics, il Rebus, il Makaton o il linguaggio [italiano n.d.r.] dei segni, il team dell'intervista deve prendere in considerazione il ricorso ad un interprete. Bisogna prestare attenzione alle caratteristiche personali dell'interprete; [per esempio che il bambino lo conosca n.d.r.]
[…..] Altrettanto vale per la possibilità che abbiano entrambi la stessa madre-lingua. Si può chiedere all'interprete infine di spiegare agli altri membri della famiglia cosa va accadendo”
Il mediatore è essenziale anche quando il minore è molto piccolo o molto traumatizzato in quanto usa un sistema di comunicazione idiosincratico[72] o particolarmente personalizzato. In questi casi sarebbe consigliabile addirittura un logopedista che sia abituato alla comunicazione con bambini disabili affiancato da un mediatore che già conosca il minore.
           
-           Se, come sembra, la scelta di videoregistrare nell’intervista è senza meno la più opportuna, specie nei casi di abuso o testimonianza di abuso, potrebbe esserlo senz’altro almeno in  altri cinque casi. E cioè:

-          Nel caso in cui il minore è vissuto, vive in un ambiente pericoloso esposto significativamente all’abuso e ai maltrattamenti. Il caso tipico è quello di un ambiente in cui sono già stati abusati alcuni fratelli o sorelle dell’intervistando.

-          Nel caso di una minore in gravidanza nota o che le sino state diagnosticate malattie trasmissibili per via sessuale.
-          Nel caso di minori ipersessualizzati.

-          Nel caso sia molto evidente dagli esami clinico-medici o dall’evidenza di danni fisici che il minore è stato abusato.

-          Se è evidente che il minore abbia assistito a crimini di ogni tipo come un’aggressione o un evento molto traumatico che lo ha sconvolto.

-           È importante ricordare che anche l’intervista videoregistrata può essere utilizzata dal tribunale come una testimonianza ma è da tener presente anche che è sempre e comunque prioritaria nella scelta del tipo di intervista la volontà del minore.
                                                                            
-           Se esiste una testimonianza registrata il testimone minorenne può non prestare giuramento e la registrazione deve avere valore come una testimonianza “dal vivo”. Questo per evitare al minore ulteriori stress. Se viene ammessa la testimonianza registrata il giudice decide indirettamente che il minore abbia le capacità psicologiche per sapere di dover dire la verità e di capire l’importanza dell’evento di cui si sta parlando. Il giudice comunque può non ammettere la testimonianza del minore sotto qualsiasi forma venisse presentata se capisse che questo evento sarebbe di ostacolo al raggiungimento della verità e della Giustizia o se solamente ritenesse che potesse essere di intralcio alla difesa.
                                   Oltre al problema della competenza a testimoniare del bambino c’è il problema se poterlo obbligare o meno. Il minore può certamente essere chiamato a testimoniare, ma certamente ciò non significa che può essere obbligato a testimoniare su tutto e nemmeno nei termini stabiliti dalle cautele riservate ai minori, specialmente se si pensi che il raggiungimento della verità può essere attuato anche senza quella testimonianza.
                                   Certo è che bisogna sempre fare attenzione alla volontà del bambino e sempre rispettarla per non aggiungere danno al danno.

-           Comunque la decisione del giudice di tenere in considerazione l’intervista registrata del minore deve sempre tener conto di alcuni fattori che non vanno trascurati come:
-          Le esigenze specifiche d’allora del minore: l’età, il grado di sviluppo mentale e psicologico, se è disabile, se lo voleva o meno, se diceva di volerlo o meno ed altre sue volontà espresse o non espresse ma evidentemente dedotte da fatti o circostanze.
           
-          Se la registrazione attualmente garantisca in maniera non equivocabile una testimonianza utile all’accertamento della verità per quel reato specifico e per il tipo di minore in osservazione.

-          Se il bambino era in relazioni usuali con il presunto colpevole tipo genitori, parenti amici o altre persone che lo frequentavano per cui potesse essere stato intimidito a “dire o non dire”.

-          Se non c’erano, all’epoca della testimonianza registrata, impedimenti di tipo traumatico del minore, quali un forte stress o addirittura uno stato di prostrazione particolare o shock.

Le attrezzature e i locali dove si svolge l’Intervista

-           Le attrezzature e i locali devono essere sempre disponibili e adatti all’intervista del minore. Non sono previste interviste senza questi requisiti. Vanno stabilite a priori e dall’incontro dei rappresentanti delle varie U.C.M.[73] delle regole unificate, fisse e standard per ogni tipo di intervista.

-           Il responsabile tecnico del gruppo U.C.M.[74] deve accertarsi che tutta l’attrezzatura necessaria per l’intervista sia adatta e consona.
In questo lavoro deve collaborare di concerto con l’intervistatore che deve avere una funzione di controllo e dare istruzioni sul giusto collocamento della videocamera , delle luci, della posizione in cui si andrà a collocare con il minore.
In pratica deve essere il regista dell’intervista proprio per rendere anche l’ambiente confortevole e adatto al lavoro che andrà a svolgere. Il responsabile tecnico dovrà garantire la piena efficienza delle attrezzature che mai dovrebbero per un guasto o un mal funzionamento interrompere l’intervista distraendo il bambino.
Nel caso di comunicazioni dell’intervistatore con l’esterno è bene che la funzione dell’apparecchio telefonico non sia visto dal minore come un modo per far giungere all’intervistatore segreti o altro, ma al contrario sarebbe anche opportuno, se possibile, che il bambino senta queste comunicazioni.
Importante anche che l’intervistatore non distragga il bambino con il suo  comportamento troppo particolare o addirittura con il suo aspetto o con i suoi indumenti troppo stravaganti o troppo colorati.
È altresì importante che tutte queste distrazioni non vadano a produrre un calo di attenzione non solo al bambino durante l’intervista ma anche alle persone che in seguito sentiranno e vedranno l’intervista.

-           Un particolare attenzione va data anche al mobilio e alle altre attrezzature del locale per consentire alle telecamere di avere una visione chiara dell’intervista e delle persone presenti ad essa.
I mobili dovrebbero essere confortevoli e la verniciatura di tavoli e armadi dovrebbe essere non disturbante e seguire le direttive stabilite dalle leggi sulle sicurezza e sulle normative europee.
I giocattoli dovranno essere adatti al bambino o alla bambina che andranno ad usarli e avere l’accortezza che questi ultimi non vadano a distrarre il periziando essendo ad esempio troppo rumorosi.
Altra accortezza deve essere riservata alle decorazioni della stanza che dovrebbero far pensare il bambino ad un luogo frequentato da coetanei. Andrebbero anche evitati cuscini troppo comodi o attrezzature  distraenti come le sedie girevoli, mentre sono molto adatti dei quaderni o dei fogli che il bambino possa colorare o disegnare.
Sono altresì consigliati bambolotti e pupazzi per aiutarlo a raccontare se stesso e il suo ambiente.

La fine dell’intervista
           
                                   La chiusura dell’intervista deve avvenire sia se è veramente finita, sia se gli accertamenti si sono conclusi in anticipo.

In genere questa chiusura segue alcune fasi:

Prima fase:
se c’è un secondo intervistatore bisogna che i due si confrontino su ciò che è avvenuto.
                       
I due intervistatori, dopo essersi consultati e confrontati si dovranno chiedere se ci sono altre domande da fare al bambino e se è tutto chiaro. I due si dovranno anche chiedere se hanno compreso a pieno le risposte del bambino e quindi se questi abbia fatto un racconto significativo ed esauriente ai fini della ricerca che si voleva effettuare. 

Seconda fase:
fare un riassunto di tutta l’intervista

La relazione va fatta usando le stesse parole del bambino e non altre, come quelle dei “grandi”, magari estrapolando dalle sue parole significati particolari. Non ci devono essere comunque nell’intervista parole che non si riescano ad interpretare a pieno, quindi, in fase di intervista, bisognerà fare attenzione a chiedergli il significato delle parole che non sono da loro più che comprensibili. Infine non bisogna assolutamente dare l’impressione al minore di non aver fatto tutto il suo dovere se dall’intervista non è emerso alcunché di utile all’inchiesta in corso.

Terza fase:
gratificare il bambino per il suo intervento ringraziandolo.

Dopo aver ringraziato l’intervistato per la sua collaborazione i due intervistatori dovranno chiedergli se ha altre domande per loro.
In genere i bambini s’informano di cosa succederà dopo l’intervista. Tutte le risposte devono essere perfettamente comprensibili al minore e nello stesso tempo bisogna fare molta attenzione che nell’enfasi dei saluti non si facciano promesse che non siano realizzabili. Prima di congedarsi sarebbe anche opportuno lasciare ai suoi accompagnatori il numero di telefono di rifermento che servirà soprattutto per essere ricontattati se il bambino ricorderà altri fatti che non ha esposto fino ad allora.

Quarta fase:
consigliare la famiglia su chi può essere contattato per aiutare lei e il bambino
           
                                   Sarebbe opportuno dopo l’intervista, specie se dal bambino sono stati fatti dei nomi di abusanti, o comunque persone da lui coinvolte direttamente o indirettamente nei fatti oggetto di indagine, provvedere per quanto ovviamente è possibile e per quant’altro magari già si sapeva dai rapporti dei Servizi sociali e dall’U.C.M.[75] affinché vengano preparate le successive misure di protezione del minore e della sua famiglia considerando tutte le eventuali implicazioni a cui potrebbero andare incontro, soprattutto quando il minore non è la vittima ma il testimone. Questo sarebbe bene, comunque, già averlo programmato e previsto nella primitiva fase di preparazione dell’intervista.
Di solito, infatti, la famiglia e il minore, dopo l’intervista non hanno un sostegno adeguato, specie se l’imputato non è un membro della famiglia stessa.
In questi casi deve essere attivata l’apposita Unità di Consulenza Multidisciplinare [76] che segua d’ora in avanti la famiglia e il bambino. Prima dell’eventuale processo e se ce ne sarà bisogno, sarebbe auspicabile che coloro che compongono questo particolare e specializzato gruppo facciano molta attenzione a non indurre involontariamente il bambino a “ripassare” tutte quelle notizie che potrebbero avere valore come prova dei fatti per non condizionarlo.

Quinta fase:
tornare a relazionarsi con argomenti neutrali
           
            Prima di lasciarsi è consigliabile terminare l’incontro parlando del più e del meno e comunque di argomenti che nulla hanno a che fare con l’intervista fatta. Questo per lasciarsi in serenità e stemperare un’eventuale tensione che potrebbe essersi venuta a creare a causa dell’intervista e dello stress che sicuramente quasi sempre si registra nei bambini in situazioni come queste.

Sesta fase:
redigere una conclusione scritta della fase finale dell’intervista
           
Come abbiamo già detto, l’intervista deve chiudersi con una relazione scritta badando bene in essa ad usare le parole che ha pronunciato il bambino e non quelle degli intervistatori. Infine questi ultimi, nell’esprimere il parere tecnico finale, devono tenere sempre ben presente la validità della deposizione specie se viene fatta un’accusa basata sulla sola testimonianza del minore.

Eventuali altre interviste.

-           Premesso che sarebbe bene limitare al massimo di intervistare i bambini e i minori in genere, (di qui l’importanza che la prima intervista sia fatta bene proprio per non doverne poi eventualmente farne necessariamente altre), può succedere tuttavia che l’inquirente ritenga necessaria una seconda intervista. 

Quando può succedere:

-           Se si viene a sapere che esiste una figura o un fatto importante nell’inchiesta di cui il bambino non ha parlato o che non ha voluto per vari motivi mettere a conoscenza degli intervistatori.
In questo caso bisogna ancora una volta muoversi con la massima prudenza in quanto il bambino aveva già taciuto il nome o la circostanza e quindi si sa che molto probabilmente non voleva parlarne.
                                   E’ consigliabile che siano gli stessi intervistatori della precedente sessione a sentire il minore e sarebbe bene anche avvertire di questo la procura e sempre fare un’ulteriore relazione descrivendo i nuovi fatti e soprattutto del perché si sia ritenuto opportuno un altro ascolto.
In genere la ripetizione delle interviste si verifica quando si ha a che fare con bambini molto piccoli e particolarmente provati da fatti vissuti. Anche in questi casi va sempre privilegiata a videoregistrazione.
           





[1]L’ascolto del minore testimone Psichiatria”, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 a cura della Società Italiana di Criminologia Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni - Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza - Società Italiana di Neuropsicologia - Società Italiana di Psichiatria - Società di Psicologia Giuridica – in
[2]Nota dei traduttori:
Il tutto è pubblicato in Psichiatria, Psicologia e Diritto n.ro 3 sett.2010 pag.10-45 in http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
Al proposito è molto interessante leggere l’opera già citata “L’ascolto del minore testimone - Linee-guida nazionali,”  in Psichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 Luglio 2011 redatto da Società Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria Società di Psicologia Giuridica, con l’introduzione di Giovanni Camerini “In Italia, l’elaborazione di linee guida e di altri strumenti di indirizzo finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza avviene all’interno del Programma  Nazionale per le linee guida (PNLG), previsto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 e DL 229/99. Questi documenti propongono l’adozione di linee guida come richiamo all’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse disponibili, con i compiti specifici di:
• produrre informazioni utili a indirizzare le decisioni degli operatori, clinici e non, verso una maggiore efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse;
• rendere le informazioni facilmente accessibili;
• seguirne l’adozione esaminando le condizioni ottimali per l’introduzione nella pratica;
• valutarne l’impatto, organizzativo e di risultato.
Gli strumenti utilizzati per perseguire questi fini sono appunto linee guida clinico organizzative,
e documenti di indirizzo all’implementazione.
Fra le ragioni che hanno condotto le Società scientifiche firmatarie del documento (Società
Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di  Neuro Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria, Società di Psicologia Giuridica) ad organizzare ed affrontare la Consensus Conference sul minore testimone vi sono condivise preoccupazioni per la limitata competenza di operatori che effettuano verifiche sulla capacità di testimoniare del minore e per il frequente ricorso, in ambito giudiziario, a metodi e tecniche non adeguate allo scopo.
La Consensus si è articolata in molteplici incontri e riunioni.
Ogni Società scientifica era rappresentata da due studiosi, designati dai rispettivi organi direttivi. I lavori, presieduti dal prof. Catanesi, hanno previsto analisi, discussione ed approvazione per ogni singolo paragrafo del testo.
Il testo, che riflette le posizioni considerate largamente maggioritarie della ricerca scientifica sul tema, è stato approvato all’unanimità in data 6/12/2010.
La bozza finale del documento è stata poi inviata a quattro esperti esterni al gruppo, scelti per comprovata e riconosciuta competenza sull’argomento (prof. Massimo Ammaniti, prof. Ernesto Caffo, prof. Ugo Fornari, prof.ssa Giuliana Mazzoni); il testo finale, che ha tenuto conto del parere degli esperti esterni, è stato ratificato dalle Società scientifiche di riferimento.
[3] Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; “L’ascolto del minore e la legge 8 febbraio 2006, n. 54:dalla norma all’incontro” Pag.11
[4] Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; Pag.12
http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/annoXIV,%20n%201/L%27ascolto%20del%20minore%20e%20la%20legge%208%20febbraio%202006%20n%2054%20dalla%20norma%20all%27incontro.pdf “Gli studiosi della “pragmatica della comunicazione umana” (Watzlawick, cit.) hanno individuato alcune proprietà fondamentali della comunicazione. Due di esse sono di particolare rilievo nel discorso che stiamo affrontando:
1) “il comportamento non ha un suo opposto”. Ciò significa che non esiste un “non comportamento” e, di conseguenza, in una relazione interpersonale non é possibile “non comunicare”: l’attività e la passività, la parola e il silenzio, hanno tutti infatti valore di messaggio.
2) “La comunicazione non soltanto trasmette informazioni, ma al tempo stesso impone un comportamento”. Si parla cioé dell’aspetto di report (notizia) e dell’aspetto di command (comando) di ogni comunicazione: mentre la notizia trasmette il contenuto del messaggio, il comando si riferisce alla relazione tra i comunicanti.  Esso fornisce un’informazione sulla relazione, ovvero una “comunicazione sulla comunicazione” o “metacomunicazione”, a sua volta suddivisibile in due aspetti, fra loro collegati: il primo relativo a come il messaggio deve essere assunto (es.:“sto
scherzando!” “é un ordine !”; ecc.); il secondo a quale tipo di relazione intercorre tra gli interlocutori, in quel momento (“ecco come ti vedo”; “ecco come mi vedi”; “ecco come vedo che tu mi vedi;ecc.; ma anche: “che cosa mi aspetto da te”; ”che cosa tu ti aspetti da me”; ”che cosa immagino tu ti aspetti da me”; “che cosa tu
immagini io mi aspetti da te”, ecc.)”
[5]Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia Forense e della Comunicazione Dott.ssa Loredana Palaziol Psicologa – Psicoanalista SPI - Tutor: dott.ssa Giulia Capra Docente: dott.ssa Anna Balabio; Pag.15
[7] Paragrafo 2. “Natura e funzione dell’ascolto del minore nel processo civile” pag.11-12 in “L'ascolto dei minorenni in ambito giudiziario” http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf
[10] http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf pag..18 “Ugualmente il giudice deve motivare quando esclude l’audizione della persona minore di età in ragione del suo superiore interesse o dell’assenza della sua maturità”
[11] 3.2. I riferimenti giurisprudenziali. La giurisprudenza interna pag.15  in “L'ascolto dei minorenni in ambito giudiziario” http://www.psicologiagiuridica.eu/phocadownload/didattica/ascoltominore_unicef.pdf e ancora   quella n.ro 7282/2010 sottolineano  ancora che l’ascolto del minore è strumento essenziale per acquisire elementi utili “nel suo esclusivo, superiore interesse”.
[12] file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf  pag.3
[13] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale.”pag.10
[14] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[15] idem
[16] idem
[17] idem
[18] Da http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf  pag.20 La persona cui è affidato il compito del sostegno deve essere istruita a rimanere esterna all'intervista, e quindi a non dare suggerimenti al bambino, a non correggere le sue verbalizzazioni, a non rispondere al posto suo alle domande dell'intervistatore, a non annuire con la testa o con la mimica del volto; non dovrebbe nemmeno mettere in atto situazioni inducenti, per esempio con giochi o passeggiate che producono un clima di alleanza, ovvero fornendo risposte a particolari domande. Persone coinvolte come testimoni (per es. qualcuno che ha visto l'incidente in questione) in questi casi possono prendere il ruolo di testimone di supporto. Questo potrebbe includere un genitore a cui il bambino avesse per primo svelato l'abuso. Chi si occupa del bambino può, inoltre, aspettare in una stanza adiacente se si pensa che la vicinanza fisica possa essere d'aiuto al bambino.”
[20] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[21] Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992”, pubblicato in Italia sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritton.ro 3, sett.2010 pag.15 vedi anche  http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
[22] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[23] file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf pag.15
[24] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”pag.2
[25] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”pag.2
[26] file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf  pag.7 
[27] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[28] Linee guida dell’AACAP (American Society Of Child And Adolescent Psychiatry) in file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf  pag.6/7 
[29] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale” pag.2
[30] Strumenti per l’ascolto del minore di Sarah la Marca – Procedure operative dell’intervento “in rete”. Memorie e Testimonianza dei bambini: aspetti psicoforensi. In: http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[31]Strumenti per l’ascolto del minore di Sarah la Marca – Procedure operative dell’intervento “in rete”. Memorie e Testimonianza dei bambini: aspetti psicoforensi. In:  http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[32] Secondo la dr.ssa Sarah la Marca in – Procedure operative dell’intervento “in rete”. Memorie e Testimonianza dei bambini: aspetti psicoforensi. “Il minore somma interiormente tutte le occasioni in cui ha effettuato delle dichiarazioni circa l’esperienza traumatica, ravvisando nelle richieste di ripetizione di esse un basso indice del credito ottenuto, SCREDITAMENTO.” E ancora “è opportuno non moltiplicare tali occasioni [di elaborazione del dramma]  ”. In: http://www.centrostudiperizie.com/Download/Strumenti%20per%20ascolto%20del%20minore.pdf
[33] Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 in: Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 3 - Settembre 2010, http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf, Traduzione di Giuliana Mazzoni pag.11
[34] Vedi: “L’ascolto del minore testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10  in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011 pag.8 “Anche se il numero di dettagli in un ricordo recente è spesso considerato come indice di accuratezza del ricordo, come regola generale nel recupero a lungo termine il ricordare un alto numero di dettagli specifici è inusuale. I dettagli specifici di un avvenimento sono persi in tempi molto brevi e all’aumentare dell’intervallo di ritenzione di un evento aumenta il numero di informazioni perse in memoria. Di solito in memoria rimane il “nucleo centrale” di un’esperienza fatta, sebbene anche questo possa essere dimenticato col tempo.”
[35] http://www.minori.it/sites/default/files/linee_guida_ascolto_del_minore.pdf pag. 63 “Le ricerche sulla capacità infantile di mentire devono essere messe in relazione anche con le principali tappe dello sviluppo della moralità. Secondo Piaget (1932) la prima forma di moralità infantile è eteronoma, ossia consiste solo nel seguire le regole stabilite da adulti autorevoli senza comprenderle. Tali regole sono assolute e inflessibili, e devono essere seguite per
evitare le punizioni. Il giudizio morale formulato su un’azione si basa sulla valutazione delle sue conseguenze, e non delle intenzioni di chi l’ha compiuta: per esempio, i bambini considerano più cattivo chi ha prodotto il danno più grosso, indipendentemente dalle circostanze dell’evento. Con l’avvento della moralità autonoma, il bambino diventa invece più flessibile nei suoi giudizi morali, valutando il punto di vista della persona, le sue intenzioni e le circostanze in cui l’azione si inserisce; rifiuta di obbedire ciecamente all’autorità, e la sua moralità inizia a fondarsi sulla responsabilità personale più che sul controllo esterno. Studi successivi a quelli piagetiani hanno d’altra parte dimostrato che nel corso dell’età scolare i bambini comprendono sempre meglio la natura convenzionale di molte regole sociali, il che le rende modificabili con il consenso degli interessati; questa comprensione rende meno rigide le valutazioni dei bambini.”
[36] Vedi in   “L’ascolto del minore testimonePsichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 in cui si dice “All’esperto non può essere demandato il compito – non delegabile perché di competenza del giudice  . di accertare la veridicità di quanto raccontato dal bambino.” E ancora si aggiunge: “Non possono essere egualmente formulati pareri per “validare” scientificamente contenuti della testimonianza (o parti di essa)- Non esistono infatti indicatori psicologici, testologici o comportamentali in tal senso.”
[37] Lo leggiamo nel preambolo della traduzione di Giuliana Mazzoni, professoressa insegnante di psicologia nell’Università di Hull, UK ha tradotto “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings, 1992” Il tutto è pubblicato in Italia sulla rivista Psichiatria, Psicologia e Diritton.ro 3, sett.2010 pag.10-45. Vedi: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf
[38] “ In caso di evento traumatico certo è possibile stabilire un nesso casuale con determinati sintomi psichici e comportamentali, ma non è consentito procedere in senso inverso. Identificando da sintomi l’esistenza di uno specifico evento traumatico. Non esistono sintomi clinici (e tantomeno dati psicodiagnostico) di per se deponenti di uno specifico trauma: non è quindi corretto desumere l’effettivo accadimento di un determinato evento traumatico dalla loro presenza” Da “L’ascolto del minore testimone”  Psichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 pubblicato in: http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/
[39] “ Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10  è bene anche tener sempre presente che “I test proiettivi (performance based) possono fornire utili indicazioni in merito a struttura di personalità del minore, assetto relazionale ed eventuali disturbi psicopatologici. L’utilizzazione del disegno dovrebbe rivolgersi unicamente a favorire la comunicazione con il bambino. L’esperto dovrà sempre esplicitare il quadro teorico di riferimento, quali parti della valutazione del test sono il frutto di codifiche riconosciute e standardizzate e quali invece il frutto di ipotesi interpretative” e ancora “Ogni accertamento dovrà tener conto dell’eventuale presenza di fattori in grado di alterare/modulare/rinforzare il ricordo o le possibilità di ricostruzione verbale dell’accaduto. Lo studio di questi fattori dovrà essere discusso nell’elaborato, descrivendone il possibile ruolo avuto. Fra questi si segnalano, per importanza:
a) la distanza temporale dell’evento: per tutti vale il principio che il ricordo si affievolisce con il passare del tempo. Due buone regole sono: procedere all’ascolto del minore nel tempo più breve possibile; evitare di sollecitarlo più volte sul tema.
b) la complessità dell’evento, in termini di impegno cognitivo richiesto e di numero di dettagli periferici o centrali da ricordare.
c) la qualità dell’evento: il ricordo di eventi traumatici può avere maggiore persistenza rispetto ad eventi indifferenti.
d) la complessità delle domande, che dovrebbero essere formulate tenendo presente il livello di sviluppo linguistico.
e ) il ripetersi dell’evento nell’esperienza del bambino.
[41] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[42] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[43] Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992 in: Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 3 - Settembre 2010, http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf, Traduzione di Giuliana Mazzoni “7.3.3. Durante l'intervista gli intervistatori dovrebbero consentire delle pause per rinfrescarsi, per andare in bagno o giusto per fermarsi un poco, se ciò è sentito come necessario. Il motivo della pausa deve essere sempre espresso nella registrazione. Quando la pausa è chiesta dal bambino per andare in bagno, bisognerebbe accompagnarlo per evitare che egli possa parlare con qualcuno. Se avviene uno scambio con qualche persona, bisogna darne atto puntualmente. In nessun caso, comunque, la pausa dovrebbe sembrare al bambino un premio per la collaborazione con l'intervistatore o, se negata, una punizione per la mancata collaborazione.”Cfr. Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale” pag.9
[46] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale”pag.11 Vedi: file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[47] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale” file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[48] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale.”pag.10 vedi: file:///C:/Users/maxrosselli/Downloads/Linee_guida_estere_maltrattamento_e_abuso%20(4).pdf
[49] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf  pag.32. Lo schema in questione delle domande e stato adattato da  M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a.
[50] Vedi: “L’ascolto del minore testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10  in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011capitolo 3.3 “La capacità di testimoniare comprende abilità “generiche” e “specifiche”. Le prime corrispondono alle “competenze” cognitive come memoria, attenzione, capacità di comprensione e di espressione linguistica, source monitoring, capacità di discriminare realtà e fantasia, verosimile da non verosimile, etc. oltre al livello di maturità psico-affettiva. Le specifiche” corrispondono alle abilità di organizzare e riferire un ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione ed all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, che possono avere agito.”
[51] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf   pag.33 Lo schema è stato adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a
[52] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf   pag.34 Lo schema è stato adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a
[53] http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf   pag.34 Adattato da M.E. Lamb, K.J. Sternberg, P.W. Esplin, I. Hershkowitz e Orbach, 1999 a)
[55] Vedi: “L’ascolto del minore testimone” Linee-guida nazionali - Roma 6.11.10  in Psichiatria, Psicologia e Diritto, N. 5 - Luglio 2011pag.9
[56]  http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf   pag.39 Pur tuttavia “Le domande aperte potrebbero non aiutare alcuni testimoni giovani ad accedere ai propri ricordi, essendo insufficientemente sviluppata una capacità evocativa sistematica; tuttavia, potrebbero rispondere con accuratezza a domande specifiche delle quali non conoscono la risposta-obiettivo. Un bambino piccolo potrebbe dare poche informazioni ad una domanda aperta quale “Che abito indossava?”, ma potrebbe rispondere meglio ad una  domanda specifica quale “Come sembravano i suoi pantaloni?”. Bisogna stare attenti a formulare queste domande in modo che quelle più chiuse non diventino tali da provocare risposte suggerite.”
[58] Roberta Asperges / Giuliana Mazzoni, University of Hull, “Maltrattamento e Abuso all’Infanzia Un confronto tra le linee guida per l’ascolto del minore in casi di presunto abuso sessuale” pag.2
“In alcuni casi i bambini possono fare racconti fuorvianti in ordine ad alcuni eventi. Una delle cause più comuni è che l'intervistatore abbia posto domande non appropriate, o che egli sia giunto prematuramente ad una conclusione che poi induce il bambino a confermare. Così come i testimoni adulti, anche i bambini in alcuni casi possono essere fuorviati nel testimoniare, o muovendo nuove accuse, o tacendo su elementi importanti. Quando delle incongruenze fanno sospettare che stia accadendo ciò, gli intervistatori le dovrebbero esplorare con il bambino, dopo che egli abbia concluso il racconto di base. Al bambino non dovrebbero mai essere contestate direttamente le incongruenze; piuttosto queste dovrebbero essere presentate come frutto di confusione dell'intervistatore e mostrando il desiderio di capire meglio quello che il bambino ha detto. L'intervistatore non dovrebbe mai manifestare al bambino i propri sospetti, o etichettarlo come testimone bugiardo: può esserci una spiegazione innocente per qualsiasi tipo di incongruenza” e ancora “Quando un racconto è ritenuto di utilità, gli investigatori non dovrebbero dare eccessiva importanza ai segnali provenienti dal comportamento del bambino come se fossero indicatori della affidabilità della testimonianza; nonostante le ricerche confermino che certi comportamenti non verbali sono più frequenti quando gli adulti o i bambini mentono, non c'è nessun comportamento che possa essere assunto come segno certo di mendacio. Particolari comportamenti potrebbero essere espressione di stress e pertanto si potrebbe equivocare sulle cause. Nel caso in cui il bambino usa il linguaggio verbale e mostra conoscenze in campo sessuale improprie per la sua età, possono essere poste domande specifiche rivolte ad individuare l'origine di quelle conoscenze. Allo stesso modo, se si sospetta che ad un bambino che asserisce di avere subito abuso sessuale siano stati fatti vedere film, video o riviste a contenuto sessuale, possono essere poste domande specifiche rivolte a capire se parti del suo racconto possano avere origine da quelle esperienze. E' importante che tali domande vengano poste alla fine dell'intervista, in modo da non interrompere il racconto del bambino.”
[60] Da “L’ascolto del minore testimone” Psichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 pubblicato in: http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/ “ I bambini non hanno un ricordo esplicito degli eventi occorsi nel periodo preverbale (prima dell’acquisizione delle competenze linguistiche, cioè prima dei 24 mesi).” “La comunicazione bambino-adulto – si legge in un altro interessante lavoro L’Ascolto del Minore http://www.minori.it/sites/default/files/linee_guida_ascolto_del_minore.pdf -  è solo tra i 18 e i 24 mesi che le parole iniziano a essere usate per riferirsi a situazioni o oggetti non presenti al momento. Inizia così un uso simbolico del linguaggio che viene accompagnato dal parallelo emergere di altre manifestazioni del pensiero simbolico, come per esempio la comprensione del carattere permanente degli oggetti, che continuano a esistere anche quando non li si vede. Le parole del bambino, tuttavia, non sempre hanno il medesimo significato del linguaggio adulto, possono avere una sovraestensione o una sottoestensione. La cautela nell’interpretare ciò che dice il bambino non deve essere abbandonata troppo presto…”
“Ci sono comunque evidenze – si continua in “L’ascolto del minore testimone pag.9”  - circa il fatto che qualche ricordo non verbale possa implicitamente influenzare il comportamento nel periodo in cui viene acquisito il linguaggio.  Bambini di 4-5 anni possono avere ricordi autobiografici specifici per eventi  occorsi prima dei 3 anni, sotto forma di immagini visive e conoscenze concettuali, seppur poco dettagliate ed organizzate, la maggior parte delle quali poi non saranno ricordate da adulti.
La possibilità di ricordare successivamente fatti avvenuti fra i 4 ed i 7 anni  - continua l’autore a pag. 9/10 - è via via maggiore, ma è solo a partire dai 8-10 anni che i ricordi cominciano ad acquisire strutturazione, contenuto e organizzazione simili a quelli dell’adulto…. Esiste una fascia d’età critica per il ricordo nella quale agisce la cosiddetta amnesia infantile. Questa si definisce come  l’incapacità di ricordare, da adulto, eventi autobiografici avvenuti prima di una soglia che la letteratura colloca tra i 2.5 e i 3 anni di età ”
[61] “Eventuali “vuoti” o “buchi” nel ricordo è facile che siano colmati con elementi “coerenti” con l’avvenimento oggetto del ricordo, anche se estranei alla percezione dei fatti. La necessità di mantenere coerenza interna nel racconto può divenire più forte nei bambini per influenza di pressioni esterne, il cui peso varia in ragione del contesto (aspettative dei genitori, coinvolgimento di parenti, sistema giudiziario e forze dell’ordine, stampa, etc).” “L’ascolto del minore testimone” Psichiatria, Psicologia e Diritto N. 5 - Luglio 2011- Linee-guida nazionali- Roma 6.11.10 http://www.istitutopsicologiaforense.com/linee-guida/
[62] Bisogna fare attenzione nell’intervista che la stessa paradossalmente non vada a rinforzare  nel minore proprio tutti quegli effetti che si devono andare a combattere e a scoprire.
[65] Per qunto riguarda questa tabella il Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings  in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf  pag.23 riporta i suggerimenti dei testi: Shakespeare T. e Watson N. (1998). Theoretical perspectives on research with disabled children. In Robinson e K. Stalker (eds), Growing up whit disability. London: Jessica Kingsley Publisher,pp 13-17,andWestcott,199
[66] Per qunto riguarda questa tabella il Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnessesfor Criminal Proceedings in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf  pag.24  riporta i suggerimenti del testo: McGee C. (1999, 1st December). The impact of domestic violence on children. Paper presented to the conference “Supporting women, protecting children: A conference on womwn and chidren experiencing violence from men the know”. Leeds: Thackeray Medical Museum
[67] “Nei bambini la formazione di ricordi inesatti o non corrispondenti a fatti realmente accaduti può essere il prodotto di confusione interna, acquisizione di ricordi e di esperienze di altri, acquisizione ed elaborazione dinotizie da parte dei mezzi di informazione, processi di induzione più o meno consapevo li da parte di terzi. L’induzione può riguardare sia il fatto in sé che i suoi protagonisti.”
Ci sono poi ancora altre tecniche che sono state studiate in Inghilterra e descritte anche loro nel già citato “Memorandum of Good Practice on Video Recorded Interviews with Child Witnesses for Criminal Proceedings, 1992” e pubblicate  nella traduzione italiana della psicologa Giuliana Mazzoni e pubblicate nella rivista Psicologia e Diritto N.3 Settembre 2010 e pubblicato in: http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf  pag.43/44. Ecco cosa, fra l’altro si legge:
“14.2.1. Esistono alcune tecniche di intervista specializzata che sono state sviluppate per intervistare i bambini e queste possono essere accettate dal Tribunale come un'alternativa al metodo raccomandato in queste linee-guida, purché siano tenute a mente le considerazioni probatorie e sia salvaguardato il benessere del bambino. A patto che un intervistatore eviti domande tendenziose e riesca ad ottenere un racconto spontaneo, non c'è ragione per la quale una testimonianza così ottenuta non debba essere accettata dal Tribunale.
14.2.2. Tra queste tecniche particolari di intervista ci sono quelle per bambini particolarmente reticenti, o per quelli che messi sotto pressione non danno informazioni rilevanti e che, pertanto, potrebbero non rispondere alle domande convenzionali. Nella “Intervista facilitativa” al bambino vengono poste domande su ciò che è bello e brutto, su persone buone e cattive, su cosa cambierebbe nella propria vita, e si potrebbe anche parlare liberamente dei suoi segreti.
Nell'Systematic Approach to Gathering Evidence o intervista SAGE, il bambino viene incoraggiato per un numero di sedute separate a parlare delle persone e dei luoghi significativi della propria vita, e del suo atteggiamento verso queste cose. Un riscontro sistematico delle risposte del bambino mette l'intervistatore esperto in condizione di identificare le aree di particolare interesse che possono poi essere esplorate più attentamente usando domande aperte (vedi
Wilson e Powel per maggiori dettagli).
14.2.3. L'intervista cognitiva è stata sviluppata per essere usata con testimoni adulti di un reato, ed è stato dimostrato che produce un numero di dettagli accurati maggiore rispetto alle normali procedure di interrogatorio. Consiste in un pacchetto di tecniche mnemoniche (per es. reintegrazione mentale del contesto, cambiare l'ordine di richiamo, ecc.) create per aiutare i testimoni a ricordare in modo più efficace attraverso degli atti multipli e dei richiami durante
una singola sezione di intervista. L'intervista cognitiva è stata adattata per essere usata con i bambini, ma non ne è consigliato l'uso né con bambini al di sotto dei sette anni, né nei casi nei quali c'è stato un forte trauma psichico (vedi Minle e Bull, 1999, per ulteriori dettagli).
14.2.4. L'intervista semi strutturata è una variante nella fase di approccio all'intervista raccomandata in queste linee guida, che è stata sviluppata per i casi nei quali è insufficiente il ricorso a domande aperte. Gli intervistatori usano una serie appresa di suggerimenti aperti, piuttosto che seguire un proprio schema di domande, da elaborare durante la fase iniziale del racconto libero.
14.2.5 Nel Criteria-Based Content Analysis, o CBCA, la testimonianza del bambino ottenuta a seguito di un'intervista convenzionale viene esaminata secondo la presenza di alcuni elementi che sono considerati indicatori della veridicità del racconto. La tecnica presuppone un racconto esteso disponibile a questo tipo di analisi, per cui è inappropriata per testimoni che hanno fornito racconti limitati, come nel caso di bambini molto piccoli, di bambini con difficoltà
di comunicazione o di bambini depressi. Non è stata ancora risolta una serie di problemi riguardanti la affidabilità e la validità di questa procedura, la cui funzione primaria è prettamente investigativa e non probatoria (vedi Vrij, 2000, per maggiori dettagli).
14.2.6. Tutte queste tecniche dovrebbero essere utilizzate solo da intervistatori che hanno esperienza nel loro uso e solo dopo una preventiva discussione e un accordo con il capo del gruppo investigativo e, se necessario, dopo aver consultato la Procura. […].” http://www.rc-comunicazione.it/images/gs/Giuliana-Mazzoni-Memor_Inglese.pdf pag.43/44
[69] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[72] Nella linguistica il fenomeni idiosincratici sono le creazioni linguistiche limitate a un ambito ristretto e costruite senza applicare le norme valide negli ambiti più ampi: in pratica, si intendono con questo termine soprattutto le invenzioni dei singoli parlanti, i quali formano parole e strutture sintattiche secondo la fantasia e la propria struttura cognitiva, spesso creando dei neologismi.
[73] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[74] idem
[75] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco
[76] Vedi Quaderno Giuridico e Sociale N.ro 6 di questa collana a cura di Massimo Rosselli del Turco

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