I "Libri Verdi” della nostra collana Giuridica e
Sociale
Dopo il mio primo Manuale,
scritto in collaborazione con lo psicoterapeuta dr. Stefano Boschi di Bologna, della mia collana Giuridica
e Sociale “I Libri Verdi”, dal titolo “L’Intervista con l’Assistente Sociale”, che
ha inteso dare alcuni consigli pratici e rendere gli utenti edotti di come si devono
correttamente comportare, quali sono i loro diritti e i loro doveri nella
circostanza di un primo confronto con l’Assistente Sociale, sono di prossima
pubblicazione altri quattro manuali.: “Didattica ed Educazione”, rivolto
principalmente alle famiglie e agli insegnanti, “Il Manuale di auto-aiuto per i genitori”, che parla
del giusto rapporto che si deve istaurare fra genitori e figli, “Il supporto alla
Genitorialità”, rivolto agli addetti ai lavori del settore psicologico e infine il manuale “Il lavoro
Istituzionale rivolto alla famiglia con minore a rischio” scritto per tutti gli
operatori che, in ambito istituzionale, si occupano della famiglia problematica
(Assistenti Sociali, Ctu, Ctp, Educatori, Giudici ecc.). Questo per evitare una
volta per tutte che i professionisti del
settore incorrano in errori che sono
purtroppo ancora molto, troppo comuni nel nostro paese, dove solo lentamente, con
fatica e tra mille ostacoli si va diffondendo la consapevolezza di come debba
essere una corretta modalità di intervento.
Il secondo, manuale che,
verrà stampato a breve e, come abbiamo avrà per titolo “Didattica ed Educazione”, è rivolto alla famiglia e alla scuola, considerati elementi di un insieme
inscindibile per un semplice quanto fondamentale motivo: si tratta dei due
pilastri su cui si regge l’educazione.
Se questa educazione è
il processo che plasma la società di domani i suoi indiscussi agenti sono i genitori
e gli insegnanti, i quali dovrebbero interagire in modo sinergico all’interno
di una reciproca collaborazione, a tutto vantaggio del processo educativo del
bambino. Soprattutto se consideriamo le
scuole elementari, l’insegnante trasmette non solo nozioni ma modella la mente
stessa dei suoi allievi, trasmettendo anche un modo di elaborare tali nozioni e
con esso anche una visione delle cose, delle realtà, dei rapporti tra le
persone, di se stessi come esseri umani.
Chi intende separare la
didattica dall’educazione rischia perciò non solo di fare della cattiva educazione
ma anche della cattiva didattica. Per altri versi occorre anche considerare che
il metodo didattico oggi diffuso nelle scuole non si rivela il più efficace
nello stimolare la motivazione allo studio e nel favorire l’apprendimento.
Questo accade perché la
didattica attuale non tiene in debito conto le acquisizioni della ricerca nei
settori della psicologia, delle neuroscienze, della cibernetica, della
comunicazione, delle dinamiche relazionali alla luce della teoria generale dei
sistemi e di quella che è stata definita ingegneria motivazionale.
Dal canto loro, spesso
i genitori si trovano a gestire i problemi che insorgono dallo scarso rendimento
scolastico dei figli, come se fosse loro compito stimolare un maggiore impegno
in tal senso.
In questi casi i
genitori ricevono una sorta di delega di responsabilità, finendo per vivere la
scuola come una fonte di problemi che vanno ad aggiungersi a quelli legati al
lavoro e alla quotidianità.
Ciò quando la scuola,
in particolare quella elementare a tempo pieno, viene vista come il provvidenziale
“parcheggio” del figlio ancora piccolo, il quale trova un luogo sicuro dove attendere
che i genitori terminino la loro giornata di lavoro.
Quando poi i figli
ritornano in famiglia, dopo una giornata in cui si sono sentiti costretti a
restare seduti per ore (spesso con insufficienti spazi dedicati alla
ricreazione, come a volte accade nella scuola media inferiore), portano con sé
una cospicua carica di frustrazione nonché di ansia, legata quest’ultima a
verifiche e interrogazioni.
Nel momento in cui
l’adolescente si confronta con i genitori questa situazione rischia di essere
vissuta come una sorta di preludio a quella lavorativa futura, che lo impegnerà
in un lavoro affatto stimolante e per niente creativo, che potrà risultare in
qualche modo e misura alienante.
È soprattutto in questa
fascia di età che lo studente può rivelarsi alquanto riluttante ad impegnarsi
nell’attività scolastica, contribuendo così ad aumentare le difficoltà e i
problemi dei genitori.
Il risultato
complessivo di tutto ciò può essere il progressivo scollamento tra famiglia e
scuola, che trova terreno fertile nello scarso investimento, sul piano delle
iniziative istituzionali, che la seconda attua sulla prima.
Bisogna anche
considerare che in età più precoce possono insorgere le diverse forme di DSA (Disturbi
Specifici dell’Apprendimento) a rivelare un sottostante disagio familiare così
come le carenze del metodo didattico, fattori che in questi casi si trovano a
convergere.
L’intento è proporre
agli insegnanti alcuni suggerimenti pratici atti per favorire una maggiore
efficacia del metodo didattico rendendo al contempo i genitori partecipi di
tali possibili innovazioni, nella speranza che aiutino a promuoverle
all’interno della scuola.
Centro focale di questo
secondo manuale è la consapevolezza che l’efficace insegnamento richiede un
ruolo partecipativo dell’alunno, invece di rientrare negli angusti canoni
comportamentali e di pensiero in cui la scuola attuale sembra per molti versi
costringerlo.
L’impronta autoritaria che
anacronisticamente sopravvive nella nostra scuola rischia di oscurare il suo inequivocabile
obbiettivo istituzionale, rappresentato dal binomio insegnamento-apprendimento.
L’obbiettivo dello
studente, piuttosto che risultare l’apprendimento e la conoscenza, diventa
spesso evitare i brutti voti, le note, i rimproveri degli insegnanti, i compiti per punizione, la
bocciatura e i rimproveri dei genitori. Tutto questo, rischia di soffocare la
sua naturale, genuina quanto insopprimibile tendenza alla conoscenza e alla
curiosità tipica del bambino e dell’adolescente.
I cosiddetti limiti della
scuola istituzionale al comportamento dello studente sopravanza la possibilità
che sono loro offerte in termini di atteggiamento attivo, creatività,
iniziativa e soprattutto piacere della scoperta. Spesso la scuola sembra
ridursi, se non identificarsi, con il non
muoversi troppo, il non parlare, il non distrarsi mentre l’insegnante
spiega, il non disturbare la lezione
e via dicendo.
La cosiddetta disciplina rischia di essere vissuta
dall’allievo come fine a se stessa, impostata dall’esterno, l’inopportuno
sostituto di una genuina motivazione, diversamente di quanto ad esempio accade
nel caso dello sportivo, per il quale la sua attività rappresenta il mezzo per raggiungere i risultati desiderati
e realizzare i propri sogni.
La comunicazione quindi
con lo studente mettendolo al centro della didattica.
Primo, essenziale
passaggio per insegnare è quello di aver
ben presente l’interazione con l’allievo che, oltre ad essere sentito va
assolutamente ascoltato. La differenza non è poca ma fondamentale: “Per la lingua
italiana ascoltare e sentire sono verbi di significato diverso. Il sentire non
richiede un atto di volontà: è un fenomeno di fisica acustica. L’ ascoltare
richiede qualcosa di diverso. Comporta accettare di entrare in relazione con l’altro,
recepire e comprendere ciò che vuole esprimere e comunicarci: con le parole,
con un’espressione del viso, del corpo, e perché no, col silenzio. Ascoltare significa
disponibilità ad accogliere l’altro e a modificare le nostre opinioni, lasciandoci
“fecondare” da nuovi contenuti e significati. L’ascolto, nel tema che stiamo
trattando, ha come soggetto attivo il minore ed è strumento per raccogliere il
suo pensiero, la sua opinione e i suoi desideri all’interno della sua vicenda scolastica.
Dice Campbell (1979)
“La comunicazione è la trasmissione di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da
una persona all’altra”
Noi quindi percepiamo i
messaggi che ci vengono trasmessi principalmente attraverso una comunicazione
non verbale (“come”) e solamente per un 10% con le parole.(“che cosa”).
L’insegnante quindi
deve capire che se si vuole relazionare con lo studente deve avere ben presente
che la comunicazione ha un valore di processo interattivo e non unidirezionale.
Il comportamento dello
studente e di tutti noi non ha un suo opposto, quindi non è possibile non comunicare
ma ogni volta che comunichiamo con una persona anche nel silenzio noi mandiamo
messaggi e sosteniamo un comportamento che ci relaziona con la persona che
abbiamo difronte. Quindi riceviamo sempre un’informazione sulla nostra
relazione reciproca. Ma la comunicazione non verbale ha bisogno per essere
completa di potersi riferire ad un contesto in cui si attua, allo spazio-tempo
in cui ci si scambiano le informazioni ed anche alle circostanze, ai momenti
storici e psicologici in cui avviene questo interscambio.
Quindi Insegnare alla bellezza dello studio, non alla noia e alla paura
della punizione, comunicare con lo studente nella maniera giusta e ascoltarlo non sentirlo.
Il bambino e l’adolescente
al centro della didattica.
Il manuale si conclude
con la citazione di alcune righe di un bellissimo libro, Il piccolo principe, che
ho letto tanti anni fa e che tutti dovremmo leggere, dove viene descritto “Il
Bambino che non riconosciamo”
“Un tempo lontano,
quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato
“Storie vissute della natura”, vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire
un animale.
C’era scritto: “I boa
ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla.
Dopo di che non
riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione
richiede”.
Meditai a lungo sulle
avventure della jungla. E a mia volta
riuscii a tracciare il mio primo disegno.
Il mio disegno numero
uno. Era così: (Disegno della pancia di un boa)
Mostrai il mio
capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero:
“ Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?” . Il
mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che
digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai
l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi. […..] Fu
così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa
carriera di pittore. […..] I grandi non capiscono mai niente da soli e i
bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta. […..] Ho conosciuto molte
persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi. Li ho
conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino.
Ma l’opinione che avevo
di loro non è molto migliorata. Quando ne incontravo uno che mi sembrava di
mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre
conservato.
Cercavo di capire così
se era veramente una persona comprensiva. Ma, chiunque fosse, uomo o
donna, mi rispondeva: “E’ un
cappello”. E allora non parlavo di boa,
di foreste primitive, di stelle.
Mi abbassavo al suo
livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era
tutto soddisfatto di avere incontrato un uomo tanto sensibile.”
Tutti i manuali saranno
distribuiti gratuitamente e il primo, come si sta programmando per il secondo, e si spera anche per gli altri
in programmazione, sono stampati grazie alla sponsorizzazione dei deputati di “Alternativa
Libera” Massimo Artini, Marco Baldassarre, Eleonora Bechis, Samuele Segoni e Tancredi
Turco.
Nei nostri incontri previsti
in tutte le regioni con le famiglie italiane, di cui il prossimo appuntamento, come
sapete, è programmato a Bologna il 30 di Settembre, i manuali stampati verranno distribuiti alle singole persone che ne faranno richiesta e alle associazioni che tutelano i diritti della famiglia e dei minori.
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