domenica 25 settembre 2016

I "Libri Verdi” della nostra collana Giuridica e Sociale

Dopo il mio primo Manuale, scritto in collaborazione con lo psicoterapeuta dr. Stefano Boschi di Bologna, della mia collana Giuridica e Sociale “I Libri Verdi”, dal titolo “L’Intervista con l’Assistente Sociale”, che ha inteso dare alcuni consigli pratici e rendere gli utenti edotti di come si devono correttamente comportare, quali sono i loro diritti e i loro doveri nella circostanza di un primo confronto con l’Assistente Sociale, sono di prossima pubblicazione altri quattro manuali.: “Didattica ed Educazione”, rivolto principalmente alle famiglie e agli insegnanti, “Il Manuale di auto-aiuto per i genitori”, che parla del giusto rapporto che si deve istaurare fra genitori e figli, “Il supporto alla Genitorialità”, rivolto agli addetti ai lavori del settore psicologico e infine il manuale “Il lavoro Istituzionale rivolto alla famiglia con minore a rischio” scritto per tutti gli operatori che, in ambito istituzionale, si occupano della famiglia problematica (Assistenti Sociali, Ctu, Ctp, Educatori, Giudici ecc.). Questo per evitare una volta per tutte  che i professionisti del settore incorrano in  errori che sono purtroppo ancora molto, troppo comuni nel nostro paese, dove solo lentamente, con fatica e tra mille ostacoli si va diffondendo la consapevolezza di come debba essere una corretta modalità di intervento.
Il secondo, manuale che, verrà stampato a breve e, come abbiamo avrà per titolo “Didattica ed Educazione”, è rivolto alla famiglia e alla scuola, considerati elementi di un insieme inscindibile per un semplice quanto fondamentale motivo: si tratta dei due pilastri su cui si regge l’educazione.
Se questa educazione è il processo che plasma la società di domani i suoi indiscussi agenti sono i genitori e gli insegnanti, i quali dovrebbero interagire in modo sinergico all’interno di una reciproca collaborazione, a tutto vantaggio del processo educativo del bambino. Soprattutto se consideriamo le scuole elementari, l’insegnante trasmette non solo nozioni ma modella la mente stessa dei suoi allievi, trasmettendo anche un modo di elaborare tali nozioni e con esso anche una visione delle cose, delle realtà, dei rapporti tra le persone, di se stessi come esseri umani.
Chi intende separare la didattica dall’educazione rischia perciò non solo di fare della cattiva educazione ma anche della cattiva didattica. Per altri versi occorre anche considerare che il metodo didattico oggi diffuso nelle scuole non si rivela il più efficace nello stimolare la motivazione allo studio e nel favorire l’apprendimento.
Questo accade perché la didattica attuale non tiene in debito conto le acquisizioni della ricerca nei settori della psicologia, delle neuroscienze, della cibernetica, della comunicazione, delle dinamiche relazionali alla luce della teoria generale dei sistemi e di quella che è stata definita ingegneria motivazionale.
Dal canto loro, spesso i genitori si trovano a gestire i problemi che insorgono dallo scarso rendimento scolastico dei figli, come se fosse loro compito stimolare un maggiore impegno in tal senso.
In questi casi i genitori ricevono una sorta di delega di responsabilità, finendo per vivere la scuola come una fonte di problemi che vanno ad aggiungersi a quelli legati al lavoro e alla quotidianità.
Ciò quando la scuola, in particolare quella elementare a tempo pieno, viene vista come il provvidenziale “parcheggio” del figlio ancora piccolo, il quale trova un luogo sicuro dove attendere che i genitori terminino la loro giornata di lavoro.
Quando poi i figli ritornano in famiglia, dopo una giornata in cui si sono sentiti costretti a restare seduti per ore (spesso con insufficienti spazi dedicati alla ricreazione, come a volte accade nella scuola media inferiore), portano con sé una cospicua carica di frustrazione nonché di ansia, legata quest’ultima a verifiche e interrogazioni.
Nel momento in cui l’adolescente si confronta con i genitori questa situazione rischia di essere vissuta come una sorta di preludio a quella lavorativa futura, che lo impegnerà in un lavoro affatto stimolante e per niente creativo, che potrà risultare in qualche modo e misura alienante.
È soprattutto in questa fascia di età che lo studente può rivelarsi alquanto riluttante ad impegnarsi nell’attività scolastica, contribuendo così ad aumentare le difficoltà e i problemi dei genitori.
Il risultato complessivo di tutto ciò può essere il progressivo scollamento tra famiglia e scuola, che trova terreno fertile nello scarso investimento, sul piano delle iniziative istituzionali, che la seconda attua sulla prima.
Bisogna anche considerare che in età più precoce possono insorgere le diverse forme di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) a rivelare un sottostante disagio familiare così come le carenze del metodo didattico, fattori che in questi casi si trovano a convergere.
L’intento è proporre agli insegnanti alcuni suggerimenti pratici atti per favorire una maggiore efficacia del metodo didattico rendendo al contempo i genitori partecipi di tali possibili innovazioni, nella speranza che aiutino a promuoverle all’interno della scuola.
Centro focale di questo secondo manuale è la consapevolezza che l’efficace insegnamento richiede un ruolo partecipativo dell’alunno, invece di rientrare negli angusti canoni comportamentali e di pensiero in cui la scuola attuale sembra per molti versi costringerlo.
L’impronta autoritaria che anacronisticamente sopravvive nella nostra scuola rischia di oscurare il suo inequivocabile obbiettivo istituzionale, rappresentato dal binomio insegnamento-apprendimento.
L’obbiettivo dello studente, piuttosto che risultare l’apprendimento e la conoscenza, diventa spesso evitare i brutti voti, le note, i rimproveri degli insegnanti, i compiti per punizione, la bocciatura e i rimproveri dei genitori. Tutto questo, rischia di soffocare la sua naturale, genuina quanto insopprimibile tendenza alla conoscenza e alla curiosità  tipica del bambino e dell’adolescente.
I cosiddetti limiti della scuola istituzionale al comportamento dello studente sopravanza la possibilità che sono loro offerte in termini di atteggiamento attivo, creatività, iniziativa e soprattutto piacere della scoperta. Spesso la scuola sembra ridursi, se non identificarsi, con il non muoversi troppo,  il non parlare, il non distrarsi mentre l’insegnante spiega, il non disturbare la lezione e via dicendo.
La cosiddetta disciplina rischia di essere vissuta dall’allievo come fine a se stessa, impostata dall’esterno, l’inopportuno sostituto di una genuina motivazione, diversamente di quanto ad esempio accade nel caso dello sportivo, per il quale la sua attività rappresenta  il mezzo per raggiungere i risultati desiderati e realizzare i propri sogni.
La comunicazione quindi con lo studente mettendolo al centro della didattica.
Primo, essenziale passaggio per insegnare  è quello di aver ben presente l’interazione con l’allievo che, oltre ad essere sentito va assolutamente ascoltato. La differenza non è poca ma fondamentale: “Per la lingua italiana ascoltare e sentire sono verbi di significato diverso. Il sentire non richiede un atto di volontà: è un fenomeno di fisica acustica. L’ ascoltare richiede qualcosa di diverso. Comporta accettare di entrare in relazione con l’altro, recepire e comprendere ciò che vuole esprimere e comunicarci: con le parole, con un’espressione del viso, del corpo, e perché no, col silenzio. Ascoltare significa disponibilità ad accogliere l’altro e a modificare le nostre opinioni, lasciandoci “fecondare” da nuovi contenuti e significati. L’ascolto, nel tema che stiamo trattando, ha come soggetto attivo il minore ed è strumento per raccogliere il suo pensiero, la sua opinione e i suoi desideri all’interno della sua vicenda scolastica.
Dice Campbell (1979) “La comunicazione è la trasmissione di idee, emozioni, atteggiamenti e atti da una persona all’altra”
Noi quindi percepiamo i messaggi che ci vengono trasmessi principalmente attraverso una comunicazione non verbale (“come”) e solamente per un 10% con le parole.(“che cosa”).
L’insegnante quindi deve capire che se si vuole relazionare con lo studente deve avere ben presente che la comunicazione ha un valore di processo interattivo e non unidirezionale.
Il comportamento dello studente e di tutti noi non ha un suo opposto, quindi non è possibile non comunicare ma ogni volta che comunichiamo con una persona anche nel silenzio noi mandiamo messaggi e sosteniamo un comportamento che ci relaziona con la persona che abbiamo difronte. Quindi riceviamo sempre un’informazione sulla nostra relazione reciproca. Ma la comunicazione non verbale ha bisogno per essere completa di potersi riferire ad un contesto in cui si attua, allo spazio-tempo in cui ci si scambiano le informazioni ed anche alle circostanze, ai momenti storici e psicologici in cui avviene questo interscambio.
Quindi Insegnare alla bellezza dello studio, non alla noia e alla paura della punizione, comunicare con lo studente nella maniera  giusta e ascoltarlo non sentirlo.
Il bambino e l’adolescente al centro della didattica.
Il manuale si conclude con la citazione di alcune righe di un bellissimo libro, Il piccolo principe, che ho letto tanti anni fa e che tutti dovremmo leggere, dove viene descritto “Il Bambino che non riconosciamo”
Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato “Storie vissute della natura”, vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale.
C’era scritto: “I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla.
Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede”.
Meditai a lungo sulle avventure della jungla.  E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno.
Il mio disegno numero uno. Era così: (Disegno della pancia di un boa)
Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: “ Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?” . Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi. […..] Fu così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore. […..] I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta. […..] Ho conosciuto molte persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi. Li ho conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino.
Ma l’opinione che avevo di loro non è molto migliorata. Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato.
Cercavo di capire così se era veramente una persona comprensiva. Ma, chiunque fosse, uomo o donna,  mi rispondeva: “E’ un cappello”.  E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle.
Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto di avere incontrato un uomo tanto sensibile.”

Tutti i manuali saranno distribuiti gratuitamente e il primo, come si sta programmando  per il secondo, e si spera anche per gli altri in programmazione, sono stampati grazie alla sponsorizzazione dei deputati di “Alternativa Libera” Massimo Artini, Marco Baldassarre, Eleonora Bechis, Samuele Segoni e Tancredi Turco.

Nei nostri incontri previsti in tutte le regioni con le famiglie italiane, di cui il prossimo appuntamento, come sapete, è programmato a Bologna il 30 di Settembre, i manuali stampati verranno distribuiti alle singole persone che ne faranno richiesta e alle associazioni che tutelano i diritti della famiglia e dei minori.

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